Con le consegne delle prime Model 3 per Tesla è iniziata la produzione di massa
Momento storico per Elon Musk, che sorprende con l’autonomia della versione top, ma non nasconde il timore dei grandi numeri che aspettano Tesla
Per tutti quelli che sono interessati a Tesla e a quello che Elon Musk fa e non fa, quella appena trascorsa è stata una notte interessante e che rimarrà nella storia della azienda di Palo Alto come il momento delle prime consegne della nuovissima Model 3. Ma non è stato il momento in cui si scopre tutto quello che si voleva sapere sulla vettura che dovrà trasformare in produttore di massa quello che finora è stato un produttore di nicchia.
In ogni caso dopo sedici mesi di paziente attesa i primi clienti, trenta dipendenti che costituiscono una microscopica quota dei 373.000 (nel frattempo cresciuti fino a mezzo milione) che avevano versato i $1.000 di deposito necessari, nella notte hanno preso possesso della loro bramata Model 3. Preso possesso e non ricevuto le chiavi perché le chiavi non ci sono: si aprirà e si chiuderà con lo smartphone.
In anteprima rispetto alle consegne delle prime Model 3 alcuni fortunati membri della stampa e VIP hanno avuto modo di assaggiarle e comunicare le loro prime impressioni di guida. Quello che è incuriosisce è che una maggioranza importante di colleghi si è sentita spinta ad iniziare dagli interni: straordinariamente minimalisti.
Tesla ha vinto la guerra contro manopole e bottoni, presentandoci degli interni spartani che però, malgrado in rete si trovino paragoni (irriverenti ma divertenti) con gli interni… Trabant, piuttosto ci rinviano ad altri paragoni del tutto pertinenti ad altri modelli della storia dell’auto.
Guardando le prime foto e video ci hanno piuttosto ricordato, soprattutto per il ruolo di baricentro che assume il touchscreen, le Mini di sir Alec Issigonis, con la strumentazione allora analogica a destra del guidatore, o a sinistra nella vecchia Inghilterra.
La Model 3 a molti addetti ai lavori è apparsa già all’altezza della sorella maggiore Model S per guidabilità e vivacità, con qualcosa in meno della precedente sotto il secondo aspetto certamente per la minor generosità nelle batterie. Ma avrebbe perfino qualcosa in meglio sotto il primo aspetto, in questo caso senza dubbio per il minor peso: circa quattro quintali meno.
La Model 3 provata da media e VIP è stata, delle due versioni schierate, quella più ricca, in tutti i sensi, anche la prima ad essere consegnata. Si tratta della versione cosiddetta long-range che parte da $44.000 (esclusi sussidi e sconti) ed avrà ben 310 miglia di autonomia misurata con parametri EPA, più vicini al vero di quelli europei NEDC. Sono quasi 500 chilometri e si tratta di un livello di tutto rispetto, che avvicina la Model 3 agli invidiabili record delle Model S.
Se Tesla non ha svelato taglia delle batterie e potenze dei motori (ma i fan italiani hanno già fatto i loro conti attribuendo 60k Wh alla standard ed 80 kWh all’altra). Ci dice invece che la versione long-range sarà in grado di effettuare la prova 0-60 miglia (0-96 km/h) in 5,1 secondi. Avrà una velocità massima possibile di 250 km/h. Inoltre i clienti potranno andare a ricaricare a pagamento presso la rete di Supercharger della società californiana e in mezz’ora mettere nella batteria l’energia sufficiente per 270 chilometri.
Con queste cifre sembra che la concorrenza debba preoccuparsi, no? Ma prima di correre alle conclusioni, è bene sottolineare che i $44.000 sono una base di partenza. E quindi ancora più distante dal prezzo della rivale numero uno della Model 3 in America: la Chevrolet Bolt da $37.000.
Inoltre sembra assai poco probabile che un fan Tesla acquisti un’auto priva di Autopilot 2.0 con opzione di aggiornamento a guida autonoma. E in questo caso (che, scommettiamo, sarà la norma) la long range avrà un prezzo che sarà nell’ambito dei $58.000. Fatti i conti in Italia, malgrado il super-Euro di queste ultime settimane, non si tratta di bruscolini. E la Model 3 per le masse, quella che tutti o quasi potrebbero permettersi?
Non è sparita dallo scenario della casa di Palo Alto: ma in questo caso chi effettivamente vorrà spendere i $35.000 promessi dovrà rassegnarsi a qualche sacrificio. L’autonomia, ad esempio, che scende a 350 chilometri. Diciamo la verità: sono comunque un valore discreto. Però il guidatore della Tesla standard dovrà rassegnarsi a percorrere un pugno di miglia meno dei clienti Bolt: 239 rispetto alle 220 per cui l’EPA ha certificato la versione standard della Model 3.
Che sarà standard anche in altre cose: cerchi da 18″ invece che da 19″, colore da scegliere tra nero o nero. Del tutto accettabile la velocità massima, invece: 210 km/h, che comunque interesserà solo a qualche cliente tedesco in grado di sfogarsi su un’autobahn…
Lo 0-60 miglia sarà possibile in 5,6 secondi, comunque una ripresa vivace. Qualcosa da perdere anche nella rapidità di ricarica ai Supercharger, ma senza esagerare: in mezz’ora 210 chilometri di autonomia invece dei 270 di cui può beneficiare la versione “ricca”.
Il fatto che, come ha rivelato Musk durante l’evento, ormai i clienti con prenotazione nel mondo siano mezzo milione sembra confermare che il culto di Tesla per ora non soffra cali di popolarità, anche se specie in Europa, che sarà servita molto tempo dopo gli Stati Uniti, il livello della pazienza di alcuni potrebbe vacillare, entro fine 2018. Ma nel complesso potrebbe trattarsi di casi minoritari: un’ottima cosa per la casa di Palo Alto che così potrà contare su una sorta di scudo contro alcuni venti contrari che potrebbero scuoterla.
Il primo è quello dei dubbi che circondavano il posizionamento della Model 3 standard, quella vettura da $35.000 che Musk ha fortemente voluto con caratteristiche di affordability. Ma, come abbiamo visto, alla resa dei conti sembra che il nuovo modello prodotto a Fremont si rivelerà destinato a creare uno spazio definibile come quello di una “Model S Junior”, piuttosto che una vera auto affordable per sfidare le Bolt o le Leaf della concorrenza.
L’esistenza della Model 3 standard sembra celare un equivoco: la partita si gioca sulla capacità delle long-range da $58.000 di sfidare Serie 3, A4 e Classe C…
Il che per Musk e soci può rivelarsi una fortuna perché, specie in un mercato americano che rivela cenni di stress, viene da chiedersi con sempre maggiore impellenza se quella da $35.000 è un’auto che l’americano medio si possa permettere davvero (per non parlare dell’italiano medio…). A conferma di questo dubbio ci sono sondaggi di società specializzate nei finanziamenti come Bankrate.com, che solleva proprio questo dubbio.
Prendendo in considerazione il tradizionale finanziamento di quattro anni, con anticipo del 20% e rate mensili corrispondenti al 10% del reddito lordo familiare, la società ha effettuato calcoli che rivelano come il nucleo familiare tipo di Washington possa spendere $37.223 per un’auto, con rate da $697 al mese, ma larghe fette di America no. Ad esempio un nucleo familiare della Florida (Tampa o Miami) si può permettere un’auto da $13.577 con rate da $256. Il che spiega perché si diffondano finanziamenti da 60, 84 o anche 96 mesi.
E allora l’obiettivo essenziale della nuova Model 3 sembra dover essere quello di riuscire rapidamente a proporsi come alternativa alle vetture con cui finora i grandi marchi premium hanno fatto i volumi: le serie 3, le A4, le Classe C. Una scommessa che è sempre più rischiosa per due ragioni una che ha a che fare coi mercati ed una con la produzione.
Anzitutto il gradimento del pubblico globale con SUV e crossover di fascia alta mette sempre più a rischio il successo scontato di berline, anche della massima qualità. L’ultima diga per le berline premium, la Cina, da un paio di anni ha cominciato a cedere ed ormai nessuna quattro porte può più vivere sonni tranquilli. Anche se si chiama Tesla.
Ma, per avere un minimo di chance di crearsi uno spazio di mercato a medio e lungo termine a Musk non basteranno il suo carisma e l’aurea del marchio: occorre una qualità che cominci dalla produzione. E qui il vulcanico imprenditore sudafricano non ha nascosto le insidie della sfida.
Pare incredibile, ma la casa che ha messo in difficoltà i marchi premium anche sul mercato di casa, dove nel recente passato per alcuni mesi le Tesla Model S sono state acquistate con lo stesso entusiasmo dai tedeschi un tempo riservato alle locali serie 7 o Classe S, ora è in difficoltà nel riprodurre quel successo su un veicolo da produrre su larga scala, cosa in cui in Germania, e in Giappone, sono invece maestri.
Così anche nel sito aziendale Tesla campeggia il grafico con questa curva, che riassume il percorso della produzione della Model 3: una al giorno a luglio, tre al giorno ad agosto, e via ad accelerare fino all’obiettivo da non mancare assolutamente di 5.000 alla settimana entro fine anno.
Passare in pochi mesi dalla produzione di meno di 100.000 auto di fascia alta a mezzo milione di vetture medie è una sfida inedita e… infernale
La domanda priva di cedimenti per la nuova vettura, solitamente un punto di forza, per Tesla può rivelarsi un paradossale esempio di “too much of a good thing” per la difficoltà di dare adeguato riscontro a chi la vuole (e già ordinata) e la vorrà (aspettandola probabilmente fino al 2019, specialmente se abita in Europa).
Non meraviglia quindi che Musk dal palco di Fremont al momento delle prime consegne della Model 3 abbia avvertito i presenti: “sinceramente stiamo entrando nell’inferno della produzione. Ed è dove staremo per almeno sei mesi e forse anche più a lungo“.
Un periodo caldo, caldissimo in cui Tesla dovrà dimostrare di essere in grado di replicare le migliori pratiche e qualità produttive di quelle Toyota e Volkswagen che in passato a Musk è piaciuto soprattutto irridere.
Una situazione potenzialmente molto imbarazzante per chi partendo col progetto della Gigafactory di batterie creata insieme a Panasonic in passato ha ripetuto come un mantra il proprio entusiasmo per la progettazione e realizzazione di una “machine that builds the machines“.
Ma Tesla non ha più alternative: ora deve dimostrare non tanto a clienti e fan quanto ad investitori finora molto generosi nel valutarne il potenziale di sape gestire quegli infernali 10.000 pezzi di cui una Model 3 è fatta con quella stessa agilità con cui la catena produttiva della meno arrogante Prius ci riesce.
Musk ha una lunga storia di somme promesse e sommi ritardi, sempre passati nel dimenticatoio grazie all’oggettiva portata delle novità che i suoi prodotti sono stati capaci di svelare. Ma i ritardi su un’auto da $100.000, che può essere la seconda, terza macchina o anche un “giocattolo” non sono la stessa cosa dei ritardi su un’auto da $35.000-$45.000: una prima auto.
Per questo motivo da tempo Tesla ha rastrellato staff qualificati nella produzione, come Peter Hochholdinger (che ha messo la firma sul nuovo, fantascientifico stabilimento Audi in Messico) e anche acquisito società fondamentali per la catena produttiva mettendole al 100% al lavoro per Fremont. Se questo basti a riuscire in un salto di quantità che nessuno aveva finora tentato senza perdere in qualità è una parte importante dello show messo in cartellone da Musk & C.
I primi riscontri sono stati entusiastici: Motor Trend, la sola testata ad aver avuto finora in mano la Model 3 per una vera prova ne ha scritto in modo entusiastico fino ad arrivare a battezzarla “l’auto più importante del secolo“. Ma intanto è squillato anche il primo campanello d’allarme, segnalato da Tim Higgins del Wall Street Journal: prima di effettuare il suo test drive da dieci minuti per passare da park a drive il cambio della sua Tesla ha dovuto essere resettato…