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La stella a tre punte finirà dentro l’app

La decisione Mercedes-Benz di fornire una flotta di veicoli autonomi ad Uber, crea un’alleanza tra leader ma pone molti quesiti

Leggere la frase di getto così come è scritta nel titolo farebbe subito pensare ad un esempio di matrimonio tra un paladino della nuova economia ed una icona dell’industria convenzionale quasi troppo bello per essere vero. In realtà le cose non sono così semplici, e l’inizio del rapporto tra Uber e Daimler di cui abbiamo appena preso atto pone più domande che risposte.

La nota fresca di rilascio dice in sintesi che Daimler ed Uber hanno firmato un accordo che prevede la fornitura di veicoli a guida autonoma Mercedes-Benz al network Uber per l’impiego nelle attività globali di ride-sharing della società americana.

La prima domanda che viene spontanea: l’accordo comporta la fine del programma comune tra Uber e Volvo? Sembrerebbe di no. Anzitutto per una questione di date: il programma in comune sulla guida autonoma con la casa svedese (che pure sviluppa il progetto DriveMe in totale indipendenza) è già in corso. Mentre con Daimler si parla di un non meglio specificato futuro: dal 2020 in avanti, con ogni probabilità.

Ci saranno commistioni tra programmi di ricerca e sviluppo di Uber e Daimler?  Il progetto con Volvo, così come quelli sviluppati per conto di Uber dall’Advanced Technology Group sulle strade di Pittsburgh e dell’Arizona, sembrano destinati a continuare per loro conto. Così è per l’attività di un’altra azienda controllata: Otto, che sviluppa tecnologie autonome sui mezzi commerciali. Questa, considerando l’importanza dei mezzi pesanti per Mercedes-Benz (gli U.S.A. sono il suo primo mercato), potrebbe essere candidata a collaborazioni specifiche riguardanti i camion del futuro, ma finora è una mera ipotesi.

Mentre le attività di ricerca continuano, ad Uber non deve essere sembrato vero di poter cogliere una opportunità di inserire nel suo network un costruttore di prestigio, con la malcelata speranza che non sia l’ultimo. L’amministratore delegato Travis Kalanick ha specificato che la sua azienda non ha alcuna intenzione di mettersi a produrre auto: molto meglio restare protagonista come intermediario, cercando magari di sfruttare la rivalità tra più costruttori interessati ad accedere al potenziale tecnologico e commerciale di Uber.

Decidere di collocare una propria flotta di auto a guida autonoma nella rete di Uber, non aiuta a chiarire cosa voglia fare Daimler dei molti investimenti fatti finora nei servizi. Cosa succederà di MyTaxi (app di ride-sharing popolare in Germania) dei servizi di car sharing Car2Go e Croove e della app Moovel? Sono tutti potenzialmente rivali di Uber, ma anche società il cui valore potrebbe crescere in una futura integrazione più ampia con l’azienda di San Francisco.

Di certo quando si mettono a punto, come stanno facendo molti gruppi dell’auto, piani per far crescere i ricavi derivanti dai servizi rispetto a quelli della manifattura, le società della tecnologia costruite attorno alla predizione della domanda ed alla mappatura di traffico, città e consumi di servizi diventano partner essenziali. A maggior ragione per chi è convinto, come pare sia Daimler, che il ride-sharing sia un settore destinato ad essere motore di crescita.

Resta in sospeso la domanda sui rapporti di forza: tutti i costruttori tedeschi avevano avuto pour parler con Apple, facendo marcia indietro davanti al rischio di diventare delle “Foxconn a quattro ruote” per la casa di Cupertino. Che Daimler abbia deciso per una partnership con Uber significa che non ha questo timore e che si aspetta di essere il partner forte?


Credito foto di apertura: Daimler global media website