I fan di Tesla sono tutti casa, sole e chiesa
Gli azionisti independenti sembrano approvare molto di più che la fusione tra la casa dei Elon Musk e SolarCity
È davvero un buon momento per chi è straordinariamente bravo a vendere la sua immagine fino al punto da farla diventare un culto. Quanto più si è controversi e polarizzanti, quanto più rapidamente il successo arriva. È quel che viene da pensare dopo che ieri (stanotte in Italia) gli azionisti indipendenti di SolarCity e di Tesla hanno deciso a schiacciante maggioranza, oltre l’85%, di approvare una fusione tutta basata sullo scambio di azioni tra le due società.
Approvando un’operazione del valore di circa $2,1 miliardi gli azionisti hanno di fatto confermato di credere alla visione dell’imprenditore più controverso e polarizzante, ma certo geniale, di questo inizio secolo: Elon Musk. Il suo programma è creare una azienda in grado di dare del tu all’energia per generazione, stoccaggio e trasporto. Ma è più di questo: una piccola, fedele congregazione di convinti sostenitori che puntano ad affrancarsi dalle tecnologie fossili e che con un proprio percorso a 360° puntano ad accelerare la transizione all’energia sostenibile.
Non va sottovalutato come il sostegno convinto al futuro tutto verde che Musk & C. inseguono non sia stato affatto scalfito dall’elezione di Donald Trump. Malgrado, come noto, il candidato repubblicano abbia reso pubblico il suo pieno supporto all’industria dell’energia convenzionale e lo smantellamento dei limiti posti alle emissioni e degli aiuti federali alle energie rinnovabili.
Musk ha già replicato che molti settori come l’agricoltura e la produzione petrolifera ricevono oggi molti più sussidi di Tesla o SolarCity. La nuova, unica società non avrebbe quindi da temere più di tanto dalle mosse del presidente eletto. Inoltre, viene fatto notare, il peso degli incentivi diventa sempre meno decisivi man mano le dimensioni aziendali crescono. Tesla quest’anno resterà al di sotto delle 100.000 auto prodotte, ma sta inseguendo una espansione della produzione che dovrà portarla entro due anni a costruire mezzo milione di auto.
Musk commentando l’arrivo di nuove auto verdi come la Chevrolet Bolt (da noi Opel Ampera-e) ha detto che costruire solo 30.000 pezzi di un modello lo rende irrilevante. Infatti per fare grandi numeri con la Model 3, che rivaleggerà direttamente con la relativamente poco costosa Bolt, ha una nuova fabbrica di batterie da $5 miliardi in costruzione in Nevada.
Lo stesso sta avvenendo quando il settore in questione è l’energia: c’è in programma una nuova fabbrica di pannelli solari da $1 miliardo a Buffalo, a nord di New York. Al percorso indicato da Musk verso la “Terra Promessa” dell’energia non sono mancate finora le deviazioni, e anche le marce indietro. La stessa fusione con SolarCity ha suscitato aspre controversie.
Le polemiche hanno evidenziato soprattutto alcuni aspetti da “saga familiare” che accumunano Tesla e SolarCity. Quest’ultima è stata fondata da due cugini di Musk, che ne è da sempre anche azionista. Tra i contrari all’operazione, alcuni analisti hanno indicato come la fusione fosse in realtà un salvataggio cammuffato dell’azienda che vende ed installa pannelli solari.
Ma ora la nuova Tesla (con 27.000 dipendenti) più che delle grane familiari dovrà forse preoccuparsi del nuovo contesto finanziario: coi tassi in salita diventa molto meno facile presentare bilanci in rosso e chiedere continuamente soldi ai mercati. E sarà forse questo, il costo del denaro, il problema numero uno della prossima presidenza: non in modo particolare per Tesla, ma per tutte le startup e società della Silicon Valley, abituate a tassi bassissimi di fatto assai poco penalizzanti per politiche societarie rischiose o rischiosissime.
Intanto però, da eccellente venditore, Musk pochi minuti dopo la notizia favorevole non ha resistito a battere il ferro fintanto che è caldo. Ed ha annunciato che i nuovi tetti con celle solari incorporate nelle tegole (che Tesla ha presentato da poche settimane) saranno più economici di coppi ed embrici convenzionali. Sembra di capire quindi che, per chi sceglie tra tetti di alta qualità, l’elettricità prodotta dalle tegole solari di Tesla sarebbe di fatto un bonus per i clienti.
Intanto i clienti ed i sostenitori, che spesso sono la stessa cosa, possono fregarsi le mani per un altro coup de théâtre, cosa cui Musk ci ha resi tutti avvezzi. La Tesla Model P100D, già ora l’auto di produzione con la migliore accelerazione al mondo (da 0 a 60 miglia orarie in 2,5 secondi) a pari merito, da dicembre sarà sola detentrice. Il prossimo aggiornamento del software toglierà un decimo di secondo al suo tempo, precedendo quindi le supercar LaFerrari, Porsche 918 e Bugatti Veyron.
Come ricorda la tabella che riportiamo qui sopra, pubblicata ieri dall’agenzia Bloomberg, la Tesla P100D riesce ad essere più veloce delle supercar ad una frazione del loro costo, qui espresso in dollari. Tocca alle avversarie, adesso, se sono in grado, replicare alla mossa.
Elon Musk e le sue “parabole” non convincono tutti quanti. Creano in un numero rilevante di osservatori una reazione di rigetto. Ma l’instancabile imprenditore di origine sudafricana ha la capacità di averne in serbo sempre di nuove, e dopo un periodo in cui la sua vena era sembrata appannarsi, le ultime stanno avendo successo.