AUTOBUSINESS

Il visto invisibile sul passaporto di Elon Musk

Perde montagne di soldi ed è sempre in ritardo sulle tabelle di marcia, ma nessuno punta forte sul futuro come Tesla

Quando durante la notte italiana il numero uno di Tesla Elon Musk ha iniziato a spiegare ad analisti ed investitori i risultati, come al solito le opinioni si sono divise tra tori ed orsi. Louis Hansen ha scritto sul quotidiano della Silicon Valley, il Mercury News, che i risultati sono stati una delusione. E non basta a far dimenticare i soldi bruciati che negli ultimi tre mesi Musk abbia rilanciato la strategia complessiva del gruppo con la fusione in corso tra Tesla e la società dell’energia SolarCity e che ci siano stati i problemi oggettivi di moltiplicare la produzione di modelli auto e di componenti (la prima Gigafactory).

Effettivamente i numeri di Tesla non hanno niente per compiacere analisti finanziari se guardati in modo convenzionale. La casa californiana nel secondo trimestre ha perso moltissimi soldi: $2,09 per azione (o $1,06 se si considera di escludere spese straordinarie). In pratica ha perso il doppio di quanto gli analisti si aspettavano. La perdita di $293 milioni subita nel secondo trimestre rispetto ad un anno fa significa un aumento quasi del 59%, malgrado i ricavi 2016 di $1,3 miliardi siano cresciuti del 33%.

Insomma, Hansen e tutti gli orsi avrebbero certo ragione se Tesla fosse giudicata con la metrica delle altre aziende quotate o no. Perché quando si tratta di Elon Musk, con entusiasmo o con rassegnazione si guarda non tanto ai dividendi o agli utili (entrambi una sciagura) ma al corso dell’azione. Azione che malgrado le burrasche tiene. Un’azienda così resiliente insomma deve avere qualcosa di speciale e molti analisti di Silicon Valley e Wall Street finiscono per concedere a Tesla un “visto” che a pochi o nessuno concederebbero. Fintanto che decideranno di concederglielo.

Il risultato, come ha scritto Liam Denning qui su Gadfly è che “l’azione Tesla è palesemente indifferente al fatto che le perdite dell’azienda siano superiori oppure inferiori alle aspettative degli analisti”. Charlie Anderson, analista della società Dougherty & Co. ha detto a Bloomberg qui che la cosa importante è che Musk abbia confermato i 500.000 veicoli prodotti per il 2018. In questo dovrebbe aiutare il superamento di alcuni ostacoli alla produzione che si sono tradotti in deludenti numeri di auto consegnate, specie lo scorso giugno.

Ma ora oltre 2.000 auto a settimana non dovrebbero essere un miraggio ed in prospettiva avere un giorno in produzione anche un SUV (il Model Y) sulla base della prossima Model 3, un minibus basato sulla piattaforma del crossover Model X, insieme al rinnovamento della Model S (inclusa una versione di minor prezzo) dovrebbe aiutare. E se analisti ed esperti guardano con attenzione alla crescita febbrile delle spese, non trascurano di notare che sono stati sì spesi più soldi, e quindi il rapporto P/E è peggiorato, ma sono e saranno spesi in ricerca e sviluppo. A leggere tra le righe dei numeri appena usciti, le spese in conto capitale destinate all’innovazione aumenteranno di tre volte nel secondo semestre 2016 rispetto al primo.

Magari una scelta facile per un amministratore delegato dalle mani apparentemente bucate. Ma comunque un fattore di cui i concorrenti verso il primato nell’auto elettrica ed autonoma non possono non tenere conto: e invece, rammenta proprio oggi David Fickling in un post su Gadfly, la spesa in ricerca e sviluppo dei giganti tedeschi, americani e giapponesi dell’auto è scesa per la prima volta dal 2009.


 Credito foto di apertura: Tesla Motors media website