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La Gigafactory punta a rompere gli schemi di due mercati

Il crollo dei prezzi delle batterie è indispensabile per vincere nell’auto e nelle reti energetiche

Dopo una settimana in cui è stata visitata da una folla di giornalisti e cameramen oggi in Nevada apre ufficialmente la Gigafactory One, l’impianto Tesla in cui si produrranno batterie per auto e impianti di stoccaggio di energia. Per ora nel deserto si producono solo Powerwall e Powerpack, in uno stabilimento che è il 14% del totale. Nel 2020, quando sarà finito si potrà dire, come probabilmente farebbe il popolare youtuber Scottecs, che sarà grrrrosso: avrà le misure del Central Park di New York, all’incirca.

E’ un gioco da $5 miliardi che Tesla gioca insieme a Panasonic, diventato molto più che un semplice fornitore. Quando la casa giapponese è stata presa a bordo del progetto all’inizio è stata spaventata e poi attirata dall’idea di produrre qui tante batterie quante ne producono insieme Giappone, Cina, Corea.  L’azienda, ha riferito l’agenzia Associated Press, più esattamente punta a produrre 35 giga watt-ora di capacità di batterie per il 2018. Si tratta dell’intera prroduzione globale di batterie agli ioni di litio del 2014.

Le misure da film di fantascienza sono determinanti per arrivare ad uno dei due obiettivi fondamentali della scommessa sul successo del progetto: rompere i vecchi schemi nel mercato delle batterie. La chiave è il loro costo. Come il motore a scoppio nell’auto tradizionale, la batteria è il cuore di un EV, e un terzo del suo prezzo (ovviamente ha una fetta maggiore del prezzo nel caso la batteria finisca in un impianto di stoccaggio di energia domestico o aziendale).

Nella lunga intervista che ha concesso alla stampa, Elon Musk ha scelto questa metrica per spiegare il suo obiettivo: arrivare a $100 per kWh nel 2020, dai $1.200 che erano lo standard del 2010. Oggi siamo a circa $300. I prezzi delle batterie sono un fattore decisivo nel determinare se il mercato dell’auto diventerà per un terzo a zero emissioni a partire dal 2030. Ovviamente gli addetti ai lavori non condividono necessariamente le stesse previsioni. Pochi giorni fa Mercedes-Benz ha spiegato, presentando il primo autocarro elettrico di medie dimensioni che prevede un costo di 200 kWh nel 2025, che renderebbe decisamente competitivi i mezzi commerciali elettrici.

Previsioni del crollo dei costi delle batterie ioni di litio (Credito: Bloomberg)
La previsione (conservativa ed aggressiva) del crollo dei costi delle batterie agli ioni di litio (Credito: Bloomberg)

Si potrebbe obiettare che previsioni di $100 e $200 sono grandezze piuttosto distanti. Gli analisti di Bloomberg New Energy Finance, ad esempio, per il 2025 prospettano un quadro ottimistico vicino ai $180 e uno pessimistico tra i $220 e i $240. Va chiarito che costi di batterie in questa fascia di oscillazione renderebbero comunque interessante la propulsione elettrica per prodotti a alto costo come i mezzi commerciali, specie quelli di grandi dimensioni. In altri termini sarà più facile per le Daimler-Benz o Scania proporre camion elettrici e guadagnarci anche se i prezzi delle batterie non dovessero precipitare. Per Elon Musk invece, che dopo aver avuto successo con le berline premium vuole rendere un successo di massa anche gli EV con prezzi attorno ai $35.000/$40.000, le cose sono più complicate e questo spiega perché debba puntare a un crollo verticale del singolo fattore di costo più influente: la batteria.

Come intende arrivarci: anzitutto muovendosi su una scala fuori dall’ordinario, che consente risparmi di logistica ed approvvigionamento (il litio è in un periodo di grande domanda, tra l’altro). La concentrazione in un solo sito è ugualmente un asso nella manica: i materiali entreranno dal lato sud mentre il prodotto finito uscirà dal lato nord via treno diretto alla fabbrica di auto di Fremont, California. Ma la Gigafactory 1, nonostante possa arrivare ad avere 10.000 addetti un giorno, è anche un concentrato di automazione ed innovazione, specie di processi.

Non è stata costruita da un contractor esterno: Tesla e il partner Panasonic ci hanno messo all’opera tutti i più creativi tecnici per migliorare e velocizzare i processi di produzione. Tutto questo per produrre in modo conveniente ed a ritmi mai visti prima batterie per auto e Powerwall. Oggi le batterie che equipaggiano entrambi sono pacchi di piccole pile (tipo le AA) chiamate 18650: ne occorrono fino a 7.000 per spingere un’auto. La Gigafactory ne produrrà di nuovo tipo e misura, denominate 2170. La differenza è che le prime sono standard per tutti gli utilizzatori, dalle auto ai computer, mentre le nuove 2170 avranno solo un cliente, Tesla stessa.

Grazie alla Gigafactory Tesla prenderà di petto un altro mercato in crescita: quello dello stoccaggio

Se la prima Gigafactory (prima perché altre potrebbero seguire in Cina, in Europa e forse in India) avrà successo raggiungendo l’obiettivo di prezzo che Elon Musk si è posto, il risultato sarebbe quello che ha indicato qui l’esperto di energia di Bloomberg Tom Randall: “Se ha ragione, l’economia dell’auto elettrica sarà rovesciata, e lo stesso succederà per lo stoccaggio dell’energia solare“. Il commento riflette una convinzione che è stata confermata in conferenza stampa dal fondatore di Tesla: che l’affare dello stoccaggio di energia ha il potenziale per diventare a lungo termine altrettanto grande del business dell’automobile.

In più occasioni Musk aveva lasciato immaginare che quello proposto da Tesla fosse un mondo all’avanguardia ma a volte autoreferenziale. Un’autosufficienza pannelli solari-stoccaggio-automobile basato su una nuova generazione di batterie per la quale la Gigafactory è essenziale ma che pareva più una visione che una realtà commerciale. Invece questa settimana è stata pronunciata quella che di questo tempi è una parola magica e un miraggio: crescita. L’affare dello stoccaggio ha il potenziale per un tasso di crescita formidabile, e l’idea non è stare in disparte, al contrario è entrare in concorrenza con le reti di energia convenzionali.

Per entrare nelle reti vendendo l’energia in eccesso, i costi sono la discriminante tra successo e flop. Come sottolineava poche settimane fa Richard Martin sulla Technology Review dell’MIT, attualmente i costi reali di un Powerwall sono più vicini ai $10.000 che ai prezzi ottimistici sbandierati da Tesla. Aggiungendo i costi dei pannelli solari, per un cliente americano sull’arco di vita dell’impianto si rischia di galleggiare su prezzi tra i $0,25-$0,30 per kW/h che non sono competitivi contro la media (rilevata dall’agenzia EIA) di $0,125 per l’elettricità venduta dalle utilities convenzionali. Come nel caso dell’automobile, per entrare con speranze di profitto nelle reti, la competitività delle batterie sfornate nel deserto del Nevada sarà determinante sul mercato delle reti di energia come per le auto.


Credito foto di apertura: Tesla website