BATTERIE

Primi passi sul grafene per le batterie agli ioni di sodio

Dal politecnico svedese Chalmers arrivano risultati incoraggianti sullo studio dell’intercalazione degli ioni di sodio abbinati a fogli di grafene: una proposta alternativa ai più diffusi anodi hard carbon

Nel corso delle scorse settimane l’ingresso nel settore del colosso cinese CATL ha in pratica messo sulla mappa le batterie agli ioni di sodio, che in precedenza erano state un ramo che attirava numerosi e a volte innovativi paper e pochissimi pionieri della manifattura, come Faradion o Tiamat.

L’interesse di CATL peraltro non ha fatto molto per dissipare un timore riguardo alle celle agli ioni di sodio: quello relativo alla loro bassa densità di energia, nel migliore dei casi finora vicina a quella delle sobrie celle agli ioni di litio con chimica del catodo a base ferrosa.

Ma in questi giorni ricercatori della Chalmers University of Technology hanno presentato i loro risultati in uno studio pubblicato su Science Advances che contribuisce a chiarire un punto importante: la densità di energia delle batterie agli ioni di sodio ha ancora delle sorprese da riservare e non si può affatto dire che sia al proprio limite.

Presso l’ateneo svedese, è stato infatti utilizzato un tipo di grafene in grado di consentire di immagazzinare molti più ioni di sodio nell’elettrodo, con risultati preliminari che dimostrano che la capacità regge il confronto con celle agli ioni di litio considerate competitive.

Non si tratta ancora della realizzazione di una cella pronta o quasi per il mercato, piuttosto di una dimostrazione convincente di fenomeni e processi che aprono molte prospettive; il paper del resto si chiama significativamente “Real-time imaging of Na+ reversible intercalation in “Janus” graphene stacks for battery applications”.

Lo studio era stato avviato da Vincenzo Palermo, a suo tempo vicedirettore del programma europeo chiamato Graphene Flagship, e oggi Professore Associato a Chalmers nonché Direttore a Bologna dell’ISOF (Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività) presso il CNR.

Il nuovo grafene è stato chiamato Janus, ovvero Giano, perché come il protagonista della mitologia classica ha funzionalità chimiche asimmetriche sulle due facce, e se il dio dell’antichità era associato a porte e cancelli, il materiale oggetto di ricerca apre le porte a batterie agli ioni di sodio ad alta capacità.

Nella nota ufficiale il Professor Palermo dichiara: “Il nostro materiale Janus è ancora lontano da applicazioni industriali, ma i nuovi risultati mostrano possiamo che possiamo progettare fogli di grafene ultra-sottili e ridottissimi spazi tra di essi per lo stoccaggio di energia ad alta capacità. Siamo molto felici di presentare un concetto con metalli efficienti dal punto di vista dei costi, abbondanti e sostenibili”.

Lo studio condotto dai ricercatori era precedente all’impennata dei prezzi delle materie prime che fanno da mesi parlare di superciclo delle commodity, ma che il litio sia tra le materie prime oggetto di scostamenti e di interesse anche malevolo dei trader renderà probabilmente ancora maggiore l’interesse per l’innovazione di alternative in questo settore.

Come noto al contrario delle celle agli ioni di litio che utilizzano grafite nell’anodo, talora in mix con piccole percentuali di silicio, le batterie agli ioni di sodio non fanno impiego di questo materiale ma ricorrono in genere ad hard carbon a causa delle caratteristiche degli ioni di sodio: che sono molto più grandi di quelli di litio e hanno differenti interazioni nel corso dei fenomeni di intercalazione che hanno finora scoraggiato l’abbinamento con la grafite.

Il ricercatore Jinhua Sun, leading author del paper, spiega che presso i laboratori in Svezia “abbiamo aggiunto un distanziale molecolare su un lato dello strato di grafene. Quando gli strati sono impilati insieme, la molecola crea uno spazio più ampio tra i fogli di grafene e fornisce un punto di interazione, che porta auna capacità significativamente più ampia”.

Il materiale usato nello studio ha una nanostruttura artificiale unica: la faccia superiore di ciascun foglio ha una molecola che agisce sia da distanziale ed è sito di interazione per gli ioni di sodio, indicati in verde nell’immagine di apertura. Ciascuna molecola tra due fogli di grafene impilati è connessa da un legame covalente al foglio di grafene inferiore ed interagisce mediante interazioni elettrostatiche col foglio superiore.

Di norma la capacità di intercalazione del sodio nella grafite convenzionale è di circa 35 mA h g-1, ricordano gli scienziati del politecnico svedese, ovvero un decimo della capacità della grafite utilizzata per gli elettrodi negativi delle celle agli ioni di litio. Per le loro batterie agli ioni di sodio i cinesi di CATL hanno a loro volta indicato un anodo in hard carbon con capacità di 350 mA h g−1.

Secondo i risultati della ricerca svedese, con l’utilizzo di grafene la capacità specifica della batteria agli ioni di sodio può salire a 332 mA h g-1, e i risultati hanno anche indicato piena reversibilità dei processi e alta stabilità dopo ripetuti cicli. In altri termini, considerato che questo lavoro sul grafene è davvero nella sua infanzia, si può ritenere che ci sia spazio per progressi futuri della capacità delle celle agli ioni di sodio.

“È stato davvero emozionante quando abbiamo osservato una intercalazione degli ioni di sodio con una tale alta capacità. La ricerca è ancora a uno stadio iniziale, ma i risultati sono davvero molto promettenti. Questo dimostra che è possibile progettare strati di grafene in una struttura ordinata che si addica agli ioni di sodio, rendendola paragonabile alla grafite”, ha detto il Professor Aleksandar Matic, del Dipartimento di Fisica di Chalmers.

Credito immagine di apertura: Yen Strandqvist/Chalmers University of Technology