BATTERIE

I progressi del progetto Battery 500 sono di casa a San Diego

L’università californiana fa progressi rapidi verso batterie con anodi in litio metallico, da quando ha puntato il “microscopio” sui problemi di efficienza coulombica

Battery 500 è un consorzio voluto dal Dipartimento dell’Energia americano, creato nel 2017 e diretto dal Pacific Northwest National Laboratory. Ad esso aderiscono alcuni atenei prestigiosi, come l’università di Stanford, quella del Texas e (attraverso la Jacobs School of Engineering) l’università di California, San Diego.

L’obiettivo del consorzio, come lascia intuire il nome, è quello di sviluppare una batteria avanzata agli ioni di litio che disponga di capaci e sicuri anodi in litio metallico, in grado di rendere realistica una futura (ma non troppo lontana) densità gravimetrica di 500 Wh/kg e 1.200 Wh/l di densità volumetrica, per celle di piccole dimensioni, leggere, economiche.

All’inizio del progetto, ricorda l’ultimo recente aggiornamento sullo stato delle ricerche, le celle sperimentali in formato pouch avevano un’energia specifica di 300 Wh/kg ma una vita limitata a una decina di cicli. Da allora i team partecipanti si sono spinti a 350 Wh/kg ma salendo a 350 cicli, misurati con rate di ricarica C/10.

Sviluppando migliori elettroliti la ricerca punta a stabilizzare le celle e a migliorare le capacità di ricarica accettando valori più elevati. La ricarica indicata dal grafico che accompagnava la nota stampa si limitava in effetti, per una cella con capacità di 2,0Ah, a prestazioni che corrisponderebbero a circa otto ore per una ricarica all’80%, evidentemente non adeguata a lavorare su un veicolo elettrico, ad esempio.

Nel loro percorso verso celle di nuova generazione con anodi in litio metallo, i ricercatori stanno usando catodi NMC, che potrebbero venire sostituiti nel prossimo futuro da altri che useranno lo zolfo (credito immagine: dito web Department of Energy)

Ma la riservatezza nel rivelare i dettagli dei risultati dimostrata dal Dipartimento dell’Energia, non implica che gli scienziati impegnati nel programma Battery 500 non stiano facendo progressi alquanto più rapidi di quello che si può desumere da una sola infografica.

In aiuto ci è venuto un webinar della professoressa Shirley Meng, che insegna all’università di California, San Diego. E l’argomento di questa settimana si soffermava sul tema: “Li Metal Anode – Advanced Characterization for Next Generation Energy Storage Materials“.

La docente di nanotecnologie, insieme al collega Ping Liu, presso l’ateneo californiano dirige il Battery Fabrication Laboratory, uno dei centri di eccellenza del programma Battery 500.

Elettrodi ed elettroliti sono sottoposti a perfezionamento grazie ai passi avanti compiuti nella conoscenza dei processi di nucleazione, stripping e plating. Nei più recenti elettroliti sviluppati, l’efficienza del processo di deposizione del litio arriva oltre il 99%.

L’idea è quella di usare tecniche con cui osservare il litio mutare e crescere “un elettrone alla volta”, per capire meglio i meccanismi del SEI (solid electrolyte interface) che portano alla formazione di dendriti.

Due tecnologie in particolare sono state preziose per i ricercatori di San Diego: una è la Cryo-TEM, o crio-microscopia a trasmissione di elettroni. Lavorando su dimensioni straordinariamente piccole a -170 gradi, questa tecnologia è stata usata per rivelare l’evolversi delle nanostrutture dei depositi di litio in vari stati transienti del processo di nucleazione e crescita.

L’altra tecnologia di studio usata dai ricercatori californiani si rivolge ad aspetti macro, laddove la prima inquadra un mondo piccolo ai limiti di ogni immaginazione: si tratta della TGC (titration gas chromatography). La titolazione gascromatografica ha rivelato importanti dettagli di SEI ed EDLi, il litio depositato elettrochimicamente, contribuendo in particolare a differenziare il litio inattivo rispetto alla SEI.

La professoressa Meng ha sottolineato che le ricerche del suo gruppo sempre più decisamente rimarcano una differenza sostanziale tra dendriti e “litio morto”. La perdita di efficienza delle batterie, specie di quelle con anodi in litio metallico, si identifica col secondo aspetto, non necessariamente con la formazione dei dendriti in sé.

A rendere sempre più convinti di questo aspetto sono stati studi che negli ultimi due anni hanno portato una delle ricercatrici di San Diego, Chengcheng Fang, a pubblicare su Nature lo studio “Quantifying Inactive Lithium in Lithium Metal Batteries”. L’articolo evidenziava questi risultati, avvicinando ancora di più il momento di incorporare anodi di litio metallico in celle destinate a diffusa commercializzazione.

Da questi studi Fang, Meng e colleghi sono arrivati a concludere che non sia specificamente nella SEI la radice dei problemi delle batterie con anodi in litio metallico e della loro scarsa efficienza coulombica che ne limita la vita utile, ma le forme che in alcuni casi i dendriti possono assumere.

Strutture troppo sottili e troppo tortuose effettivamente portano alla creazione di “isole” di “litio morto” che riducono l’efficienza della cella, mentre strutture meno “gotiche” e di dimensioni maggiori consentono al litio di restare attivo, mantenendo una buona connessione strutturale elettronica a contatto col collettore di corrente di rame dell’elettrodo.

Come riuscire a determinare strutture di questo tipo, la Professoressa Meng lo ha anticipato in una delle slide del suo webinar: mediante depositi più uniformi, che si potranno ottenere grazie ad elettroliti di nuova generazione (inclusi basati su gas liquefatti, che manderebbero in pensione il comune LiPF6), a SEI artificiali, a collettori di corrente tridimensionali e alla buona gestione della pressione.

Più che una conclusione, quasi una anticipazione di nuovi argomenti e nuove ricerche. E di nuove applicazioni: tra i partecipanti a questo progetto figura anche General Motors. Durante l’EV Day, oltre ad anticipare i programmi di collaborazione con LG Chem che hanno portato alla joint venture Ultium, non aveva perso l’occasione di accennare a una futura batteria ad alta densità di energia con anodi in litio metallo.

Credito foto di apertura: David Baillot/ufficio stampa University of California, San Diego Jacobs School of Engineering