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La fabbrica Tesla a Shanghai: accompagnata per mano fuori dalla crisi

Le autorità nazionali e locali cinesi hanno puntato molto sul successo della Gigafactory di Elon Musk, e a Shanghai la produzione supera i livelli precedenti all’emergenza Covid-19

Quasi tutte le imprese della manifattura avanzata dell’area di Shanghai, dall’automotive al bio-medicale hanno ormai ripreso la normale produzione, ha confermato ieri l’edizione inglese di Yicai.

E una in particolare, Tesla, nella Gigafactory costruita a tempo di record nella zona franca di Lingang, ha appena superato il proprio livello di produzione precedente all’emergenza sanitaria globale.

Si tratta di notizie che, proveniendo da una regione che ha affrontato la crisi dovuta alla pandemia prima dell’Europa e delle Americhe, leggiamo certo come un incoraggiamento.

Secondo quello che scrive la testata finanziaria di Shanghai, sono otto i gruppi auto e oltre 600 le aziende della filiera che si sono rimesse in moto. Yicai Global sostiene che la quota del ritorno a regime è addirittura del 99% per società che producono chip e del bio-medicale.

Ai colleghi cinesi una fonte interna della casa americana ha detto: “la capacità produttiva Tesla è più alta di prima dell’epidemia”. La notizia è incoraggiante quindi, ma va anche presa cum grano salis.

Perché prima della pausa forzata la produzione delle prime Model 3 ammontava a poche centinaia di unità alla settimana, e si trattava a tutti gli effetti di una asticella da valicare molto bassa.

Ma si tratta comunque di un segnale importante che sembra poter confermare due fatti. Il primo che la catena della fornitura si stia rimettendo in moto in modo sostanziale in tutta la Cina. Il secondo è quanto tengano al successo della prima fabbrica Tesla in Asia le autorità di Shanghai, ma anche quelle nazionali a Pechino.

Nel mezzo del caos creato dal picco del Covid-19, le autorità hanno aiutato Tesla ad ottenere 10.000 mascherine, casse di disinfettanti, scanner ad infrarossi per prendere le temperature e altre forniture che nel corso delle settimane più acute dell’epidemia sarebbe state possibile ottenere solo con permessi dei governi nazionali e locali.

Inoltre il parco industriale di Lingang è stato attrezzato con strutture in grado di accogliere per la quarantena oltre 600 dipendenti. Shanghai Lingang Human Resources Co. un’agenzia pubblica locale, ha aiutato anche nel trovare nel bel mezzo della crisi un centinaio di nuovi dipendenti necessari all’espansione programmata.

Anche altri gruppi auto hanno ricevuto determinanti aiuti da parte delle autorità. Tra quelli più noti in Occidente ad esempio la parent company Volvo: Zhejiang Geely Holding Group Co., dalle mascherine ai componenti. Sulla stampa e le TV ufficiali peraltro le immagini delle linea di assemblaggio Tesla in funzione anche quando il picco della pandemia doveva ancora assestarsi sono diventate una costante.

Il sostegno materiale e simbolico a Tesla, già evidente nel corso del 2019, sembra essere diventato ormai un simbolo dell’intenzione dei vertici cinesi di aprire la propria economia a una travolgente leadership senza frontiere. E la società di Elon Musk, pioniere dell’auto elettrica del nuovo millennio è sembrata loro l’influencer perfetto.

“Considerata l’immagine che Tesla ha per la tecnologia avanzata nell’auto elettrica e la forte domanda attesa quest’anno per la Tesla Model 3 made-in-China nessun governo locale in alcuna parte del mondo non si darebbe da fare per un progetto simile” ha dichiarato all’agenzia Bloomberg Yale Zhang, fondatore di AutoForesight, una società di consulenza con sede proprio a Shanghai.

Più che le difficoltà nazionali, i rischi che possono incontrare le società rimessesi in moto sono nelle catene del valore esterne. Una società che esporta componenti in Europa e nelle Americhe, Baolong Automotive per bocca del suo presidente Yin Shufei si è dichiarato preoccupato per lo stop agli impianti occidentali, colpiti dall’ondata della pandemia con tempistiche sfalsate rispetto a quelle del primo mercato auto asiatico.

Le istituzioni di Shanghai hanno previsto aiuti per circa $282 milioni finora per il tessuto produttivo meno solido economicamente, che spazia da rinvii dei pagamenti, dilazioni sui pagamenti contributivi, garanzie e ovviamente prestiti. Circa l’81% delle piccole e medie imprese di Shanghai avrebbero ripreso le attività, con circa il 72% del personale normalmente disponibile.

Credito foto di apertura: sito web Tesla China