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La batteria agli ioni di litio incombustibile scotta nel laboratorio APL della Johns Hopkins

Una ricerca pubblicata da un team di ricercatori del laboratorio APL dell’università americana ha messo a punto elettroliti a matrice polimerica senza solventi, per celle di straordinaria resistenza

Lo scorso anno ci era capitato di mostrare in un articolo i progressi delle ricerche di una startup, Ionic Materials, che ha prodotto un prototipo di cella di straordinaria resistenza, capace di sopportare stress fuori del comune pur continuando a funzionare. Niente di sorprendente quindi che vi abbiano investito fondi e anche una casa auto come Renault.

L’azienda del Massachusetts però sviluppa una cella che (oltre a puntare su una chimica basata su zinco e manganese oggi non prediletta dalla maggior parte dei produttori) si avvale di elettroliti allo stato solido. Molto più sorprendente sarebbe una batteria agli ioni di litio con quelle caratteristiche di resistenza ma priva di elettroliti solid state. Ma qualcuno che sta provando a realizzare proprio quella cella esiste già.

Si tratta di una batteria agli ioni di litio che l’APL (Applied Physics Laboratory) della Johns Hopkins University aveva iniziato a realizzare perché sia in grado di operare anche dopo aver sopportato una gamma di vicissitudini quali tagli, immersione, impatti di proiettili.

Adesso è stata ulteriormente sviluppata per non essere combustibile, qualcosa che, quando c’è di mezzo il litio è quasi un ossimoro: come ci ricordano alcuni episodi clamorosi quali il bando a prodotti dell’elettronica di consumo sugli aerei e più recentemente problemi ad impianti di stoccaggio in Corea del Sud.

A quei due mercati, ma ovviamente un giorno anche al mercato automotive (nel quale tuttavia un numero non trascurabile di incendi ha più a che fare con le colonnine o procedure di ricarica scorrette che con le batterie vere e proprie) guarda il futuro di questa ricerca, pubblicata sulla rivista della Royal Society of Chemistry Chemical Communications.

Il team del laboratorio REDD (Research and Exploratory Development Department) dell’APL era guidato da Konstantinos Gerasopoulos ed ha identificato una nuova classe di elettroliti battezzati rispettivamente WiS (water-in-salt) e WiBS (water-in-bisalt). Questa nuova classe di elettroliti è basata su polimeri acrilici sottoposti a trattamento di ultravioletti.

Una volta incorporati in una matrice polimerica, un gel di consistenza simile ad una lente a contatto, questi elettroliti a metà strada tra quelli liquidi e quelli solidi riducono l’attività del liquido, migliorano la finestra di stabilità elettrochimica fino a 4,1 volt aumentando la caratteristiche energetiche della batteria. Inoltre applicati ad una cella con anodi in titanato di litio (una alternativa alla più diffusa grafite) il loro ciclo di vita migliora notevolmente.

Il tutto facendo a meno dei solventi altamente reattivi che ora sono abitualmente utilizzati nelle celle agli ioni di litio. “Le batterie agli ioni di litio sono già una presenza costante nella nostra vita quotidiana, dai nostri telefoni alle nostre auto e continuare a migliorare la loro sicurezza è essenziale per far avanzare ulteriormente la tecnologia di immagazzinamento”, ha detto Gerasopoulos nella nota diffusa dall’università americana.

“I fattori di forma delle batterie agli ioni di litio non sono cambiate di molto dalla loro commercializzazione all’inizio degli Anni ’90; usiamo ancora gli stessi tipi di celle cilindriche o prismatiche. L’elettrolita liquido e la necessaria custodia ermetica hanno molto a che fare con questo”.

“Gli sforzi del nostro team sono soprattutto stati incentrati sul sostituire il liquido infiammabile con un polimero che migliori la sicurezza ed il fattore di forma. Siamo entusiasti di dove siamo giunti oggi. Il nostro recente paper mostra la migliorata utilizzabilità e performance di batterie agli ioni di litio con polimeri flessibili a base acquosa che possono essere costruite ed impiegate all’aria aperta”.

Inoltre rispetto alle prime versioni di celle costruite dalla squadra del laboratorio APL della Johns Hopkins a partire dal 2017, è migliorata anche la resilienza ai danni e urti: “La prima generazione di batterie flessibili non erano dimensionalmente stabili come quelle che facciamo ora”.


Credito foto di apertura: courtesy ufficio stampa Johns Hopkins Applied Physics Laboratory.