II Blu di Prussia è il colore delle batterie che attira i dollari della Chevron
Dalla California Natron Energy promette batterie agli ioni di sodio in grado di equipaggiare grandi impianti di stoccaggio a bassissimo costo e con celle di straordinaria resilienza e durata
Natron Energy, una startup nata come spinoff dell’università di Stanford, presso la quale conduceva studi il suo attuale amministratore delegato Colin Wessells, ha annunciato nei giorni scorsi di aver concordato un investimento (non quantificato) di Chevron Technology Ventures, fondo di sviluppo controllato dalla nota compagnia petrolifera.
I capitali freschi serviranno a sviluppare una tecnologia delle batterie finora poco pubblicizzata ma che ha da tempo trovato le sue nicchie di sviluppo. La chimica Natron Energy è basata su composti analoghi del materiale comunemente conosciuto come Blu di Prussia negli elettrodi e con ioni di sodio al posto dei più diffusi ioni di litio, elettroliti presenti in quasi tutte le batterie dei veicoli elettrici in commercio.
La notizia non è delle ultime ore, risale al 14 gennaio, ed è stato necessario qualche giorno per riuscire ad identificare un esperto in grado di aiutarci a soppesare nel modo corretto il potenziale di sviluppo della tecnologia di questa startup e, a catena, la portata degli effetti che l’investimento Chevron potrà avere.
Lorenzo Stievano è docente all’Istituto Charles Gerhardt dell’università di Montpellier, un polo che è membro del network EnergyRS2E che contribuisce alla ricerca su batterie, fuel cell e soluzioni innovative applicabili all’energia, dal quale è tra l’altro nata la startup Tiamat che già sta lavorando ad un’altra batteria basata sugli ioni di sodio per uso veicolare.
Dal suo laboratorio di Montpellier, il professor Stievano ha messo a fuoco alcune caratteristiche principali della tecnologia che Natron Energy sta sviluppando: “si tratta di batterie a bassa densità di energia, circa 40 Wh/l e che lavorano a potenziali inferiori a quelli delle celle al litio: 1,6 volt, come nelle più comuni batterie per l’elettronica di consumo. Hanno quindi proprietà che non le rendono adeguate a essere montate su veicoli elettrici“.
La densità di energia delle celle Natron Energy equivale a un quarto o addirittura un quinto di quella delle batterie agli ioni di litio delle auto elettriche più diffuse. Ma i composti analoghi del Blu di Prussia e gli ioni di sodio presentano altri vantaggi, rispetto alla chimica degli elettrodi e agli elettroliti oggi più diffusi.
“Il Blu di Prussia si ottiene da materie prime estremamente economiche e che sono disponibili ovunque“, spiega il professor Stievano. “Batterie basate su questa chimica avrebbero quindi un costo estremamente basso in grado di renderle interessanti. Un altro vantaggio competitivo che può avere il Blu di Prussia è la durata di utilizzo della batteria grazie alla stabilità della struttura cristallina dei composti inorganici che si trovano nei due elettrodi: esacianoferrato da una parte ed esacianomanganato dall’altra”.
Al taglio dei costi di grandi installazioni si aggiungerebbe quindi una possibilità di ammortizzare l’investimento su periodi particolarmente lunghi: “sono plausibili 70.000 cicli di ricarica nella vita utile di un pacco batterie di questo tipo. È superiore di quasi un ordine di grandezza alle migliori performance dai prodotti basati sulla tecnologia agli ioni di litio attualmente disponibile. Per il bassissimo costo prevedibile, personalmente le vedrei molto bene per lo stoccaggio residenziale, per chi ha impianti fotovoltaici, e anche per la stabilizzazione della frequenza dei picchi delle grandi reti elettriche“.
Da parte loro Natron Energy e Chevron non hanno fatto mistero di vedere in una infrastruttura di stoccaggio basata su batterie agli ioni di sodio un elemento di sviluppo per il futuro dei veicoli elettrici. E in particolare vedono le loro celle come soluzione per la ricarica veloce, grazie alla possibilità di sostenere una potenza elevata, oltre 1000 W/l, senza degradarsi.
L’amministratore delegato della società di Santa Clara nella nota ufficiale ha dichiarato: “l’adozione diffusa di veicoli elettrici dipende in parte da tecnologie che rendano capillare la ricarica veloce e che possano mitigare l’ansia di ricarica di chi guida“.
Considerata la diffusione delle reti di rifornimento Chevron da un lato e le caratteristiche della tecnologia delle batterie Natron Energy dall’altro, si può forse ipotizzare che i partner del progetto stiano pensando ad impianti di accumulo adatti a scenari anche alquanto diversi dalla comune ricarica in casa o presso un centro commerciale.
Con la diffusione del traffico di mezzi commerciali elettrici, sulla scala extra-large del traffico nordamericano ci saranno in effetti da riempire le caselle di postazioni di ricarica anche in aree isolate, nelle quali oggi portare energia può essere costoso.
Ma le cose cambierebbero se si pensa a stazioni di ricarica aperte su autostrade nella rovente Arizona o nel ventoso Texas, accanto o vicino ad impianti fotovoltaici e/o eolici e provviste di capacità di stoccaggio consistente e ed economicamente conveniente.
Un’altra opportunità per impianti di stoccaggio con batterie particolarmente resilienti ai ripetuti cicli di ricarica potrebbe provenire da grandi centri della logistica o depositi di autobus: decine di furgoni elettrici ed autobus da ricaricare continuamente paiono il tipo di sfida a cui la tecnologia degli elettrodi basati sui composti analoghi del Blu di Prussia sarebbe in grado di dare risposte economiche su scala industriale.