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Non potendo vietare rinnovabili e auto elettriche, Trump passa al piano B

Per togliere clienti alle auto a basse (o zero) emissioni Washington boicotta i tagli ai consumi temuti da SUV e pickup, ma la California minaccia la secessione…

L’amministrazione Trump ha formalizzato oggi le sue raccomandazioni per congelare allo standard del 2021 di circa 37 miglia per gallone (15,7 km/litro) i progressi obbligatori nei consumi di carburante e per impedire alla California ed altri stati di fissare standard locali più rigidi di quelli federali.

La pubblicazione sta creando una rincorsa tra gli avversari di questa soluzione, una coalizione che comprende gli stati (19 più District of Columbia) interessati a limiti più rigidi, gruppi di tutela dei consumatori e dell’ambiente e perfino qualche casa auto, per ridimensionare questo piano prima che entri in vigore, forse entro fine anno.

Il provvedimento mette nel mirino una delle più note scelte dell’ex-presidente Barack Obama, finalizzata a combattere i cambiamenti climatici, fenomeno che l’attuale inquilino della Casa Bianca in passato ha definito una invenzione che beneficia solo i cinesi.

Obama aveva deciso di (quasi) raddoppiare in 13 anni gli standard federali del CAFE (Corporate Average Fuel Economy), il che avrebbe portato i gruppi auto a dover raggiungere sui consumi complessivi della propria flotta una media di 54 miglia per gallone (22,9 km/litro) entro il 2025.

La proposta gradita da Donald Trump è stata pubblicata congiuntamente da EPA (Environmental Protection Agency) e Dipartimento dei Trasporti, e giustificata da una combinazione di motivazioni economiche e di sicurezza.

Secondo Washington la revisione della norma potrà recare benefici sociali per oltre $500 miliardi: risparmi diretti di $253 per i consumatori via minori costi dei veicoli e anche $198 di oneri sociali risparmiati in incidenti e morti al volante (fino ad un migliaio in meno l’anno).

Alla conclusione opposta erano giunti gli esperti del governo americano nel 2012 al momento di varare le norme sui consumi, ipotizzando un processo virtuoso in grado di evitare un centinaio di decessi l’anno sulle strade.

La catena causale a cui si appoggia il provvedimento appena annunciato parte dai costi stimati che comporta l’innovazione necessaria a ridurre i consumi: al momento del varo nel 2012, la cifra stimata per un’auto model year 2025 era che avrebbe richiesto $1.200 extra.

Un importo che i consumatori sarebbero però stati in grado di recuperare a forza di soste alla pompa: il calcolo indicava fino a $6.000 il risparmio sull’intero arco di vita dei veicoli meno “assetati”.

Dal punto di vista dei numeri ora tutto sembra giocarsi sulla cifra che le nuove tecnologie aggiungeranno ai prezzi delle auto: secondo l’amministrazione Trump ottemperare agli standard CAFE aggiungerebbe tra i $1.850 ed i $2.260 per veicolo.

Quelle cifre sono circa il doppio dei costi stimati dalle agenzie federali EPA ($894) ed NHTSA ($1,245) nel 2016 nei loro Technical Assessment Report.
Soprattutto la stima non sembra oggi giustificata dal rapido diffondersi delle tecnologie e dal calo dei prezzi che accompagna i progressi tecnologici.

Nel migliore dei casi per l’organizzazione ambientalista ICCT (International Council on Clean Transportation, la stessa che aveva “scoperchiato” il dieselgate) grazie a sviluppi dei turbo, sistemi start-and-stop, alleggerimenti ed altro i veicoli del 2025 avrebbero potuto adeguarsi alle norme del 2025 con solo $550 in più rispetto a quelli prodotti con gli standard 2020.

Ma sbandierare aumenti di costi dell’ordine dei $2.000 serve a Washington per poter dichiarare, nel suo ragionamento a cascata, che i prezzi più alti scoraggeranno l’acquisto di veicoli più nuovi e di dimensioni più grandi, con l’effetto in un caso di peggiorare le emissioni e nel secondo di aumentare gli incidenti mortali.

In quest’ultimo caso la logica sembra davvero esiziale, stabilendo l’equivalenza tra dimensioni dei veicoli e sicurezza, un potenziale invito a guidare veicoli sempre più grandi per assicurarsi più protezione in caso di collisione che potrebbe fermarsi ipoteticamente solo ai mezzi pesanti.

Ma una motivazione illogica anche di fronte ai dati recenti dei decessi in incidenti stradali a livello globale, che quasi ovunque vedono aumentare le quote di pedoni e guidatori di due ruote con o senza motore e il numero di incidenti dovuti a distrazione, in primo luogo per l’uso di smartphone.

Le dimensioni del veicolo guidato non hanno alcune influenza sulla distrazione al volante, mentre peggiorano le chance di uscirne indenni per i pedoni o ciclisti o motociclisti coinvolti in sinistri con questi veicoli.

Peraltro dove il provvedimento rischia di scontentare di più le case auto che in teoria dovrebbe sostenere, è dove punta a revocare i diritti attribuiti ai singoli stati di fissare propri standard sulle emissioni nel 1970 dal Clean Air Act.

Quale sia stata la reazione del governatore della California Jerry Brown e quanto a Sacramento siano intenzionati a chinare il capo di fronte ai piani di Washington lo dice il Tweet che riportiamo e non richiede traduzione…

Davanti ad un comitato del senato il direttore ad interim dell’EPA Andrew Wheeler ha detto ieri che l’agenzia cercherà una soluzione per arrivare a un provvedimento accettabile per tutti e cinquanta gli stati. Ma altri settori del governo americano sembrano invece prepararsi al conflitto con la California e gli altri stati, del Pacifico e del Nordest soprattutto, più sensibili alle priorità dell’ambiente.

Un conflitto che sembra essere un incubo per tutto il mondo automotive: in effetti alla Casa Bianca sembrano impugnare come una bandiera un provvedimento che probabilmente a Detroit sarebbe piaciuto, anche solo 2-3 anni fa.

Ma l’amministrazione Trump dovrà ormai misurarsi con il fiume di investimenti nelle nuove tecnologie: secondo l’agenzia Reuters a gennaio erano già arrivati a $90 miliardi, dopo sei mesi secondo un altro calcolo, stavolta di Bloomberg, hanno raggiunto il livello globale di $140 miliardi.

Case auto e della fornitura tutto vogliono tranne dover pianificare in mezzo a una lunga fase di incertezza normativa. Inoltre, se Washington andasse allo scontro frontale con la California e perdesse, dopo molti mesi di conflitto istituzionale e normativo si materializzerebbe lo scenario peggiore.

Il secondo mercato globale dell’auto diviso in due: con California e chi la segue con norme rigide sui consumi ed altre aree che applicano gli standard federali. Uno dei presidenti più pro-business del recente passato rischia insomma di fare lo sgambetto ad uno dei settori ancora più importanti in ogni economia.


Credito foto di apertura: ufficio stampa General Motors