OPINIONI

Mandate in pensione il “fan boost”: è arrivata l’ora del “tech boost”.

Troppo spazio ai selfie e non abbastanza all’innovazione nell’attuale Formula E di Agag: la buona notizia è che non è ancora troppo tardi per rimediare…

La vittoria nella corsa messicana di Formula su cui ieri sera ha messo la firma Daniel Abt cade a proposito. Perché prima della trasferta nella capitale centro-americana era stato proprio il venticinquenne tedesco dell’Audi a guadagnarsi i titoli della stampa specializzata per il suo motivato sfogo contro il sistema del Fan Boost.

Per chi ancora non lo sapesse: si tratta di una norma che consente ai tre piloti più votati dai tifosi di usare nella seconda parte di una corsa 100Kj di potenza supplementare per 5″.

Prima della corsa in Messico Abt aveva sottolineato come quel concetto (nato nell’entertainment televisivo) fosse stato in passato manipolato a vantaggio di alcuni rivali.

Il creatore della Formula E Alejandro Agag si è incupito per la critica al suo giocattolo, replicando che il Fan Boost è attentamente monitorato e che oltre un milione di tifosi si sono espressi per un pilota o per un altro.

In realtà neppure Agag in persona è in grado di garantire se ad essersi espressi siano stati proprio i tifosi oppure qualcos’altro. Perché da quando i social media sono esplosi, là dove sono in gioco click e like chi ha interessi in ballo si… ingegna.

Se avete mai sentito parlare di una click farm, si tratta di una fabbrica di “mi piace” aggiunti a piacimento (ed ovviamente a pagamento). Ne esistono quante ne volete, specie in Asia, in particolare in Cina. In alcuni casi di fronte a reati conclamati ne sono state chiuse: ad esempio in Thailandia.

Ma, scorciatoie a parte, il sistema che premia la popolarità a scapito di ogni altro valore è doppiamente controindicato per uno sport come l’automobilismo: perché questo nasce già premiando l’abbondanza di risorse più di ogni altra cosa.

Ricordando cosa accadeva nel caso di Yao Ming con la valanga di voti cinesi per l’All-Star game tra i professionisti dell’NBA, nel caso della Formula E se dovessero entrare due veri piloti cinesi ed uno indiano gli altri avversari potrebbero ritrovarsi a finire la carriera senza mai riuscire ad usare i 100 Kj.

Per ottenere la sua prima vittoria peraltro Abt non ha avuto bisogno del Fan Boost, né lo aveva a disposizione il secondo arrivato Oliver Turvey sulla NIO (anzi, addirittura in popolarità l’inglese è risultato penultimo: ecco la saggezza della folla).

Per il tedesco a fare la differenza sono stati un eccellente pit-stop ed una macchina in condizioni perfette (come conferma il suo compagno di colori Lucas Di Grassi che ha fatto il giro più veloce con l’altra Audi e-tron FE04).

Una categoria che è nata aprendo all’innovazione come la Formula E però non dovrebbe rinunciare a proporre nuove idee che possano fare la differenza.

Ma dato che una categoria innovativa dovrebbe ragionevolmente proporre più algoritmi e meno selfie, non è ai click che dovrebbe guardare. Dovrebbe guardare, appunto, all’innovazione: con un Tech Boost.

Cosa potrebbe premiare il Tech Boost? Chi si avventura in terreni inesplorati, per cominciare. Potrebbe essere un buon candidato un team che proponesse un motore elettrico che impiega nuovi magneti che riducono del 50% l’uso di terre rare, ad esempio.

Se vi suona vagamente familiare è perché ne ha appena presentato uno Toyota (sì, ci siamo accorti che non è presente in Formula E) che quando entrerà in produzione a inizio anni ’20 sarà in grado di ridurre notevolmente nei suoi magneti l’uso di neodimio, facendo del tutto a meno di terbio e disprosio.

Per le case auto che stagione dopo stagione stanno riempiendo la griglia del campionato per monoposto elettriche e per i loro fornitori si tratterebbe di un pungolo a pubblicizzare nuove soluzioni.

Naturalmente non tutte le proposte di candidatura al Tech Boost dovrebbero essere automaticamente accettate. Nella FIA, la federazione internazionale che supervisiona la Formula E, non mancano ingegneri e consulenti in grado di vagliare cosa sia davvero innovativo e cosa non lo sia.

In che modo il Tech Boost potrebbe premiare le case ed i team? Come noto la Formula E è molto limitativa: ha un gran numero di componenti in comune a cominciare dalle batterie e molte restrizioni alla possibilità di cambiare o anche solo toccare particolari della vettura.

Il tempo molto limitato a disposizione in pista (per il quale si cerca una compensazione con simulazioni intensive) tenderebbe a scoraggiare i team dal portare in gara nuovi particolari.

Proprio in questo potrebbe rivelarsi utile il Tech Boost. Alcuni intraprendenti tecnici e piloti (eventualmente anche uno solo per team) avrebbero più minuti per la messa a punto per il tempo adeguato a perfezionare i nuovi particolari (per 2-3 gare, ad esempio?).

Provate a domandarvi se un pilota preferirebbe nel weekend della Formula E un’altra mezz’ora per stare in pista o mezz’ora in più di selfie. Se avete dato la seconda risposta: per voi X Factor ricomincia a settembre.


Credito foto di apertura: ufficio stampa Audi AG