AUTO

La EQ non basta a illuminare la giornata degli azionisti Daimler

Gli ottimi risultati del presente e l’accelerazione futura sulla gamma elettrica non compensano i timori di un nuovo dieselgate

Tra le citazioni più note attribuite ad Elon Musk c’è quella che fare i razzi è difficile, ma è fare le auto che è davvero difficile. Può darsi che sia proprio quello che ha pensato il numero uno Daimler Dieter Zetsche, durante o dopo l’annuale assemblea dei soci svoltasi ieri a Berlino. Specialmente considerati i risultati che ha presentato agli scalpitanti, ed ingrati, azionisti.

Il presente è splendido: €153 miliardi di fatturato, dividendi record, i migliori risultati dal 2007 (l’anno del divorzio dalla Chrysler). E, soprattutto, dopo un decennio passato ad inseguire, la ritrovata prima posizione globale tra i marchi premium a spese di BMW. Il 2017 sembra partito altrettanto bene con una crescita nei primi mesi del 16%.

Allora perché non festeggiavano, i 6.000 azionisti Daimler? A guastare la potenziale festa dell’amministratore delegato non sono il presente o l’immediato futuro. Tra ieri e oggi, sugli organi di stampa tedesca si legge non di soddisfazione, ma di nervosismo. E non sullo Spiegel o la Bild, tradizionalmente le testate sempre a caccia di scandali veri o presunti.

Ma sui seriosi, e a volte noiosi, Handelsblatt ed Automobil Woche (rispettivamente quotidiano economico e periodico faro per l’industria dell’auto). Sul sito del periodico specializzato il titolo era: “preoccupazioni per gli azionisti Daimler sul diesel“. Handlesblatt scriveva invece che gli azionisti sono rimasti poco colpiti dagli annunci di Zetsche sui programmi futuri, preferendo mettere il dito sulla piaga: “Daimler è o no a rischio dieselgate?

Insomma, i motori a gasolio, dopo aver rovinato l’ultimo biennio a Wolfsburg e dintorni e minacciato la tranquillità di FCA e Renault sono ora la preoccupazione numero uno anche a Stoccarda. Questo dalla settimana scorsa: sono in corso indagini che hanno seguito di poco le rivelazioni del quotidiano Die Zeit su asserite manipolazioni delle emissioni dei motori diesel.

Zetsche e gli altri dirigenti del gruppo della stella a tre punte hanno negato il rischio di brutte sorprese. Ma questa ombra ha impedito a Berlino di dare il giusto rilievo alla decisione di accelerare sullo sviluppo della gamma elettrica. L’introduzione delle dieci auto a batteria di cui era previsto l’arrivo tra 2019 e 2025 sarà infatti anticipato. Tutte raggiungeranno il mercato entro il 2022. Si inizierà col crossover derivato dal concept Generation EQ lanciato al salone di Parigi 2016, cui seguiranno altri SUV, berline e modelli più compatti.

Inutile dire che i programmi, che prevede investimenti per €10 miliardi e metà del budget per ricerca e sviluppo destinato ai progetti futuristici che includono batterie ed autonomia, sarebbero estremamente suscettibili all’eventuale scoppio di un dieselgate-bis. Non fosse altro perché con i dieci modelli della nuova piattaforma elettrica “spalmati” su un quadriennio invece che sei anni cambierà anche la distribuzione di investimenti e ricerca.

Qualcuno tra gli azionisti più sospettosi forse ha pensato che la maggior attenzione puntata sul futuro elettrico (e sull’autonomia) sia un tentativo di distogliere l’attenzione dalla spada di Damocle con cui ogni casa auto tedesca sembra ora dover convivere. La spiegazione più convincente e diretta, se si vuole applicare il rasoio di Occam, è che le emissioni c’entrano sì, ma non quelle passate dei motori diesel.

I valori di emissioni medie della gamma Daimler, incluso quelli delle piccole smart, per la prima volta da lustri lo scorso anno non sono diminuiti. Per portarli dove Zetsche e i vertici di Stoccarda vogliono aumentare la presenza di modelli elettrici nella gamma è l’unica strada, e prima le auto elettriche arrivano e prima taglieranno il traguardo prestabilito.


Credito foto di apertura: sito stampa internazionale Daimler