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Mappe auto? No, mappe del tesoro

HERE, la società nata con le mappe di Nokia, sembra sulla via di diventare un indispensabile hub dei dati delle case auto

HERE, la società creata da Nokia acquistata da Audi, BMW e Mercedes nell’estate dell’anno scorso, ha appena annunciato un fondamentale salto di qualità della propria offerta di servizi legati alle mappe ed alle informazioni sull’ecosistema dell’auto, programmata per arrivare sul mercato a metà del 2017. La Technology Review del prestigioso MIT ha titolato nel proprio sito, forse guadagnandosi il premio di understatement più ovvio dell’anno, che “i sensori delle nostre auto stanno per abbreviare la durata dei viaggi dei pendolari”.

Probabilmente il risultato sarà anche quello. Ma il fatto è che passare dai dati raccolti mediante GPS a quelli svelati dai sensori installati sulle vetture (oggi su una vettura costruita nel 2016 se ne trovano oltre settanta in media), non è solo una moltiplicazione delle fonti e non è solo questione di innalzare il livello tecnologico di una nicchia del mondo dell’auto. Anche se si tratta di parametri di grande importanza: velocità, direzione e posizione di un veicolo; frenate improvvise; lavori in corso (per manutenzione) oppure code causate da incidenti; condizioni ambientali a rischio; traffico e limiti di velocità permanenti o temporanei.

Jamie Condliffe, nel suo post, lo anticipa, ma solo di sfuggita: “c’è da essere certi che l’iniziativa di HERE aprirà anche prospettive sulla guida autonoma. Il progetto è particolarmente degno di nota nel modo in cui metterà connetterà in un unico ambiente sul cloud i dati di costruttori di auto diversi, di solito tassativi nel voler gestire sistemi proprietari”. Ovvero, i dati dei sensori montati su Audi, BMW e Mercedes-Benz, e presumibilmente presto quelli di altri marchi e non solo degli stessi gruppi automobilistici, prestissimo inizieranno a sciamare verso i server.

I dati raccolti avranno due destinazioni, una immediata offrendo nuovi servizi, ed una strategica cui potranno avere accesso i costruttori di auto partner di HERE. A livello immediato i nuovi servizi daranno informazioni in tempo reale sul traffico, avvisi di pericolo, aggiornamento dei segnali stradali (compresi limiti di velocità temporanei) ed un servizio di accesso rapido ai parcheggi. Mappe, insomma, sempre più intelligenti e integrate all’automobile.

HERE anticipa che grazie ai sensori dei tergicristalli sarà possibile distribuire in tempo reale informazioni sulle condizioni meteo a chi dista pochi chilometri oppure attraverso la telecamera anteriore sarà possibile monitorare cartelli segnaletici per aggiornare su lavori in corso dell’ultimo momento. Ma passare dal GPS alla rete di sensori è molto di più: sfruttare tutto il potenziale dei sensori di un’auto (al livello più avanzato quelli del radar o della telecamera) è esattamente il presupposto di cui parlava Elon Musk nel post in cui annunciava il salto di qualità del suo controverso Autopilot.

Come spiegava il suo fondatore, il fleet learning trasmesso ai server di Tesla dall’intera clientela della casa di Palo Alto è fondamentale per perfezionare i dati di bordo. I comportamenti ad un incrocio, dello stesso guidatore o di tutti quelli che guidano una Tesla, e le telecamere ed i radar creano continui flussi di dati raccolti anche dalle auto che sono guidate manualmente. Portano continui aggiornamenti preziosi per disegnare i comportamenti appropriati per le futura auto a guida completamente autonoma. I guidatori in modalità tradizionale insegnano come sterzare, accelerare e frenare in quei contesti in cui i software stanno imparando, in città ad esempio. Combinando queste “lezioni” coi dati su strade, traffico, meteo, avremo i software delle auto di Livello 5.

Su thedrive.com il vulcanico Alex Roy scriveva pochi giorni fa che “la guida autonoma o semi-autonoma richiede cose che Mobileye o altri fornitori Tier1 (ad esempio Bosch o HERE stessa n.d.a.) non possono vendere. Le cose che Tesla ha e che Georg Hotz ha sfornato col suo Comma One. Cose come dati di guida in crowdsourcing. Non meri dati delle mappe, ma dati di comportamento dei guidatori”. Roy afferma che chi avrà il software migliore arriverà per primo al traguardo dell’auto a piena guida autonoma.

Ma il miglior algoritmo nasce anche dalla mole dei flussi di dati. Mentre Tesla e Comma One per ora e per alcuni anni potranno contare su piccoli numeri, i grandi costruttori possono contare su, appunto, grandi numeri. Inoltre, come nel caso di HERE, possono anche decidere di condividere un hub di informazioni non diversamente da quanto avviene nel condividere fornitori, ormai ridotti a pochi grandi gruppi come Bosch, Delphi e Continental. Con un numero di auto in circolazione molto grande, il crowdsourcing dei comportamenti dei guidatori necessario per costruire la piena guida autonoma suggerisce che le mappe di HERE possano rivelarsi una mappa del tesoro.

La società non lo ha detto nell’annunciare il lancio dei nuovi servizi disponibili dal 2017, ma lo ha scritto in un libro bianco pubblicato quest’estate. Secondo Carrie Cox, Senior Product Marketing Manager di HERE, “finora è stata una questione di arrivare al singolo guidatore. L’informazione sul veicolo e sul traffico se ne stava in un silo, ma deve essere condivisa tra tutte le auto della rete per beneficiare un bene comune più grande”.

Il crowdsourcing dei dati è un cambio di registro anche prima di entrare nella sfera dell’autonomia completa: i sensori di bordo hanno limiti fisici, di distanza ad esempio. Ma le mappe che mettono assieme uno sciame di dati assicurano un orizzonte potenzialmente estendibile fino a dove ci sono strade ed auto. O smartphone. Un’auto che indichi l’apertura di un airbag a due chilometri di distanza o il tergicristalli che si aziona a tre chilometri di distanza assicurano una opportunità di anticipare gli eventi che sono utili mattoni del mondo delle auto che non avranno bisogno di autista, ma per il momento sono una miniera per chi le auto ancora le guida.

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Credito foto di apertura: HERE media website