OPINIONI

Quelle critiche interessate degli “amici del carbone” che non fanno presa

Cifre alla mano, ecco perché il ciclo complessivo di emissioni di CO2 delle auto elettriche non è il vero tallone d’Achille del settore

Un’auto che si rifornisce ad una presa alimentata da un’energia prodotta col carbone è più nera che verde. In questi mesi in cui improvvisamente le vendite di veicoli elettrificati si stanno svegliando (perfino sul mercato più addormentato di tutti: l’Italia) la critica ai veicoli elettrici si sposta sul versante ambientale.

Davvero singolare che ora invece di mettere in evidenza le autentiche criticità dell’auto elettrica, come i costi ancora più elevati rispetto alle auto convenzionali o quelle della durata delle ricariche o della capillarità dei punti di ricarica, si imputi ai mezzi spinti da batterie di trazione grandi o piccole che non siano davvero ecologici.

Singolare perché, a guardarle più da vicino, spesso le critiche arrivano da quegli stessi settori che per decenni hanno scientemente sostenuto l’insostenibile: ad esempio che il piombo tetraetile non fosse dannoso o che le sue concentrazioni nell’ambiente fossero sempre state lì invece che provenire da benzina combusta (come dimostrò invece il professor Clair Patterson).

Ora invece da quelle stesse scrivanie sembra di veder alzare un sopracciglio per l’effetto deleterio delle auto elettriche… sull’ambiente. In effetti se la critica è interessata l’argomento è corretto: nasce da un interrogativo posto forse per la prima volta nel 2013 dallo studio svizzero Chancen und Risiken der Elektromobilität in der Schweiz che trovate ancora qui anche in edizione inglese.

Uno studio che si preoccupava soprattutto degli effetti locali. Concludendo in modo ineccepibile che quanto sia un’auto amichevole con l’ambiente dipende dal tipo di elettricità che la spinge. Perciò il mix elettrico usato dalle utility svizzere avrebbe permesso ad un’auto elettrica di emettere il 70% in meno di gas-serra rispetto ad una vettura convenzionale comparabile.

I calcoli degli esperti svizzeri indicavano però anche che il mix medio impiegato nei paesi UE per produrre energia riduceva quel vantaggio solo al 20%. Da lì all’immagine di auto elettriche che viaggiano alimentate a carbone il passo è stato breve, ed anche inquietante.

Le auto a batteria sono il nuovo pericolo per l’ambiente? Lo sviluppo tecnologico nel settore dell’energia è così rapido che l’accusa è già obsoleta

In effetti, se si pensa a casi reali, immaginare una elettrica cinese venduta in grandi numeri come la BYD e6 che circola a Shanghai senza rumore ed emissioni, mentre nelle campagne ciminiere depositano fumi sulle risaie a pochi piace.

Così non c’è da meravigliarsi se c’è già chi ha preso carta e matita e si è messo a fare quello che ci piace: i conti. Liam Denning di Bloomberg si è messo alla ricerca dei dati pertinenti proprio allo scenario peggiore, quello cinese, e li ha trasformati in tabelle, pubblicandoli qui.

La più interessante è quella che paragona il punto di pareggio del ciclo complessivo di emissioni di CO2 nel corso dell’intera vita di una vettura elettrica di medie dimensioni (con batteria da 60 kWh, pensate ad una Chevrolet Bolt) e di una vettura media spinta da motore a benzina.

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Produzione di tonnellate di gas effetto serra di auto elettrica media ed auto a benzina media in Cina (fonte: Liam Denning/Bloomberg)

In Cina coi parametri usati da Denning occorrerebbero sette anni per pareggiare gli effetti delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra. Il grafico risulta dall’ipotesi di una vita media di dodici anni per le auto prese in esame, con circa 16.000 chilometri percorsi annualmente da ciascuna.

Nel conto totale rientra un gap iniziale sfavorevole alle elettriche: perché (i dati sono stati presi da studi dell’Union of Concerned Scientist) la produzione di una compatta elettrica può produrre fino a 9,7 tonnellate di CO2, ed altre 7,3 la sua batteria.

Poi occorre aggiungere la produzione di CO2 nel traffico: e qui dobbiamo fare il confronto fra i 200 g al km emessi dagli scarichi dell’auto a benzina e per la elettrica (calcolata su circa 5,6 km percorsi con ogni kWh) 140 g al km che le centrali elettriche cinesi, notoriamente ancora molto dipendenti dal carbone, devono produrre per far marciare la sua batteria. Per le inquinatissime megalopoli cinesi un vantaggio, comunque.

E probabilmente il punto di pareggio reale attuale nella stessa Cina è più favorevole all’auto cinese media attuale. Che non è una vettura con una batteria relativamente grande come quella della Bolt, ma molto più spesso quella di un veicolo cittadino che in Europa considereremmo un quadriciclo.

Le auto elettriche gialle che siamo ormai abituati a vedere in car sharing a Milano e Firenze, sono da tempo vendute in Asia con successo come Zhidou D2 EV con una batteria da 12 kW. La più venduta attualmente è un’auto a tutti gli effetti, la BAIC EC-Series, ma ha una batteria da 20kW, meno capace di quella della primissima Renault Zoe.

La dimensione della batteria delle auto elettrica di maggior gradimento è un fattore rilevante sia per il consumo medio che si richiede alla rete elettrica di riferimento, sia per il suo impatto produttivo iniziale. Oggigiorno il valore medio di gas serra emessi durante la produzione di una batteria si considera tra i 150-200 kg CO2 per kWh. Il che vuol dire che i 9.000 kg della media Bolt scendono a 2.250 per produrre una batteria da montare sulla piccola D2.

Il panorama con cui fare i conti è quanto mai fluido. E, come nel caso dell’auto elettrica di riferimento in Cina, i parametri scelti per fare i conti sono determinanti. Ce lo ricorda un recentissimo studio del professor Marteen Messagie per conto del think-thank Transport&Environment che si è concentrato sulle auto elettriche in Europa.

Ormai le auto a batteria emettono meno gas serra rispetto ai diesel perfino se le si usa nella Polonia ricca di centrali elettriche a carbone

Il docente della Libera Università di Bruxelles ha a sua volta considerato il ciclo complessivo di emissioni di CO2: produzione, vita centrale e lo smaltimento di veicolo e batteria. Ed è arrivato alla conclusione che nel loro ciclo di vita completo le auto elettriche emettono meno gas precursori dei cambiamenti climatici rispetto ai diesel anche quando sono alimentate con l’elettricità meno verde, come nel caso della Polonia.

Andando ad esaminare il mix polacco di energia (650 gCO2/kWh, con le centrali più orientate al carbone) ha trovato che il veicolo elettrico emette il 25% in meno di un diesel. In Svezia, dove il mix energetico emette solo 20 g CO2/kWh, un veicolo elettrico emette l’85% in meno.

Vale la pena di notare che nella stessa Italia, dove le auto elettriche sono mosche bianche per il momento, l’impatto dal punto di vista delle emissioni è del 55% inferiore rispetto al diesel (che la clientela nazionale non sta ancora abbandonando, al contrario di altri paesi europei). Il mix energetico considerato è quello del 2015, quasi esattamente corrispondente alla media dell’UE a 28 paesi: 310 g CO2/kWh in Italia contro 300 g a livello continentale.

Un risultato incoraggiante, come si vede, e in cui è forse essenziale il punto di riferimento: l’auto prescelta è stata uno dei modelli elettrici più venduti, la Nissan Leaf prima serie. E ancora più determinante è la sua batteria, che come abbiamo visto influisce con le sue caratteristiche sulle emissioni sia a livello di produzione che come ciclo completo di vita operativa.

Quella della Leaf, prodotta da AESC, ha capacità di 30 kWh, con chimica all’ossido di litio di manganese. Come spiega la letteratura scientifica sulla materia, la soluzione costruttiva prescelta influenza i livelli di emissioni che hanno luogo durante la sua produzione, oltre che le proprietà della batteria.

Lo studio svedese “The Life Cycle Energy Consumption and Greenhouse Gas Emissions from Lithium-Ion Batteries” pubblicato pochi mesi fa inserisce le batterie con chimica LMO come quella della vecchia Leaf tra le meno impattanti dal punto di vista della CO2 prodotta.

Ma ormai gli studi, da quello svizzero del 2013 a quelli più recenti, sembrano indicare soprattutto il vertiginoso ritmo di aggiornamento delle tecnologie che hanno a che fare sia con l’energia sia con l’automobile. Gli studi, anche quelli compilati da esperti di valore come quello svizzero, oggidì tendono ad invecchiare ad altissima velocità perché ad altissima velocità cambia il panorama energetico, e costantemente in una direzione più eco-sostenibile man mano sale la quota di rinnovabili.

Un altro report, pubblicato da poco dalla società britannica di consulenza Drax, contiene la tabella che riportiamo qui sotto, più eloquente di molti paragrafi. Nell’inverno 2012-2013 il mix energetico impiegato dalle utility attive nel Regno Unito faceva sì che una Tesla Model S producesse 124 g di CO2 a km, una Leaf 97 g a km. Ma quattro anni inverni dopo, le stesse auto si sono mosse emettendo rispettivamente 74 g a km e 58 g a km.

il mix energetico britannico ed influenza sulle emissioni di auto elettriche
La media mensile delle emissioni di gas serra contenuti nell’elettricità britannica e le sue conseguenze sulle emissioni di quattro popolari auto elettriche (fonte: DRAX Electric Insigths Quarterly, Aprile-Giugno 2017)

Ma le sorprese che provengono dalle rinnovabili entrate ormai nel mainstream della produzione di energia non sono finite: la differenza di emissioni prodotte da una Leaf in inverno ed in estate non è trascurabile, perché i 58 g di CO2 al km scendono a soli 32 g. Quelli della Tesla Model S dai 74 invernali ai 41 g dell’estate 2016-2017.

Diventa difficile resistere alla tentazione di non scrivere che, in futuro, gli attuali benchmark, i parametri di riferimento non possano diventare ancora più favorevoli ai veicoli elettrici. Il panorama che li circonda è talmente effervescente di sorprese e novità che non si può non concludere che gli “amici del carbone” hanno davanti un’impresa difficile.


Credito foto di apertura: ufficio stampa internazionale ABB