AUTO

La Merkel non vuole temere guai dallo “spread dei Gigawatt”

Alla posa della prima pietra di una fabbrica di batterie la cancelliera spiega di volerne altre in Germania: e no, non è Tesla a far più paura

Ieri la cancelliera Angela Merkel a Kamenz era a Kamenz, alla posa della prima pietra della seconda unità di uno stabilimento di batterie Deutsche Accumotive: una società del gruppo Daimler che sta investendo circa €1 miliardo in Sassonia.

La signora Merkel ha colto l’occasione per indicare di aspettarsi che la prima economia continentale non si farà staccare in un settore innovativo determinante: “Abbiamo bisogno di orizzonti a lungo termine e le aziende devono investire nel futuro. È importante che la mobilità elettrica sia pronta per il mercato il più velocemente possibile“.

Daimler e Volkswagen, ma anche BMW ed Opel, stanno accelerando sui veicoli elettrici, mentre startup come Streetscooter ed e.GO promettono di riempire nicchie come i veicoli per consegne merci e gli shuttle. E tuttavia loro malgrado e nonostante un risveglio delle vendite nazionali di auto elettriche, la cancelliera ha appena dovuto ammettere che il traguardo di un milione di veicoli elettrici sulle strade tedesche a fine decade sarà quasi certamente mancato.

Lo stabilimento di Kamenz, che entrerà a regime nel 2018, per il governo di Berlino non è uno dei tanti di un’industria dell’auto che localmente conta 800.000 posti. Se la signora Merkel non ha mancato di ricordare che il governo federale ha investito nelle ricerche sulle batterie €35 milioni, i soldi che i contribuenti tedeschi hanno investito nell’auto sono ben di più.

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Quindi, quello che ne fanno i gruppi dell’auto conta, e per questo la cancelliera si sente in diritto di metter i puntini sulle i. Come ha rivelato ieri il quotidiano finanziario Handelsblatt, nell’ultimo decennio i costruttori di auto hanno ricevuto milioni di euro in assistenza diretta incanalata in ricerca e sviluppo. A Daimler sono andati €191 milioni, €110 a Volkswagen, e €107 a BMW, su un totale di €969 milioni, come indicato nel grafico sopra dal giornale tedesco.

Con queste cifre in ballo, il sistema-paese Germania si sente azionista de facto dei gruppi dell’automobile. Perciò non si accontenta di ascoltare la conferma dell’impegno di una Daimler a mettere sul mercato entro il 2022 dieci nuovi modelli elettrici e inserire versioni ibride ad ogni livello della gamma. Oppure delle intenzioni di noti marchi dell’auto o della fornitura: previsioni che sono state recentemente riportate nel grafico che vede sotto da uno studio della banca UBS.

quota auto elettriche 2025Gli influenti consigli di fabbrica dei gruppi tedeschi hanno a più riprese manifestato il proprio favore verso gli investimenti nell’auto elettrica. E in particolare, visto che il cuore dell’elettrificazione è la batteria di trazione, per la produzione di questi componenti determinanti. Anche amministratori delegati inizialmente scettici in proposito come Mathias Müller hanno dovuto far buon viso a cattiva sorte sfumando la propria resistenza all’idea di produrre in proprio.

I titoli di molti organi d’informazione, da Bloomberg a Motor Trend tendono a interpretare ossessivamente questa nuova ondata di entusiasmo tedesco per l’auto elettrica e soprattutto per le sue batterie come una sfida all’americana Tesla. Una interpretazione che si spiega con il tasso di gradimento di ogni articolo che ha a che fare anche parzialmente, con tutto quel che concerne Elon Musk.

La Gigafactory dell’imprenditore sudafricano a regime si prevede che possa produrre 35 GWh. Daimler non ha rivelato esattamente quale possa essere il numero massimo ascrivibile alla produzione di Kamenz. Ben difficilmente un totale analogo, anche se è bene non perdere di vista il diverso investimento: quello di Tesla e Panasonic nel Nevada è oltre quattro volte quello di Daimler.

Ma lo spread dei Gigawatt e delle batterie, se così possiamo chiamarlo, tra Germania ed altri rivali, non va misurato rispetto alla beniamina dei sostenitori dell’economia green. Perché lo spiega il grafico (sotto) compilato dalla società di consulenza Benchmark Mineral Intelligence.

batterie produzione GWh 2020

BYD, CATL, CALB, Lishen, tutti gruppi cinesi, spinti dalla corsa all’auto a zero emissioni voluta dal governo di Pechino. Nel 2020, oltre il 60% della quota di Gigawatt/h prodotti sembra da dover ascrivere alla Cina, con piccolissime quote agli USA (sì Tesla) e alla Corea del Sud. E solo la Polonia, grazie agli investimenti coreani figura tra i produttori con base in Europa.

Una eventualità che man mano l’auto elettrica diventa una realtà meno sfuocata si trasforma in un pericolo: secondo questa interpretazione per i grandi gruppi tedeschi dell’auto non avere la tecnologia delle batterie potrebbe essere come per i grandi nomi della tradizione aeronautica cedere la manifattura dell’ala. L’inizio di un brusco declino.

Non tutte le analisi sono così drammatiche: secondo le ricerche di BNEF, centro studi dell’agenzia Bloomberg, nel 2021 su 278 GWh di produzione la quota europea potrebbe essere più che raddoppiata rispetto all’attuale. Ma non va scordato che i gruppi coreani stanno sì investendo in Europa, però in Polonia ed Ungheria, per fornire le case europee agevolmente. E non sembra essere questo ciò che governo, industriali e dipendenti tedeschi vogliono.

Nell’impulso a produrre batterie in proprio c’è anche chi vede un investimento sprecato. Carlos Ghosn, capo dell’alleanza Renault-Nissan, sembra sicuro della futura di commoditization delle batterie, non diversamente da quanto avvenuto in prodotti dai grandi volumi come i chip. Un settore dove sono certi investimenti colossali ma non lo sono altrettanto i profitti.

Non diversamente dalle materie prime, le batterie potrebbero rivelarsi esposte a quei cicli di boom e crisi che hanno afflitto tanti paesi che hanno nelle materie prime la loro croce e delizia. Forse, viene da chiedersi, lo spread dei Gigawatt potrebbe nascondere brutte sorprese quanto quello tra i titoli di stato?

Ma si tratta di un timore che non ha chi è convinto che questo sia un settore difeso dalla presenza di un ampio spazio per l’innovazione, contrariamente a quello estrattivo ad esempio. Quello che sembra possibile è che nei prossimi anni un boom delle batterie in Germania potrebbe essere analogo a quello del fracking in America: ovvero dal punto di vista della crescita degli investimenti produttivi. Probabilmente non esiste momento migliore per convincere gli investitori e le aziende. Proprio oggi l’indice IFO che misura la fiducia degli imprenditori tedeschi ha toccato i massimi storici…


Credito foto di apertura: ufficio stampa internazionale Daimler