BATTERIE

Bilanciare le reazioni anodo/elettrolita allunga la vita delle celle al litio metallico

A questo lavora con successo un gruppo del consorzio americano Battery500 che è arrivato a produrre celle pouch al litio metallico a elevata densità di energia e in grado di durare 600 cicli grazie a un’idea controcorrente

Il consorzio americano Battery500 ha pubblicato gli interessanti risultati del confronto tra differenti strategie di progettazione di una cella di fattore-forma pouch, molto usata per i veicoli elettrici, con anodo in litio metallico; l’esito del lavoro promette a medio e lungo termine ricadute significative anche oltre i laboratori, per andare a toccare il futuro approccio di design delle batterie commerciali.

Gli anodi in litio metallico sono una irresistibile attrazione per ricercatori ed industria delle batterie per l’elevata capacità di stoccare energia, rispetto a quelli attuali in grafite o in grafite con piccole percentuali di silicio.

Tra i tanti agguerriti gruppi di ricerca al lavoro nel settore si segnalano i risultati appena ottenuti da una squadra partecipante ai progetti Battery500 e formata in gran parte da ricercatori del Pacific Northwest National Laboratory.

Le celle pouch (con catodi NMC, curiosamente gli stessi che proprio in queste ore Renault ha dichiarato essere gli unici necessari ai suoi veicoli per l’intera decade) sono state in grado di durare 600 cicli, meglio di analoghi sforzi compiuti finora e anche più vicino a traguardi realistici per celle commerciali, che dovrebbero durare (almeno) 1.000 cicli per essere competitivi sul mercato delle celle agli ioni di litio.

Il consorzio Battery500, alimentato da fondi del Dipartimento federale dell’Energia, sostiene progetti che sviluppino batterie per uso veicolare più leggere, con maggior densità di energia e meno costose delle attuali.

Il team sta raccogliendo un promettente successo seguendo una strada contro-intuitiva: invece di usare anodi molto spessi perché possano contenere più litio (proprio quello che abitualmente cerca di fare chi sviluppa celle al litio metallico con elettroliti allo stato solido) ha fatto ricorso come anodi a striscioline estremamente sottili di litio, dello spessore di appena 20 micron, molto più sottili di un capello umano e a livello pratico più simili alle sottili membrane usate come separatori degli elettrodi che ad anodi.

“Molta gente ha pensato che strati di litio più spessi avrebbero permesso di raggiungere batterie con cicli di vita più lunghi”, ha commentato Jie Xiao, la principale autrice insieme a Jun Liu (direttore del consorzio Battery500) del paper appena uscito su Nature Energy. “Ma questo non è sempre vero. C’è uno spessore ottimale per ciascuna batteria al litio metallico in base alla sua energia e alla sua progettazione”.

La cella pouch al litio metallico creata dalla squadra nordamericana ha una densità di energia gravimetrica di 350 Wh/kg: sarebbe in effetti molto buona a livello commerciale ma non da record assoluto. In effetti lo stesso nome del consorzio Battery500 è un riferimento all’obiettivo di arrivare a scoprire celle commercializzabili con densità di energia di 500 Wh/kg.

In sintesi, il valore maggiore del risultato svelato dal nuovo paper non è tanto nella densità di energia quanto nella tendenza di questa cella a saperla conservare nel tempo e quindi porre buone basi per avvicinare quel traguardo.

Dopo 600 cicli la capacità ancora disponibile era del 76% di quella originale: un risultato che considerando un intervallo di tempo di 4-5 anni, nella vita di tutti i giorni l’intervallo che passa tra due Olimpiadi o Mondiali di calcio, permette di confrontarli con ricerche su celle al litio metallico del 2015 o 2016 che venivano considerati un successo per aver raggiunto 50 cicli.

Allo stesso PNNL un altro gruppo di ricerca aveva già raggiunto 200 cicli, ma quello ottenuto ora è un passo significativo, anche perché spesso i paper si riferivano a esperimenti con celle a bottone, non trasferibili immediatamente a prodotto legato alle istanze sempre più ambiziose dell’industria auto e dei trasporti in genere com’è quello delle celle pouch o cilindriche.

Studiando la dinamica molecolare dell’anodo gli scienziati sono arrivati alla conclusione che strati più spessi di litio metallico contribuiscono direttamente ad abbreviarne i cicli di utilizzabilità: la cosa è dovuta alle complesse reazioni che si producono tra elettrodo negativo ed elettrolita creando la pellicola che crea gioie e dolori a tutti gli esperti di produzione di celle nota come SEI (solid electrolyte interphase). La SEI una volta formata agisce come una barriera di confine e di scambio che consente a certe molecole di andare dall’anodo all’elettrolita e ritorno tenendo altre molecole sotto controllo.

Uno strato SEI efficiente consente agli ioni di litio di lavorare senza difficoltà ma mettendo barriere a reazioni non volute perché in grado di ridurre prestazioni o anche vita utile della cella. Cercando di migliorare l’efficacia della SEI, i ricercatori si sono resi conto che strisce di litio molto sottili con le caratteristiche che abbiamo indicato poco sopra sono in grado di agevolare la formazione di una buona SEI, mentre anodi con strati di litio più spessi hanno la tendenza ad accelerare la formazione di SEI dannose per la cella. Il paper indica come buona la wet SEI e dannosa la dry SEI.

Impiegando nelle celle coi migliori risultati un elettrolita LiFSI:DME:TTE, il team di Battery500 è riuscito a creare una versione voluta e desiderabile di wet SEI, nel quale il contatto tra elettrolita ed anodo si prolunga rendendo le reazioni elettrochimiche possibili. Questo perché le caratteristiche di morfologia di strati molto spessi di litio metallico portano l’elettrolita a non riuscire a raggiungere tutto il litio per dar luogo alle reazioni volute.

Con strati spessi, l’elettrolita di trova in una situazione di “coperta corta”: fluisce a riempire tasche di litio più profonde ma così facendo lascia a secco altre porzioni di litio metallico che non prendono così parte all’attività della cella e a gioco lungo accorciandone la durata di utilizzo.

L’immagine a sinistra mostra il liquido elettrolitico celeste riempire sacche in un anodo ultra-sottile al litio metallico creando una wet SEI, di colore verde; a destra, l’elettrolita in un anodo molto spesso deve andare più a fondo nelle sacche e il risultato è una dry SEI in cui il liquido non copre tutto il litio, finendo per peggiorare performance e ciclo di vita della cella (credito immagine: Mike Perkins | Pacific Northwest National Laboratory)

Questo è un problema concreto specie in celle commerciali come le pouch che si trovano in tanti veicoli elettrici: qui a parità di condizioni il liquido elettrolitico disponibile nelle celle è da 20 a 30 volte inferiore a quello che può ricoprire l’anodo di una cella sperimentale a bottone, il che pare anche suggerire perché certi risultati di laboratorio non siano necessariamente stati replicati nel prodotto commerciale.

“Il consorzio Battery500 ha fatto grandi progressi nella densità di energia e nell’estendere il ciclo di vita”, ha dichiarato il Professor M. Stanley Whittingham, uno dei tre vincitori del Premio Nobel per la chimica 2019, che ha collaborato al progetto. “Ma c’è ancora molto da fare. In particolare, ci sono problemi di sicurezza con le batterie al litio metallico a cui vanno date risposte. Questo è qualcosa a cui il team Battery500 sta lavorando duramente per risolvere”.

Credito immagine di apertura: courtesy of Jie Xiao | Pacific Northwest National Laboratory