La Porsche Taycan scelta come “veicolo elettrico 2019” da AUTO21
Ci voleva il trapianto di ogni filamento del DNA della marca tedesca nel suo primo modello al 100% elettrico, per conquistare un pubblico diverso e scettico alla mobilità a zero emissioni locali
Quando AUTO21 ha scelto come “veicolo elettrico dell’anno” 2018 la ID R Pikes Peak, un anno fa scrivevamo che quella aperta dal prototipo Volkswagen era l’inizio di “un’era in cui appare chiaro che le auto a zero emissioni, che oggi reggono il confronto sulle alte prestazioni con le auto convenzionali solo quando la sfida è di breve durata, in un futuro più o meno distante potranno prefiggersi qualsiasi obiettivo”.
Con la sua Taycan, Porsche oltre a prefiggersi un obiettivo tecnico e di performance elevato ha fatto un ulteriore passo avanti: ha conferito a un modello elettrico una consistenza di prestazioni che è diventata un immediato punto di riferimento per ogni altro veicolo elettrico.
Ma soprattutto ha fatto qualcosa che forse a nessun altro sarebbe riuscito in modo altrettanto brillante: aprire uno spazio nuovo in grado di attirare verso il settore delle auto a zero emissioni locali un pubblico che, senza l’impegno della casa tedesca, se ne sarebbe tenuto ancora lontano e forse ancora a lungo.
Man mano lo spazio dei modelli elettrici si espande, è cresciuta la polarizzazione del gradimento verso questi veicoli: una contrapposizione che in certi casi è diventato un muro. Se il 2019 è stato l’anno del trentennale del crollo del muro di Berlino, buttando giù le vecchie mura e ristrutturando il sito di Zuffenhausen per accogliere la nuova generazione di Porsche elettriche a Stoccarda hanno anche iniziato a fare breccia nel pubblico più refrattario al cambiamento.
Per questo suo ruolo imprevedibilmente pionieristico, ancora più che per le sue qualità, AUTO21 ha scelto Taycan come “veicolo elettrico dell’anno”. Con Taycan per la terza volta nella storia della marca tedesca manager e tecnici hanno scelto di investire molto, €6 miliardi, per mettere insieme concetti apparentemente incompatibili con l’essenza Porsche: lo “sdoganare” il mondo elettrico era un compito ancora più arduo del superare i precedenti ostacoli (diesel e SUV).
Nello spazio di pochi mesi Taycan ha fatto nascere una inaspettata rivalità con Tesla: ma tra tanti esercizi di comparazione qualcosa che non è comparabile, al contrario delle specifiche tecniche, è la clientela tipica. Tesla ha fatto leva su chi già aveva aperto la porta alle Prius e ancora prima alle EV1.
Mentre la casa di Elon Musk ha attirato persone con una attitudine da evangelizzatore e in qualche caso altrettante idiosincrasie, Porsche si è mossa mettendo il piede nella porta di un pubblico del tutto diverso. Un pubblico che, quando sa chi sia Greta Thunberg, non è per questo detto che abbia per lei e la sua causa simpatia.
In un contesto di crisi climatica l’edificio della mobilità sostenibile ha bisogno di ogni mattone: i mattoni che Porsche sta posando sono particolarmente importanti perché tutti o quasi collocati in un terreno poco favorevole.
E cosa poteva fare il cavallino rampante di Stoccarda per attirare verso il mondo della guida silenziosa il suo benestante e scettico cliente se non dimostrargli che con la Taycan si può permettere quello che fa con la 911, incluso divertirsi ad un Track Day?
Al contrario del cliente tipico dell’auto elettrica, e questo vale ancora di più per quello Tesla, che non vede l’ora che l’Autopilot possa guidare la sua auto per il 99% del tempo, all’attuale e probabilmente anche al futuro cliente Porsche sembra ancora interessare il contrario.
Questo spiega perché la Taycan sia stata sottoposta alla Triple Endurance Run, iniziata con la dimostrazione più importante, all’aeroporto di Lahr: un test che consisteva in 26 prove di accelerazione successive da zero a 200 km/h, completate senza netti decadimenti delle prestazioni.
Quei decadimenti che erano finora una consuetudine, come effetto delle contromisure dei sistemi di gestione delle batterie, orientati a proteggere la vita utile di celle e moduli.
Sono due gli aspetti che anche a distanza di tempo resteranno salienti nel video della trasmissione Fully Charged dedicati a quel test: il divertimento a tratti fanciullesco del presentatore Jonny Smith che per la prima volta ha scoperto un’auto elettrica in grado di ripetere l’operazione di Launch Control a piacere, ma soprattutto la risolutezza di Bernd Propfe, direttore della piattaforma nel progetto Taycan, a sottolineare come questa elettrica sia una “vera Porsche”.
Una vera Porsche che, oltre a un giro da record al Nürburgring (in questo caso il meno significativo dei tre test) ha completato in 24 ore di marcia incessante (ricariche rapide a parte) sulla pista di prova pugliese di Nardò 3.425 chilometri. Il tutto senza problemi malgrado le temperature e condizioni estive.
La consistenza delle prestazioni anche con uso prolungato è infatti l’altro aspetto di cui Porsche aveva bisogno per poter affrontare quella clientela, circoscritta ma determinante per la marca, che prende alla lettera la mancanza di limiti di velocità sulle autobahn tedesche.
Questo cliente-tipo non si sarebbe mai adattato a guidare un’auto elettrica con la “tagliola” della protezione dei sistemi applicata dopo usi prolungati, un problema ben documentato fino ad oggi in pratica per ogni modello concorrente.
Come Porsche ci sia riuscita alla fine dei test Stefan Weckbach, il vicepresidente della gamma Taycan, lo aveva riassunto sottolineando che “numerosi fattori contribuiscono a queste prestazioni e all’efficienza del powertrain, anche a velocità elevate, tra cui la tecnologia del telaio che reagisce in una frazione di secondo, nonché l’eccezionale aerodinamica”.
In effetti gli ingegneri potrebbero compilare una lista molto più lunga e dettagliata, che parte dal sistema elettrico a 800 volt, continua con i motori sincroni a magneti permanenti studiati per massimizzare “l’impronta del rame” e minimizzare il calore usando avvolgimenti rettangolari invece che rotondi e procede fino all’integrazione certosina dell’aerodinamica con gli impianti di bordo di raffreddamento ed aerazione.
Spremere il massimo di prestazioni in modo affidabile e ripetibile è un compito che Porsche è abituata ad affrontare. Stiamo parlando della casa che prima ha costruito una supercar come la 959 e poi l’ha spedita a vincere la Dakar. La Dakar ai limiti della resistenza umana e meccanica che finiva, appunto, in Senegal, non l’odierna corsa.
Ancora per sottolineare che il DNA conta, nel progetto di un’auto elettrica è ormai scontato il fatto di partire da un pianale che integri i moduli delle batterie, in questo caso da 80 o da 96 kWh. Un altro modo per dire un veicolo con il baricentro basso.
E quale altro costruttore auto ha altrettanta esperienza con motori boxer nati per tenere basso il baricentro? C’è da meravigliarsi se la Taycan ha un centro di gravità più basso di quello della 911, già uno dei migliori del settore?
La scheda tecnica riletta da cima a fondo più volte sembra segnalare anche un’altra intenzione da parte della casa tedesca, che potremo valutare con precisione solo quando le consegne dalle poche unità attuali saliranno a migliaia (la produzione 2020 dovrebbe attestarsi sulle 20.000).
Oltre a trasportare il cliente Porsche-tipo nel nuovo mondo delle auto silenziose, un aspetto fondamentale come le dimensioni scelte per la prima elettrica della marca, molto più vicine alla Panamera che alla 911, fanno pensare che chi vende queste auto si attenda che Taycan diventi un modello usato abitualmente, come una Macan piuttosto che come una 911.
Se così fosse questo sarebbe il successo definitivo del progetto a zero emissioni della casa di Zuffenhausen, un’intenzione che probabilmente si potrà misurare solo scoprendo le quote di gradimento della Taycan 4S e della Taycan base, che deve ancora essere presentata, rispetto alle meno avvicinabili e Turbo e Turbo S.