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Il trasporto pubblico più “verde” trova taxi ed autobus sotto l’albero

Dai taxi ibridi di Londra agli autobus elettrici della Cina diventa sempre più visibile l’impronta dei veicoli che meno pesano sull’aria che si respira nelle città

A chi abbia trascorso a Londra il Ponte dell’Immacolata 2017, potrebbe essere capitato di imbattersi per la prima volta nel nuovo taxi nero. Se è al 100% riconoscibile come taxi inglese, è insolito perché sa essere silenzioso. Sui taxi di Londra è infatti spuntato il range extender e nel centro storico ora possono viaggiare a batteria.

Quella che una volta si chiamava London Taxi Company ha rinnovato completamente il modello. Adesso l’azienda si chiama London Electric Vehicle Company e, anche se costruisce veicoli dall’aspetto britannico, è in realtà come Volvo Cars una divisione del gruppo cinese Geely.

Per arrivare a venderne 10.000 l’anno nel mondo (ed entro il 2021 9.000 nella sola Londra, che dovrebbe così rinnovare metà della propria flotta) queste vetture di piazza a sei posti hanno ora Wi-Fi, porte USB ed anche un tetto panoramico. Ma anche la telaistica ed il  motore sono cambiati e molto.

Tra spinta del motore e della batteria un autista può muoversi con una autonomia di 600 chilometri (128 con la sola spinta delle celle della coreana LG Chem). Per acquistare uno di questi veicoli apparentemente convenzionali ma in realtà anche più leggeri e rigidi, grazie ad abbondante uso di alluminio, un autista deve sborsare £55.000 (€62.500), con la prospettiva però di risparmiare in media £100 a settimana sui costi di rifornimento.

La città di Londra non solo ha deciso di mettere al bando entro il 2040 i motori convenzionali, ma prevede che i taxi debbano essere ibridi oppure al 100% elettrici. Per gli autisti la scelta ormai quindi si restringe, il che sembra una buona notizia per il produttore dei taxi neri ibridi, che ha iniziato a prendere i primi ordini anche in Europa continentale: 225 finiranno in Olanda ad Amsterdam.

Londra è una metropoli che nel mondo ha fatto scuola nel proporre soluzioni ai problemi che pongono le realtà urbane. Ma nel mondo di questo secolo i segnali di cambiamento sempre più spesso arrivano da grandi metropoli poco familiari e fuori dai circuiti turistici, almeno quelli noti agli italiani. Nel trasporto urbano provengono da posti come la canadese Vancouver, oppure da Shenzhen.

Si tratta di una città del sud della Cina di poco meno di dodici milioni di abitanti che è cresciuta esponenzialmente insieme al boom delle nuove tecnologie, in cui molti dei suoi distretti eccellono. Nel 2009 ha schierato i suoi primi autobus elettrici, appena un anno prima che a Milano l’ATM mettesse in linea quattro autobus ibridi.

Milano ora ha preso l’impegno (come altre undici metropoli tra cui la stessa Londra) di acquistare solo autobus non inquinanti dopo il 2025. Nel frattempo tuttavia Shenzhen ha messo sulle proprie strade 14.500 autobus elettrici. Ed entro fine anno prevede di avere nella sua flotta solo bus elettrici per assicurare un trasporto pubblico più verde (i cinesi dicono però più blu).

Forse i numeri delle metropoli asiatiche sono qualcosa che può sfuggire all’immediata comprensione di chi li guarda dalla Vecchia Europa. Tra ATAC e ATM, i due maggiori gestori italiani di linee urbane di autobus messi insieme non arrivano a 3.000 veicoli.

Come ha annotato con un certo stupore Nathaniel Bullard in un recente articolo per Bloomberg, se si mettono tutti insieme gli autobus dei gestori americani di New York, New Jersey, Los Angeles, Chicago e della canadese Toronto ancora non si arriva a superare il totale di Shenzhen.

Ma si tratta di autobus convenzionali nella maggior parte dei casi, che quindi bruciano combustibili fossili e se sono in grado di alleggerire il traffico non sono in grado di fare lo stesso con l’aria delle città. In tutta la Cina invece nel 2016 di autobus elettrici se ne sono venduti 116.000.

Quest’anno saranno di più. A Shenzhen in particolare i mezzi pubblici a batteria hanno gioco facile: BYD Co., che li produce e del settore è leader, ha la sua sede proprio lì, dove costruisce pure automobili e anche i taxi elettrici che sono stati scelti da poco da Bruxelles.

Ma più in generale quello che succede con l’adozione da parte di un numero crescente di aziende di soluzioni più amichevoli per l’aria delle metropoli è l’innesco di un circolo virtuoso. Un circolo che, come nel caso degli autobus elettrici, potrebbe confermarsi per i taxi ibridi della divisione inglese di Geely.

Gli ordini che aumentano calmierano i prezzi, specie quelli delle batterie. I costi che calano incoraggiano altri clienti a metterli in servizio e man mano la domanda cresce migliorano i conti delle aziende produttrici, che possono introdurre economie di scala che fanno ulteriormente limare i prezzi di taxi e/o autobus per assicurare alla fine un trasporto pubblico più verde.


Credito foto di apertura: ufficio stampa  London EV Company Ltd.