Amministrazione controllata per Fisker: aveva già fermato la produzione del suo SUV
La società di Henrik Fisker era in cattive acque da mesi dopo il lancio problematico del SUV elettrico: ora sta cercando la protezione dai suoi creditori appellandosi al Chapter 11 previsto in America
Nel mondo dell’auto elettrica la notizia, buona o cattiva che sia, meno sorprendente di tutto il 2024 sarà probabilmente la conferma ufficiale che dopo mesi molto travagliati alla fine il costruttore Fisker ha scelto la strada dell’amministrazione controllata e della protezione dai suoi creditori aderendo alle agevolazioni previste dalle norme americane note legalmente come Capitolo 11.
Uno sviluppo atteso ma che pone interrogativi sull’ulteriore fallimento del suo fondatore, da qualcuno considerato perfino un potenziale sfidante di Tesla, ricordando i suoi momenti d’oro che però sono stati sempre collegati a marchi tradizionali, piuttosto che a startup.
Invece non solo l’azienda del manager danese Henrik Fisker non ha mai raggiunto le dimensioni di Tesla, ma è rimasta molto al di sotto delle aspettative in termini di vendite di unità. E si dibatteva da tempo tra tanti ostacoli nel cercare di raggiungere nella pratica un sogno in teoria attraente, ovvero fare l’auto elettrica come Apple realizza gli iPhone, con fornitori a contratto esterni.
Ma la grande speranza, che dopo aver accarezzato l’idea di partire dalle Supercar ha invece puntato sul più accessibile alla massa SUV elettrico Ocean, non solo ha accusato molto ritardo anche per problemi coi fornitori, ma ha fatto sembrare Fisker davvero grande solo nei titoli.
Poi, con l’inizio delle consegne, le cose sono se possibile peggiorate scontrandosi con la realtà: i primi clienti e la stampa di settore hanno criticato software e “bachi” tecnici. Le batterie perdevano la carica più rapidamente, le portiere non potevano essere aperte, i sensori erano difettosi e, ad alta velocità, il cofano a volte si apriva… Insomma, nella fase che avrebbe dovuto soffiare col vento in poppa gli investitori non hanno mancato di notare la cattiva pubblicità.
Inoltre il modello-Tesla con cui Fisker cercava di replicare le vendite senza passare dai concessionari ha zoppicato e il fondatore ha dovuto fare una precipitosa marcia indietro per uscire dalla brutta situazione dallo scorso inverno, ma i fatti non gli hanno dato il tempo ed è arrivata l’amministrazione controllata.
A febbraio Fisker ha dovuto mettere in guardia gli investitori a norma di legge sui rischi di insolvenza, malgrado affermasse all’epoca di avere ancora tempo per realizzare il risanamento finanziario o trovare investitori. Una speranza che si aggrappava soprattutto a una cooperazione nei pickup elettrici con Nissan che tuttavia non è approdata ad alcun risultato e senza apportare iniezioni di denaro, urgenti per Fisker.
Così a inizio primavera, dopo che l’azienda aveva mancato di pagare gli interessi sulle sue obbligazioni convertibili, la produzione dell’unico modello Fisker, il SUV Ocean, era stata interrotta dal produttore a contratto austriaco Magna International, ufficialmente sospesa per sei settimane “per ridurre le scorte”. Ma poi la pausa produttiva è stata prolungata fino alla fine di giugno e la filiale austriaca era già fallita. Adesso arriva l’insolvenza della principale società, basata negli Stati Uniti.
Secondo la società, il Fisker Group, la filiale operativa di Fisker Inc., ha presentato istanza di protezione fallimentare ai sensi del Capitolo 11 nello stato del Delaware. “Dopo aver esaminato tutte le opzioni per la nostra azienda, abbiamo concluso che una vendita di asset ai sensi del Chapter 11 è la strada più praticabile per l’azienda”, si legge nella dichiarazione. Si dice che le attività tra circa $500 milioni a $1 miliardo siano compensate da passività comprese tra $100 milioni e $500 milioni.