ECONOMIA CIRCOLARE

Apre il Laboratorio R²BATT, da protagonista nella scienza del riciclo

Pavia e università partner candidano il nuovo polo della ricerca sui materiali delle batterie arrivate a fine vita a capitale italiana di un’economia circolare perno del futuro green

Il prossimo 3 marzo presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia verrà inaugurato il Laboratorio R2BATT, struttura a cui hanno dato vita le Università di Pavia e Milano Bicocca per occuparsi attivamente del recupero con metodologie green e sostenibili dei materiali critici contenuti nelle celle agli ioni di litio giunte a fine vita.

Il materiale in questione è quello presente nella black mass delle batterie trattate con metodi meccanici dai partner di EcoCIRC, frutto di un accordo di collaborazione tra Regione Lombardia ed università ed enti di ricerca (Politecnico di Milano, Università di Milano Statale e Bicocca, Università di Pavia, CNR-STIIMA) per la realizzazione di un’innovativa infrastruttura pilota regionale di supporto alla transizione verso l’economia circolare dei veicoli elettrici.

Dopo una fase iniziale di gestazione, il programma EcoCIRC (coordinato dal Professor Marcello Colledani del Politecnico di Milano) è ora entrato nella fase operativa con la costituzione di laboratori di ricerca e sviluppo tecnologico presso i vari membri del programma coinvolti, contribuendo a porre le premesse per attività in grado di tradurre il potenziale tecnologico e scientifico in impresa.

I primi frutti destinati ad essere visibili al Laboratorio R2BATT attingono a studi che sono stati pubblicati dai Professori responsabili dell’hub di Pavia, Eliana Quartarone e Piercarlo Mustarelli, su ChemSusChem, una rivista scientifica edita da Chemistry Europe dedicata alla chimica verde e sostenibile.

Un filone di ricerca che appare prezioso è quello sui cosiddetti Deep Eutectic Solvent (o per brevità DES), utilizzati per estrarre con alte percentuali di successo metalli come litio, manganese, cobalto e nichel dalla massa nera di celle commerciali. L’interesse verso i solventi a eutettico basso è iniziato verso il 2014-2015 e cresciuto molto in questo inizio di decennio, come questa testata aveva già avuto modo di segnalare in passato.

I due processi principali di recupero delle batterie contano su tecnologia pirometallurgica, caratterizzati da alte o altissime temperature, oppure idrometallurgica, basati su immersioni e percolazioni. Quello a cui si lavora nel caso del laboratorio di Pavia è un processo definito solvometallurgico, che è una versione più soft e più green del recupero mediante idrometallurgia: ha il vantaggio di richiedere minori temperature e tempi di lavorazione inferiori ai processi alternativi.

Nell’articolo open access, sono indicati dettagliatamente i processi di recupero di materiali critici (con particolare riguardo a litio, cobalto, nichel e manganese) da diversi tipi di materiali catodici attivi presenti in celle con chimica basata su diffusi ossidi come LMO, LNCO (a cui si riferisce la catena completa descritta nell’immagine di apertura), LNMO. I rendimenti sono stati elevati e superiori, in qualche caso molto superiori, al 90%.

La ricerca che lavora ai processi di economia circolare ha già iniziato a puntare anche ad altri catodi con struttura ternaria, come quelli ad alte prestazioni NMC (ovvero nichel-manganese-cobalto) molto diffusi nelle auto elettriche odierne, con differenti trattamenti messi a punto per aumentare la resa di recupero dei diversi metalli, fino al 99% per il manganese, ad esempio.

Come i loro “cugini” liquidi ionici, che stanno attirando una grande quantità di esperimenti per mettere a punto elettroliti liquidi molto più performanti per le celle agli ioni di litio, i DES sono caratterizzati da una bassa volatilità e da una alta stabilità termica.

Ma rispetto ai liquidi ionici i DES sono meno costosi e anche più facilmente ottenibili e più biodegradabili; pertanto il processo di estrazione può essere svolto in condizioni di minore aggressività e tossicità rispetto ad altri metodi impiegati a livello industriale.

Alcuni sono noti anche ai non addetti ai lavori: come il cloruro di colina (o Vitamina J) o l’acido lattico. I DES selezionati per la ricerca che ha portato i risultati sul paper intitolato “Cathode Active Material Recycling from Spent Lithium Batteries: A Green (Circular) Approach Based on Deep Eutectic Solvents” erano di due tipi: uno formato da cloruro di colina/acido lattico e uno da cloruro di colina/glicerolo.

Da non trascurare il fatto che altri materiali presenti in una cella, come l’alluminio del collettore di corrente o i leganti non sono disciolti dai DES finora messi alla prova, rendendo quindi possibile anche la separazione e il riuso di questi materiali.

La strategia pianificata dagli scienziati italiani che saranno al timone del Laboratorio R2BATT ha inoltre previsto il riuso dei solventi coinvolti nel processo di liscivazione per più di una procedura, rendendo quindi facile rigenerarli per ulteriori applicazioni.

I materiali critici recuperati hanno dimostrato una purezza sufficiente a consentirne la reimmissione nella filiera di produzione delle batterie agli ioni di litio, visto che celle con catodi LNCO commerciali e con catodi basati su metalli riciclati hanno fornito performance analoghe quanto a efficienza coulombica e capacità specifica nei test di laboratorio.

Questo comporta che metalli recuperabili inclusi nella lista europea dei CRM o critical raw metals potranno nel prossimo futuro contribuire ad alimentare un’industria delle batterie più efficiente e virtuosa e meno dipendente da mercati e paesi ad alta volatilità.

Credito immagine di apertura: R. Morina, D. Callegari, D. Merli, G. Alberti, P. Mustarelli, E. Quartarone, ChemSusChem 202215, e202102080.