Uno dopo l’altro Elon Musk perde tutti i primati, tranne quello social
Tesla spicca tra i gruppi sotto pressione in giornate dominate dall’Orso sui mercati: l’azienda dell’uomo più ricco del pianeta continua una traiettoria che la rende sempre meno riconoscibile
Il periodo, specie la settimana appena conclusa, non è stato straordinariamente agitato solo per Tesla, questo no. La chiusura di Wall Street di venerdì scorso ha portato i mercati dei capitali alle soglie di una fase dominata dagli Orsi e coi Tori invece attesi da un momento, non si sa quanto lungo, di digiuno. Per cui dati che indicano come nel caso di Tesla un calo settimanale del 13,73%, del 33,94% nell’ultimo mese e del 37.18% da inizio anno non sono così rari sfogliando le schermate delle società quotate.
Ma quando come in queste settimane un panorama è pieno di incendi, buttare altra benzina sul fuoco non sembra la soluzione migliore e invece è quello che avviene a ciclo continuo quando c’è di mezzo Elon Musk.
Che per restare solo alle ultime ore sembra aver scelto di fare marcia indietro sull’acquisizione di Twitter e ha deciso di diventare un elettore del Partito Repubblicano, nonostante la maggior parte di chi voterà proprio come lui si entusiasmi ogni volta che vede un’auto elettrica con la batteria in fiamme. Infine, per non farsi mancare niente, Musk si deve difendere anche da accuse di molestie sessuali.
Pertanto, ripetiamo, l’attuale momento non è solo una fase che riguarda Tesla o Musk. Ma a maggior ragione in un periodo così ricco di trappole e sorprese, investitori e risparmiatori devono porsi domande sulle premesse che finora sono state poste per spiegare la capitalizzazione di borsa astronomica che ha reso Musk la persona più ricca del pianeta.
In particolare, poche ore fa ha commentato Jack Ewing sul New York Times: “la valutazione Tesla da $1.000 miliardi aveva senso solo se gli investitori credevano che la società dell’auto elettrica fosse su un percorso in grado di portarla a dominare il settore auto nel modo in cui Apple prevale negli smartphone o Amazon emerge nel commercio online“.
Un ruolo di leader, quindi. Schiacciante. Indiscutibile. Il fatto è che, proprio in questo periodo, quel ruolo di leader giustificato dai fatti diventa sempre meno evidente. Tesla nel recente passato era la casa delle auto elettriche con le migliori batterie, con più autonomia, migliori prestazioni e per molti anche col miglior sistema di assistenza alla guida, considerato che in così tanti sono stati disposti a pagare anticipatamente $12.000 per non averlo.
Al momento attuale il solo primato che appare chiaro (e non è certo un primato di dettaglio) è quello che riguarda i volumi: l’apertura di Shanghai prima e nelle scorse settimane di Germania e Texas sembra in grado di assicurarle per ancora qualche tempo un ruolo di leader almeno nei numeri di immatricolazioni. Anche se restano da scoprire gli effetti dei problemi alla produzione in Cina e quale sarà il progresso nelle linee di montaggio in Germania e Texas.
Se guardiamo altrove invece, gli altri primati di eccellenza che sono stati fondamentali nel rendere Tesla sinonimo di innovazione, li ha persi uno per uno e alcuni ormai da diverso tempo: quello sull’autonomia di marcia ad esempio. Le auto di Musk sono state superate da tempo in chilometraggio massimo dalle Air di Lucid Motors realizzate dall’ex-Tesla Peter Rawlinson.
E se le vetture extra-lusso prodotte in Arizona sulle strade sono ancora poche, un segnale ben più palese ad indicare che padroneggiare l’autonomia non è una esclusiva Tesla, è stata la dimostrazione Mercedes-Benz col prototipo Vision EQXX: che ha saputo marciare ininterrottamente da Stoccarda a Cassis senza bisogno di alcuna sosta ad una colonnina. Non solo: la casa di Stoccarda con questo progetto sta indicando con chiarezza come nell’elettrico l’efficienza sia la bussola da seguire rispetto ad altre considerazioni.
Se l’autonomia non è più un simbolo tra molti primati Tesla, non lo è più neppure la performance: la prestazione per Tesla è sempre stata soprattutto lo sprint al semaforo all’americana, lo 0-100 km/h in tempi rapidissimi. Ma la ricerca di prestazioni sostenute senza decadimento, che è stata invece il mantra Porsche fin dal lancio della Mission E poi diventata Taycan, non è ancora stata padroneggiata a dovere a Palo Alto prima e ad Austin poi.
Per settimane abbiamo sentito parlare di test al Nurburgring per stabilire un record definitivo per un’elettrica stradale; ma quel record Tesla non è mai arrivato. Ora invece ancora il gruppo Mercedes dopo l’efficienza si muove sulle performance e per la propria divisione sportiva AMG ha appena presentato un concept di modello sportivo al 100% elettrico.
Vision AMG è basato sulla piattaforma AMG.EA, modificata rispetto a quella EVA delle berline EQS ed EQE per creare un’impalcatura più adatta a silhouette più dinamiche. Dal 2025 vedremo i modelli in cui si tradurrà e la tabella di marcia appare molto più certa di quella della Roadster, annunciata ma non attuata.
Come se non bastasse anche la nemesi Porsche sta continuando a perfezionare il prodotto quanto a performance assolute: a giugno esordirà a Goodwood la 718 Cayman GT4 ePerformance nata come costola del concept Mission R. Si può definire la prefigurazione di come sarà la famiglia Cayman in versione elettrica e a Stoccarda non hanno mancato di sottolineare che la sua batteria sarà in grado di superare la mezz’ora di gara sprint che oggi affronta abitualmente ogni esemplare convenzionale impegnato nelle corse Carrera Cup.
Tesla specialmente dopo il lancio della cella cilindrica 4860 veniva da molti considerata la miglior speranza globale per vedere presto una buona ed efficiente auto elettrica a prezzi accessibili. Un progetto che dopo una fase di illusione iniziale lo stesso Musk ha fatto mettere da parte. Ma quello che non sta facendo Tesla riescono a fare invece altri.
Anzitutto in Cina: se Model 3 e Model Y non sono i modelli record di vendite è perché da molti mesi i cinesi in massa hanno adottato la Wuling Hongguang Mini EV. Questo fenomeno da meno di $15.000 nelle versioni più lussuose non solo è comprato, ma è amato, come i nostri nonni volevano bene alla loro prima auto, magari una Fiat 600.
Ma se per i cinesi come la joint venture SGMW era relativamente facile fare un’elettrica poco costosa, non era scontato che fosse possibile farlo per i giapponesi, che da lustri ormai di fronte al costo del lavoro nazionale hanno spostato produzioni all’estero.
Invece i partner dell’Alleanza franco-giapponese hanno appena presentato contemporaneamente la Nissan Sakura, con batteria da appena 20 kWh per il mercato delle kei car giapponesi che finora vede una quota di appena l’1,7% di elettriche pure. Sarà chiamata Mitsubishi EK X EV nella versione della marca dei diamanti. La Nissan, anticipata nell’estate di un anno fa, costerà 1,78 milioni di yen ($13.900) tasse e sussidi governativi inclusi. Per il primato Tesla nelle elettriche a prezzi accessibili, vedremo, e in altri settori no va meglio.

Autopilot è sempre più un punto di domanda, più che una risposta. E non solo perchè non cessa di allungarsi l’elenco di indagini delle autorità della sicurezza del traffico su incidenti nei quali è sospettato di aver giocato un ruolo. Il punto è che le società che hanno come core business creare robotaxi o sistemi di guida autonoma avanzata, quali Waymo, Cruise, Argo AI continuano ad ampliare le loro attività e le città in cui operano. Senza conducente e senza supervisori a bordo.
Tesla, al contrario, continua a non volersi assumere alcuna responsabilità per l’Autopilot perché mantiene la clausola della vigilanza permanente del cliente sull’operato del sistema, una clausola da cui invece case come Honda in Giappone e Mercedes-Benz in Germania per alcuni modelli equipaggiati di sistemi di Livello 3 SAE hanno deciso di sollevarli per percorsi a bassa velocità e in zone accuratamente mappate, di solito autostradali o nelle grandi tangenziali.
Cosa resta quindi come primato a Tesla? Musk sta sempre più radicalizzandosi, come il suo amico ed ex-socio Peter Thiel in una idiosincrasia verso quello che è verde, californiano e democratico (inteso come partito americano dell’asinello). In buona sostanza contro tutto quello che almeno fino a un paio di anni fa era l’80% della sua clientela. Una clientela che spesso era interessata anche a trovare in Tesla quei fattori ESG di valore ambientale, sociale e di governance che cerca anche in prodotti, ad esempio, alimentari o nella scelta delle vacanze.
Ma proprio come Thiel e la destra americana, anche Musk ormai è diventato insofferente di quello che riguarda l’ESG. Ancora una volta il confronto è interessante con una rivale come Mercedes-Benz: sotto l’amministratore delegato Ola Kallenius la casa della stella a tre punte non sta diventando una marca più popolare, anzi. Taglierà modelli entry-level e creerà una nuova divisione Mythos ancora più esclusiva.
Ma, con alle spalle una storia industriale che ha attraversato una fase sotto l’esecutivo nazista, questo non vuol dire che Mercedes-Benz non voglia decidere di guardare alle catene del valore senza mettere sotto il tappeto realtà scomode o responsabilità ambientali.
Se sono stati fatti i conti con responsabilità sui tragici Anni ’30 e ’40, si può ben lavorare sulla certificazione del cobalto o all’origine verde dell’energia. Pertanto i vertici Mercedes-Benz non hanno mai minimamente ritenuto una “resa” alle tesi woke mettere in calendario una giornata ESG, come avvenuto poco fa.
Invece il fatto che un pessimo track record Tesla in termini non tanto ambientali quanto di responsabilità sociale e di governance ha fatto sì che la società S&P abbia deciso di togliere proprio il colosso dell’auto elettrica dall’indice che include le azienda in regola con questi criteri. Musk è “andato a limitatore” in proposito, imitando il suo amico Thiel, che definisce da tempo le credenziali ESG “roba da Partito Comunista Cinese”.
Ma Thiel sembra non sapere che in realtà Musk dell’esecutivo cinese ha una opinione molto migliore della sua: come noto da tempo la direzione del partito di Shanghai ha deciso di appoggiare ad ogni costo il successo della Gigafactory cinese dell’uomo più ricco del mondo.
E ora sta collaborando alla ripresa dell’attività produttiva anche in fase di crisi sanitaria con la soluzione del closed loop, termine tecnico che comporta che la forza lavoro sarà chiusa dentro alla fabbrica in dormitori di fortuna per un periodo che arriverà per il momento alla metà di giugno.
Non sarà quello di Tesla ovviamente il solo caso di fabbrica di Shanghai che faccia ricorso a questa misura estrema per tenere in moto le linee di montaggio. Ma quando si pensa alla responsabilità sociale di una casa verso il suo organico, quella di chiuderlo dentro per settimane non appare quella che dovrebbe essere in cima alla lista. Anche il primato morale Tesla, per quanto molto controverso vista la personalità vulcanica di Musk, appare quindi qualcosa che appartiene al passato.
Se Tesla perde primati uno dopo l’altro, Musk si cerca nuovi amici e, dopo il Partito Comunista di Shanghai, sembra averne trovati di nuovi in Texas e più in generale nell’opinione pubblica degli Stati Uniti che ha supportato l’amministrazione di Donald Trump.
Questi non erano gli stessi compagni di viaggio che, ha scritto Kara Swisher sul New York Times, hanno consentito a Musk “attraverso Tesla di spingere quasi da solo il settore dei veicoli elettrici nel mainstream e, con SpaceX, di trasportare la tecnologia spaziale in una nuova era coi razzi riutilizzabili”.
Ma si tratta degli amici che Musk ritiene evidentemente più utili per sé e per Tesla. Non vediamo come sia possibile azzardare una previsione sul contributo che potranno dare al riportare la casa auto americana in posizione di leadership lì dove è stata superata. Invece siamo relativamente certi che aiuteranno il suo proprietario a mantenere un ruolo da primato nella comunicazione sui social media.