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Studio sul campo del politecnico Chalmers per la sicurezza della micromobilità

I ricercatori di Chalmers, guidati dal professor Marco Dozza, hanno presentato un quadro per l’integrazione sicura della micromobilità nei sistemi di trasporto urbani

I ricercatori della Chalmers University of Technology stanno lavorando per identificare un quadro preciso in grado di confrontare il modo in cui diversi mezzi della micromobilità quali monopattini e biciclette si muovono nelle città, una metodologia che può avvantaggiare sia le aziende del settore che le istituzioni locali contribuendo a migliorare la sicurezza del traffico.

L’articolo firmato dai ricercatori dell’ateneo svedese, è stato pubblicato nel Journal of Safety Research ed ha avuto come occasione di indagine la recente proliferazione dei monopattini ed altre alternative urbane degli ultimi anni. Offrono ai cittadini un modo nuovo e conveniente per spostarsi, gradito sia nella fase pre-pandemica per ragioni forse più legate alla moda ed ultimamente per cercare una alternativa conveniente all’esplodere dei prezzi del carburante che li rendono economici.

Tuttavia il loro arrivo non è stato senza attriti: le preoccupazioni più comunemente espresse relative agli utilizzatori di monopattini elettrici sono state sulla loro tendenza ad infrangere le regole del traffico, a guidare troppo velocemente e a parcheggiare in modo inappropriato.

Forse la cosa più preoccupante è che i database degli incidenti, così come gli archivi degli uffici sinistri delle assicurazioni, mostrano un aumento chiaro e sproporzionato degli incidenti con l’aumentare del numero di e-scooter.

Le autorità locali in ogni metropoli o città in cui sono arrivati hanno cercato di rispondere a queste preoccupazioni attraverso misure come restrizioni di velocità, richiedere agli utenti di indossare caschi protettivi, aree di parcheggio designate e limitando il numero di scooter o operatori consentiti in città, o anche con divieti totali, dai quali più di una città è peraltro tornata indietro.

Marco Dozza, che è professore di Sicurezza Attiva e Comportamento degli Utenti della Strada presso la Chalmers University of Technology e autore di riferimento del paper, ha commentato: “gli e-scooter non sono necessariamente più pericolosi delle biciclette, ma sono spesso percepiti come tali, probabilmente a causa della loro scarsa familiarità e del comportamento dei loro guidatori”.

Il docente, formatosi all’università di Bologna e che ha firmato uno studio nel quale è stato impehgnato anche un altro ricercatore italiano (Alessio Violin), prosegue: “Mentre la bicicletta beneficia di norme sociali, regolamenti e infrastrutture stabiliti, lo stesso non è vero per i nuovi veicoli di micromobilità, come monopattini, Segway, monoruota, skateboard elettrici e così via. La diffusione e l’utilizzo di questi veicoli è destinato ad aumentare, quindi trovare modi per integrarli in sicurezza nel sistema di trasporto è una sfida vitale e urgente”.

Per capire cosa renda la guida dei veicoli della micromobilità meno sicura e come questo si confronti con la guida di una bicicletta convenzionale sono necessari dati completi. Le aziende di scooter hanno già accesso a enormi quantità di dati, perché tracciano ogni corsa utilizzando il GPS, ma la qualità dei dati tende ad essere utile solo per i servizi di logistica e mappatura, fornendo al contempo informazioni insufficienti sulla sicurezza. I dati sui ricoveri ospedalieri e i rapporti della polizia possono aiutare ad apprezzare le dimensioni del problema di sicurezza, ma non possono spiegare perché si verificano incidenti.

Quello che manca è un framework per la raccolta e l’analisi dei dati per capire cosa possa rendere il comportamento del guidatore non sicuro causando incidenti. Dozza e collaboratori presentano esattamente questo: i ricercatori delineano un processo per la raccolta dei dati sul campo e l’analisi che è destinato ad essere ripetibile e adattabile per diversi veicoli, dall’identificazione di utili manovre di prova, alla misurazione e all’analisi dei risultati degli esperimenti successivi.

Nel loro studio-pilota hanno confrontato direttamente biciclette e monopattini, dotandoli di sensori (inclusi LiDAR) e strumenti di misurazione e testando i piloti su varie manovre comuni, coinvolgendo combinazioni di frenata, sia pianificate che in reazione a un segnale casuale, e sterzate a differenti velocità.

Uno dei risultati più rilevanti della nuova ricerca è stato il fatto che le prestazioni di frenata di una bicicletta si sono dimostrate costantemente superiori a quelle di un e-scooter, offrendo una decelerazione più rapida e uno spazio di arresto fino a due volte inferiore.

Al contrario il monopattino elettrico ha funzionato meglio sottoposto a manovre di sterzata più probanti che prevedevano uno slalom attraverso birilli, probabilmente a causa del suo passo più corto e della mancanza di pedali. I partecipanti sono stati anche interrogati sulla loro esperienza e hanno confermato che la frenata si sentiva più a suo agio sulla bicicletta e lo sterzo più sull’e-scooter.

“I due veicoli hanno mostrato vantaggi e svantaggi distinti attraverso i diversi scenari. Possiamo dire che la migliore strategia per un ciclista e un monopattino elettrico per evitare lo stesso incidente può essere diversa: frenare o scansare”, ha osservato il professore italiano.

I risultati di questi esperimenti contribuiscono a informare su come l’infrastruttura possa essere progettata a beneficio di tutti gli utenti della micromobilità urbana: ad esempio, un percorso tortuoso potrebbe essere più facile per gli e-scooteristi che per i ciclisti, mentre un ciclista potrebbe trovare un percorso più stretto, con scarsa illuminazione meno impegnativo di un e-scooterista.

“Naturalmente questo esperimento era piccolo e i dati tutt’altro che conclusivi. Tuttavia, dimostra il potenziale dei dati sul campo per descrivere il comportamento del conducente e aiutare a comprendere le cause degli incidenti. Con più dati, potremmo raggiungere un quadro completo dei comportamenti dei guidatori che rendono sicura la guida di un e-scooter che potrebbe aiutare le autorità a ideare misure di sicurezza innovative e motivare le loro decisioni al pubblico”, conclude Dozza.

In futuro i ricercatori del politecnico scandinavo, in collaborazione con la società di sharing Voi, raccoglieranno molti più dati sul campo per tenere conto delle differenze tra guidatori e scenari. Alla fine risultati come questi potrebbero “insegnare” ai futuri veicoli automatizzati e ai sistemi di trasporto intelligenti come interagire al meglio con e-scooteristi e ciclisti anticipando comportamenti potenzialmente problematici.

Altre misure di sicurezza che potrebbero essere basate sui risultati delle analisi dei dati sul campo includono il geofencing dinamico (messo alla prova anche in Italia da grandi gruppi delle quattro ruote per motivi legati alle emissioni, piuttosto che alla sicurezza), che limita la velocità degli e-scooter a seconda di quanto sia affollata un’area o dell’ora del giorno o della settimana.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Chalmers University of Technology / Yen Strandqvist