Contratto da quasi $22 miliardi per portare le batterie LFP in America

Sarà Gotion High-Tech ad aprire la primissima Gigafactory tutta dedicata alle celle economiche e sicure a base ferrosa, per farsi largo nella manifattura statunitense di batterie per i veicoli elettrici

In Cina sono già da tempo note le startup dell’auto elettrica che puntano al titolo di anti-Tesla, ma ultimamente si sono fatte notare anche alcune aziende che sgomitano nel settore delle batterie, aspirando al ruolo di anti-CATL. Svolt recentemente ha presentato una strategia molto ambiziosa, con obiettivi di superare CATL in capacità annua collocati a metà decade; oggi invece è toccato a Gotion Hi-Tech sollevare curiosità.

La sua controllata americana e un non meglio precisato gruppo auto quotato a Wall Street hanno stretto un accordo strategico di fornitura e localizzazione. La prima parte, che menziona la fornitura, non ha necessità di chiarimenti: Gotion High-Tech, per i cinesi Hefei Guoxuan, fornirà al costruttore coinvolto batterie con chimica a base ferrosa tra il 2023 e il 2028.

L’ancora misterioso cliente si aspetta che il volume possa raggiungere fino a 200 GWh. Secondo la stampa specializzata cinese questo genere di transazione potrebbe valere oltre 140 miliardi di yuan, che per gli americani equivalgono a poco meno di $22 miliardi.

Il gruppo delle batterie (partecipato anche e soprattutto da Volkswagen) avrebbe deciso di effettuare la fornitura non solo attraverso l’export di celle con chimica LFP dalla Cina, ma anche producendole direttamente in America. Si tratta di una sorta di polizza di assicurazione che Gotion High-Tech intenderebbe stipulare contro le interferenze politiche derivanti dai rapporti Washington-Pechino.

La realizzazione di una Gigafactory, con tutto quello che essa comporta in termini di investimenti, indotto e organico americano potrebbe essere uno scudo contro fulmini verso la realizzazione di business industriali negli States.

Potrebbe essere, ma non necessariamente lo sarà, perché ormai non ci sono più garanzie sugli effetti convergenti e conflittuali di alcune politiche: con Joe Biden presidente l’indirizzo è sì pro-industria sostenibile, ma i rapporti con Pechino fanno sì che alcuni settori diventino difficili da gestire. Un esempio è quello dei pannelli fotovoltaici, sui quali Washington dovrà decidere prossimamente sul rinnovo o meno dei dazi, ma questo vale anche in settori della mobilità elettrica.

In questi giorni infatti si è palesato un conflitto attorno agli autobus elettrici: da lunedì scorso è entrato in vigore un bando federale ai sussidi alle agenzie di trasporto locale sull’acquisto di prodotti collegati alla Cina. Questo significa che si troverà in difficoltà il maggior produttore di autobus elettrici al mondo, BYD, nonostante sia partecipata dal finanziere Warren Buffett e soprattutto abbia già aperto una fabbrica che li costruisce in California, polo produttivo oltre tutto sindacalizzato come piace all’esecutivo di Biden.

Insomma Gotion High-Tech si attrezza ad essere presente in America pronta a correre anche dei rischi con gli investimenti senza garanzie assolute. Dopo dieci mesi del 2021 sul mercato globale delle batterie per veicoli elettrici il gruppo deteneva una quota del 2,6% rispetto all’1% dello stesso periodo 2020, con crescita annuale dei ricavi del 102% e una parte ancora minima del fatturato dovuta all’estero, il 4,74% del totale, ma una percentuale evidentemente destinata a crescere e non solo per gli accordi stipulati con Volkswagen.

Di sicuro ha giovato all’azienda ha giovato il fatto che numerose case occidentali, a partire da Tesla, abbiano improvvisamente cominciato a trovare interessanti le celle LFP sicure ed economiche che a un certo punto sembravano destinate ai soli autobus elettrici. Il centro esperienze di Gotion Hi-Tech sta lavorando a celle con densità gravimetrica di energia record per questo tipo di catodi da 230 Wh/kg, che intende elevare ancora a 260 Wh/kg.

In sintesi quindi, il crescente successo di Gotion Hi-Tech nel far accettare le proprie batterie sarà anche un successo del settore LFP nel complesso che avrà probabilmente verso metà decade una propria Gigafactory non più solo in Cina come eravamo abituati ma anche in America. Anche se difficilmente a Fremont, in California dove ha sede la filiale statunitense, nonché ovviamente la prima fabbrica Tesla.

Resta la curiosità del nome del cliente, e forse futuro partner in una joint venture per realizzare la Gigafactory americana. La definizione indicata dai cinesi si attaglia ai Big3 di Detroit, ma anche a Tesla e perfino a Volkswagen. Di tutti questi potenziali candidati l’unico però che ha già iniziato a montare celle a base ferrosa sulle sue auto è la casa di Elon Musk.

Peraltro va precisato che sulle Model 3 e Model Y costruite ed esportate dalla fabbrica di Shanghai si tratta di celle LFP fornitegli da CATL, società con cui Tesla ha rapporti quasi esclusivamente riguardo a questo tipo di cella, mentre per quelle a più alte performance con chimica NCA si serve come noto di Panasonic e, anche questa volta in Cina, anche di LG Energy Solution.

Credito foto di apertura: sito web Hefei Guoxuan High-Tech