BUSINESS

7 giorni di business che cambia la mobilità: 8 – 14 novembre 2021

I protagonisti della settimana: Daimler Truck, Eramet, Evergrande, Foxconn, Gett, Johnson Matthey, Lordstown Motors, Rivian, Supernal, Tesla, TotalEnergies, Volvo

8 novembre: Eramet rimette in moto un progetto di produzione di litio in Argentina attraverso una nuova partnership stretta col gruppo siderurgico cinese Tsingshan. I francesi possiedono un grande giacimento di litio nel paese sudamericano, ma ne avevano sospeso lo sviluppo nell’aprile 2020, sulla scia dell’inizio della crisi sanitaria. L’accordo della società diretta da Christel Bories coi cinesi prevede la creazione di un impianto di lavorazione del litio a partire dal primo trimestre del 2022, con messa in servizio prevista per l’inizio del 2024. I partner puntano a una produzione annua di 24.000 tonnellate di carbonato di litio (LCE), un livello che secondo i manager transalpini dovrebbe essere raggiunto nella seconda metà del 2025. Le due società sono già partner in Indonesia in un sito di estrazione e lavorazione del nichel e nel caso del sito estrattivo argentino i cinesi intervengono con un finanziamento di circa $375 milioni, che permetterà a Tsingshan di acquisire il 49,9% del progetto, una quota di minoranza che può sorprendere considerato che non appare scontato che i francesi avrebbero rilanciato il sito senza il denaro fresco cinese. Ma a Tsingshan probabilmente premeva di più assicurarsi delle certezze definitive in un momento in cui le supply chain di molti settori sono instabili, e certo la differenza tra domanda e offerta nell’ambito del litio non fa dormire sonni tranquilli per il futuro a chi non abbia contratti ben definiti e a lungo termine. Secondo quanto indicando da Bories alla stampa francese i gruppi collegati alla produzione delle elettriche nell’Esagono come Renault e Stellantis.

9 novembre: Hyundai Motor Group non ha mai nascosto i progetti nel settore della Urban Air Mobility, soprattutto a partire dalla definizione dei primi piani ambiziosi in occasione del CES di Las Vegas del 2020. Ora il gruppo coreano ha deciso di formare una società ad hoc, che ha battezzato Supernal. Si tratta in effetti di una naturale evoluzione della divisione Urban Air Mobility. Secondo la nota ufficiale diffusa l’azienda appena formata ha in programma di integrare soluzioni di Advanced Air Mobility in reti di trasporto esistenti attraverso il collegamento con piattaforme di ride-sharing (Hyundai collabora già con Uber, ad esempio) facendo leva su sistemi e tecnologie avanzate. Supernal non coglie di sorpresa quanto a obiettivi che restano quelli precedentemente annunciati: ovvero la commercializzazione di un EVTOL, ossia un veicolo electric vertical takeoff and landing adatto ad impieghi in aree metropolitane a partire dal 2028. Per arrivare in orario a quella scadenza Supernal prevede di iniziare a ottenere la certificazione presso le agenzie del volo come quelle americane per i primi modelli di EVTOL nel 2024. Il primo veicolo di Supernal, che se vi piace potete chiamare auto o taxi volante ma in effetti appare assai più adeguato alla nuova categoria EVTOL, sarà alimentato da batterie e a guida autonoma, con posti per quattro o cinque passeggeri, e studiato per operare in ambiti urbani o peri-urbani.

9 novembre: per la startup dell’auto elettrica Rivian è la prima giornata, positiva, in borsa dopo un IPO con prezzo fissato il giorno precedente a $78; se volete i dettagli dell’inizio della carriera dell’azienda come società quotata potete trovarli in questo articolo. La chiusura di settimana del titolo Rivian venerdì (12 novembre) è avvenuta a quota $129,95.

10 novembre: nella giornata in cui l’amministratore delegato Volvo Cars Håkan Samuelsson firma la Dichiarazione di Glasgow su auto e furgoni a emissioni zero alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26, il gruppo scandinavo per accelerare ulteriormente la sua riduzione dell’impronta di carbonio, annuncia anche l’introduzione di un prezzo interno del carbonio di 1.000 corone (qualche centesimo meno di €100) per ogni tonnellata di emissioni di carbonio da tutta la sua intera attività, in linea con la nota e ribadita ambizione di diventare un’azienda a impatto zero dal punto di vista climatico 2040. Col prezzo interno del carbonio che andrà a diventare un parametro stabile dei conti di sostenibilità della manifattura, Volvo è la prima casa automobilistica ad implementare un tale meccanismo di determinazione del prezzo del carbonio in tutto il ciclo complessivo. Il prezzo è anche fissato a un livello significativamente più alto di quanto raccomandato da organizzazioni come l’Agenzia Internazionale per l’Energia. L’azienda con questa politica inclusa nei propri libri contabili mira a rendere la sua organizzazione più credibile agli occhi di chi ha a cuore la sostenibilità, nonché ad anticipare la curva normativa, in quanto prevede ed è a favore di un maggior numero di governi che implementeranno la tariffazione del carbonio nei prossimi anni. In base allo schema, ogni futuro progetto automobilistico sarà sottoposto a un “controllo del senso di sostenibilità” e verrà imposto un costo di CO2 per ogni tonnellata prevista di emissioni di carbonio durante il ciclo di vita dell’auto. L’obiettivo è garantire che ogni modello di auto sia redditizio anche con un rigoroso schema di carbon-pricing, orientando le decisioni relative a progetti, approvvigionamenti e produzione verso l’opzione più sostenibile sul tavolo.

10 novembre: seguendo un annuncio di fine settembre viene perfezionato l’acquisto da parte di Foxconn dell’ex-stabilimento General Motors a Lordstown, Ohio, dalla startup dei veicoli elettrici Lordstown Motors. Sarà la prima fabbrica automobilistica del gruppo di Taiwan negli Stati Uniti, impegnato a diversificare fuori dagli abituali settori della manifattura di laptop e smartphone. Le due società hanno annunciato che Foxconn pagherà a Lordstown Motors $230 milioni di cui la società dei pickup ha estremo bisogno, anche per ripagare la stessa Foxconn per la produzione del veicolo elettrico Endurance nello stesso sito magnificato dall’allora presidente Donald Trump, quando Lordstown Motors aveva deciso di acquistare la fabbrica nel maggio 2019. Nonostante Lordstown Motors abbia raccolto quasi $700 milioni di fondi da quando si è quotata in borsa con una fusione inversa alla fine del 2020, i ritmi della produzione non sono mai decollati e attualmente la società è ancora sotto inchiesta da parte di Securities and Exchange Commission e dal Dipartimento di Giustizia dopo un report da parte di una società di ricerca sulle vendite allo scoperto ha sollevato accuse di frode, scoperta a cui sono seguite dimissioni a catena nel management. Lordstown Motors continuerà ad affittare un piccolo spazio nello stabilimento dell’Ohio, dove Foxconn procederà in futuro a costruire veicoli elettrici anche per un’altra azienda, Fisker Inc., il cui primo modello sarà però prodotto in Austria da Magna International.

10 novembre: alla lista delle società che intendono quotarsi in borsa attraverso una fusione inversa con una società veicolo occorre aggiungere l’azienda del ride hailing Gett. Gli israeliani, che per un breve periodo avevano suscitato l’interesse (e ottenuto fondi) dal gruppo Volkswagen, hanno in programma di entrare in borsa grazie a un accordo con la società veicolo Rosecliff Acquisition Corp I. La definizione dell’accordo valuterà le due società combinate a circa $1,1 miliardi. Come parte dell’accordo Gett dovrebbe rastrellare circa $30 milioni grazie ad una transazione PIPE con collocamento privato presso alcuni investitori privilegiati. Attualmente Gett offre servizi di condivisione di corse in Israele, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, dove è presente complessivamente in oltre 120 città ed ha oltre 15.000 clienti (la società si rivolge principalmente alla clientela corporate. Fondata nel 2010, Gett è diventata una società con conti passati dal rosso al nero a dicembre del 2019. Di recente Gett ha formato dei partenariati con società del ride hailing come l’americana Lyft e l’asiatica Ola per espandere la propria rete rispettivamente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna.

10 novembre: due pesi massimi dei rispettivi settori come Daimler Truck e TotalEnergies hanno firmato un accordo che li porterà a collaborare allo sviluppo di un’infrastruttura basata sull’idrogeno per i veicoli commerciali nell’Unione Europea. Le due società si concentreranno inizialmente sulla rete destinata a Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo e Francia. Secondo la nota Daimler, la cooperazione include l’approvvigionamento di idrogeno, compresa la logistica associata, nonché la fornitura di idrogeno alle stazioni di servizio, lo sviluppo di camion a base di idrogeno e la creazione di una base di clienti. Daimler Truck mira inoltre a fornire mezzi pesanti fuel cell a clienti dei cinque paesi già citati entro il 2025 come parte della cooperazione. Da parte sua, TotalEnergies mira a gestire stazioni di rifornimento di idrogeno in questi stessi paesi europei e prevede di garantire la costruzione di 150 stazioni di rifornimento di idrogeno in quest’area entro il 2030. Le società affermano anche che coopereranno per ridurre il TCO (costo totale di proprietà) dei veicoli commerciali alimentati a idrogeno. Daimler Truck e Total sono entrambi membri del consorzio H2Accelerate che ha l’obiettivo generale di supportare l’introduzione del trasporto a idrogeno in Europa nel prossimo decennio. Al momento col marchio Total esistono già 24 stazioni di rifornimento di idrogeno in Germania, parte della joint venture H2 Mobility. TotalEnergies afferma che produrrà sia idrogeno blu da gas naturale con cattura e stoccaggio del carbonio e idrogeno verde basato su elettricità rinnovabile con processo che richiede elettrolizzatori. Da parte sua Daimler Truck sta già testando un prototipo avanzato del camion GenH2 sulle strade pubbliche in Germania e dalla primavera 2021 Daimler Truck collabora anche con Shell per le infrastrutture dell’idrogeno. Il loro progetto prevede di creare una rete di stazioni di rifornimento tra Rotterdam, Amburgo e la raffineria della Renania di Colonia-Godorf. Dal 2024, tra queste tre località saranno gestite stazioni di rifornimento di idrogeno per veicoli commerciali ed entro fine decade dovrebbero esser presenti circa 150 aree di rifornimento di idrogeno.

11 novembre: solo pochi giorni dopo aver presentato al summit sul clima di Glasgow Cop21 le sue batterie ad alto contenuto di nichel ELNO montate su una vettura di Formula E modificata, il gruppo britannico Johnson Matthey annuncia a sorpresa l’intenzione di mettere in vendita l’intera divisione dei materiali per catodi e la produzione di celle, una svolta di cui tratta questo articolo di AUTO21.

11 novembre: la travagliata divisione auto della ancor più discussa China Evergrande Group cerca di finanziarsi con la vendita di azioni per 500 milioni di dollari di Hong Kong (circa $64 milioni) per finanziare lo sviluppo dei primissimi modelli di auto elettriche in grado di raggiungere la produzione. La vendita avviene, secondo quanto indicato nella documentazione ufficiale depositata in borsa a 2,86 dollari di Hong Kong ad azione, equivalenti a uno sconto del 20% sul corso azionario di China Evergrande New Energy Vehicle Group Ltd. alla chiusura delle contrattazioni del giorno precedente, certo molto distante dal record di febbraio quando il titolo era arrivato a 72,25 dollari dell’ex-colonia britannica. Nelle scorse settimane il fondatore del pericolante impero immobiliare Hui Ka Yan aveva indicato l’intenzione di spostare il fulcro delle future operazioni dal real estate all’auto elettrica, per i cinesi NEV. 64 milioni di dollari di Hong Kong di denaro fresco forse sono una goccia nel mare considerando che nei conti Evergrande NEV ha indicato di aver bruciato 130 milioni di cash nei primi sei mesi dell’anno e perso 742 milioni. Ma almeno i fondi servono a coprire alcuni passi indispensabili tra cui l’omologazione al MIIT e dati provenienti dal ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione indicano che specialmente il modello Hengchi 5 LX potrebbe essere vicino all’uscita della versione definitiva, s’intende se un eventuale tracollo evitato dal gruppo gliene darà il tempo.

12 novembre: una bizzarra settimana iniziata con un sondaggio su Twitter in cui Elon Musk ha chiesto ai follower se avrebbe dovuto vendere il 10% di azioni Tesla (la risposta è stata affermativa), giunge a conclusione. Per il titolo della casa americana si rivela la peggiore in circa un anno di contrattazioni, per trovare una fase peggiore occorre andare indietro a marzo 2020, quando iniziavano a manifestarsi gli effetti della crisi sanitaria. Comunicazioni obbligatorie inviate al regolatore di borsa SEC a inizio settimana avevano indicato che Musk aveva venduto oltre 4,5 milioni di azioni per circa $5 miliardi di valore, a cui si sono succeduti altri 600.000 titoli venduti giovedì e 1,2 milioni il venerdì per quasi $2 miliardi. Secondo la testata finanziaria Marketwatch la media ponderata delle transazioni (44) registrate nei documenti ufficiali indica in $1.074,343 il valore medio delle operazioni effettuate dall’imprenditore: la chiusura della settimana per il titolo Tesla è stata a quota $1.033,42, mentre la settimana era iniziata al livello di $1.170,94. Secondo i calcoli dell’agenzia Reuters, al momento del tweet di lunedì scorso il 10% di azioni Tesla equivaleva a circa 17 milioni di titoli: ormai venduti 6,36 milioni di azioni, circa il 37% del totale, Musk dovrebbe nei prossimi giorni liberarsi di altri 10 milioni di titoli per arrivare al livello indicato del 10% cui si riferiva il sondaggio.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Daimler AG