BATTERIE

Lo “scudo” di Warren Buffet porta le celle BYD sulle Tesla?

La casa di Elon Musk ha confermato che in futuro tutti i modelli Standard Range avranno batterie LFP a base ferrosa; ma la gamma per i clienti americani non avrà lo stesso fornitore di Asia ed Europa

Uno degli aspetti più interessanti e inattesi delle comunicazioni Tesla sugli utili record del terzo trimestre 2021 è stata la conferma del passaggio alle celle LFP per tutta la futura gamma di modelli Standard Range. Ormai da mesi la produzione della Gigafactory di Elon Musk a Shanghai prevede una doppia fornitura: di celle cilindriche NCA (nichel, cobalto, alluminio) di LG Energy Solution, e celle a base ferrosa realizzate da CATL.

Lo scorso maggio indiscrezioni della stampa finanziaria suggerivano che Tesla avrebbe potuto aggiungere alla propria fornitura di celle LFP la società EVE Energy, partner sul mercato cinese dei coreani di SK On. Ma a giugno l’ipotesi appariva già da considerare sfumata, visto che il contratto con CATL veniva esteso al 2025.

Se è verosimile che nel 2022, quando diventerà sostanziale la produzione Tesla in Germania, anche i modelli Standard Range costruiti in Brandeburgo possano disporre di celle CATL (che aprirà un sito tedesco), il primo produttore globale di batterie sembra esiti a produrre negli Stati Uniti.

Forse nel timore che un investimento corposo, comunque non inferiore al miliardo di dollari, possa essere messo a rischio da future tensioni commerciali e politiche. Così, è una sorpresa relativa che dalla stampa cinese comincino a trapelare alternative.

Il gruppo BYD avrebbe ricevuto 10 GWh di ordini da Tesla per celle LFP ed ottenuto campioni per i test fin dallo scorso agosto, sostiene la testata cinese CLN.cn, citando una fonte anonima vicina alla casa. Si tratterebbe di celle LFP del tipo Blade Battery, che sono assemblate facendo a meno dei moduli.

Se oggi la maggior parte della produzione globale di celle BYD ha luogo a Chongqing, per la fornitura regionalizzata destinata alla gamma Standard Range, che rimarrebbe quindi a Fremont, si candida la fabbrica da oltre 50.000 metri2 attiva a Lancaster, in California.

Là è presente un organico di 750 persone che si dedica agli autobus elettrici e ad altri prodotti BYD, inclusa una piccola linea con capacità di 1 GWh di batterie. Decuplicare la capacità di celle a Lancaster per fornire fino a 185.000 Tesla a media autonomia l’anno sarebbe un investimento meno rischioso per BYD di quanto non lo sarebbe per CATL: essendo un gruppo partecipato dalla Berkshire Hathaway del magnate Warren Buffett, appare meno predestinato a fare da parafulmine in caso di tensioni politiche.

Curiosamente la parte batterie delle Tesla Standard Range proverrebbe da una fabbrica sindacalizzata: quindi sarebbe adeguata a ottenere incentivi sui modelli elettrici che Washington vorrebbe legati in futuro solo a produzione americana e provenienti da siti in cui ci sia la rappresentanza della UAW, come avviene a Detroit e in altri impianti del Michigan.

A parte questo dettaglio, avere a disposizione celle a base ferrosa di CATL in Asia ed Europa e (forse) BYD in America appare una mossa sostanziale per Tesla nel poter mirare a rendere stabili gli eccezionali margini esibiti nell’ultimo bilancio (oltre il 14% netto).

Le celle LFP hanno per le case auto il prezzo più basso al kWh da tenere in considerazione, stimato a $64: rispetto ad altre materie prime fosfati e ferro sono stati investiti da aumenti recenti molto minori, e appaiono una polizza contro il rischio di grandi rialzi nei prezzi delle auto rispetto alle celle cilindriche con nichel, cobalto, alluminio.

Un effetto che sta portando sempre più aziende ad interessarsi al settore: è notizia di ieri che la serba ElevenES ha ottenuto un investimento dal consorzio europeo EIT InnoEnergy (lo stesso che già supporta Northvolt e Verkhor) per costruire una fabbrica da 16 GWh di capacità. Un sito mirato a sfruttare a dovere anche il vantaggio della materia prima vicina, visto che la Serbia ha abbondanza di litio. ElevenES ha deciso di realizzare celle LFP piuttosto che con altre chimiche, prevedendo una futura domanda stabile per questa produzione.

Alla chimica LFP, specie se può usufruire dei vantaggi dell’architettura cell-to-pack, che BYD chiama commercialmente Blade Battery, gli addetti ai lavori accreditano non solo costi contenuti ma elevata sicurezza, longevità e anche buona densità di energia. In molti le ritengono però ancora poco adeguate ai veicoli destinati a climi freddi, problema al quale si stanno cercando due soluzioni.

Una è quella di CATL, che venderà in futuro un mix di celle LFP abbinate a quelle (meno freddolose) agli ioni di sodio nello stesso pacco batterie. L’altra è la strada aperta da uno studio di ricercatori della Penn State University pubblicato a gennaio, in cui dimostravano che con un Thermal Management System studiato su misura e in particolare il ricorso al pre-riscaldamento, anche queste celle possono avere performance all’altezza di quelle a base nichel e cobalto, perfino con temperature di -20°.

Credito foto di apertura: ufficio stampa BYD