Nikola avvia la produzione in serie del camion elettrico Tre a Ulm
Per il rilancio della travagliata startup è determinante poter dimostrare che il Nikola Tre al 100% elettrico sia un prodotto all’altezza: per riuscirci il “santo in paradiso” degli americani è l’italiana Iveco, cui fa capo il sito tedesco
Nikola e il suo partner Iveco hanno dato il via alla produzione di autocarri elettrici presso lo stabilimento di Ulm dove è insediata la divisione del gruppo CNH. Dopo la lunga e quasi ininterrotta raffica di cattive notizie iniziata con l’estromissione del controverso fondatore Trevor Milton, per la startup americana si tratta di una significativa occasione per dimostrare il contrario di quello che veniva addebitato all’ex-CEO: ovvero di essere in grado di far seguire alle promesse fatti, o meglio ancora un prodotto.
Così il CEO Nikola Mark Russell in occasione dell’inaugurazione dell’impianto tedesco ha commentato: “questa è un’altra importante pietra miliare nell’attuazione della nostra strategia e visione di essere un fornitore leader globale di soluzioni di trasporto prive di emissioni”.
Il veicolo commerciale Nikola Tre, il più piccolo di quelli inclusi nei piani aziendali originari, sarà assemblato in Germania come primo modello al 100% elettrico alle soglie della produzione in serie. L’inizio della produzione, realizzata come noto su piattaforma Iveco, è previsto per la fine dell’anno.
I primi camion Nikola elettrici hanno pacchi batterie da 753 kWh e un’autonomia fino a 560 chilometri, con potenza fino a 645 cavalli. Durante la cerimonia di inaugurazione (a cui sono intervenute anche istituzioni locali e non solo, perché essendo Iveco italiana era presenta anche il console di Stoccarda) è stato rivelato che il porto di Amburgo con 25 veicoli elettrici parteciperà al programma-pilota europeo del prossimo anno.
Nikola originariamente puntava a consegnare tra 50 e 100 veicoli ai clienti nel 2021 generando così ricavi tra $15 e $30 milioni. All’inizio di agosto la casa, riportando la trimestrale (in perdita), ha rimodulato i propri piani su 25-50 camion e anticipato un range di entrate compreso tra zero e $7,5 milioni, giustificando il ridimensionamento con la ben nota carenza globale di semiconduttori.
La startup insediata in Arizona e che per un brevissimo periodo di fulgore dopo la sua quotazione a Wall Street nel momento di gloria delle fusioni inverse aveva superato la capitalizzazione di Ford Motor Co., non sta lavorando solo al Tre BEV, ovvero alimentato da batteria di trazione.
Da poco Nikola ha confermato il progetto di un Tre FCEV grazie al supporto e alla collaborazione con Bosch, che equipaggerà di sistemi fuel cell i prototipi ed i veicoli di serie che saranno lanciati sul mercato secondo i piani nel 2023.
Con le dimissioni di Milton e i problemi del fondatore di Nikola coinvolto in un’inchiesta dell’autorità di borsa per truffa, come noto era sfumata l’ipotesi di un investimento General Motors, che era interessata a Nikola anche per fornirle i propri stack Hydrotec. Ma quello era il passato e il presente è fatto soprattutto della collaborazione della startup con Iveco da un lato sui veicoli commerciali elettrici e con Bosch per quelli alimentati a idrogeno.
Il primo modello elettrico a batteria del Nikola Tre si scontrerà con modelli concorrenti di Renault, Volvo e della controllata Volkswagen Scania, già lanciati sul mercato. Anche il primo camion elettrico di Daimler, l’E-Actros è ormai una realtà, mentre MAN ha annunciato il primo modello di serie elettrico a batteria per il 2024.
Perché Iveco, che ha una propria linea elettrica in programma voglia continuare a mantenere il proprio investimento in Nikola malgrado le peripezie della società americana è per molti un rebus. E lo stesso si può suggerire riguardo al partenariato tra Nikola e Bosch relativamente alla gamma di veicoli a idrogeno. In questo caso per rispondere dai fatti si è obbligati a passare alle ipotesi.
La valutazione che si può fare è che a Iveco (e a Bosch nell’altro settore) interessi Nikola proprio perché ormai è costretta a muoversi con piccole flotte e con una reputazione che può solo migliorare. In un camion come il Tre Iveco può inserire il know-how che più le aggrada e anche se lo ritiene scegliere alternative a quelle più conservative che sceglierebbe per la propria gamma.
Se le scelte tecniche si riveleranno azzeccate sarà tanto di guadagnato e i progettisti e tecnici Iveco avranno imparato qualcosa di cui potranno beneficiare tutte le piattaforme aziendali. Ma se qualcosa non si rivelerà appropriato allora il rischio reputazionale su un camion con il badge Nikola sulla cabina sarà molto meno problematico di quanto potrebbe avvenire in un caso estremo, come ad esempio il mega-richiamo GM per le Bolt. Una valutazione cinica, forse? Possibile, ma il mercato globale è anche più cinico.