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Camion elettrici e colonnine spuntano nel “covo del carbone”

Il gruppo del settore estrattivo BHP sotto il nuovo leader Mike Henry ed altri rivali iniziano a dare segnali di cercare un assetto più sostenibile, specialmente sotto la pressione crescente degli investitori che guardano ai parametri ESG

La joint venture australiana BHP Mitsubishi Alliance tra il grande gruppo minerario globale e quello giapponese, si appresta a dispiegare camion elettrici e sistemi di ricarica ad alta potenza per mettere alla prova l’alternativa a zero emissioni locali ai veicoli diesel che sono la spina dorsale del movimento dei materiali nel settore estrattivo attuale.

BHP Mitsubishi Alliance, oggi il maggior produttore di carbone d’Australia e tra i primi al mondo, utilizzerà camion specializzati Miller Technology Relay a propulsione elettrica per trasportare gli operai nella miniera di Broadmeadow, nel Queensland.

Al progetto partecipa anche l’australiana Tritium (tra le aziende più attive nello specializzarsi in colonnine HPC, alcune delle quali presenti anche in Italia) fornendo sistemi RT175-S con cavi raffreddati a liquido adatte a potenze fino a 175 kW, quindi in grado di ricaricare i camion in circa 20 minuti per rimetterli in servizio per turni di circa 10 ore.

Nel settore che è considerato tra i peggiori allievi nelle “pagelle” di sostenibilità, negli ultimi mesi si è assistito a qualche movimento. L’australiana Fortescue, in linea con un nuovo progetto per produrre idrogeno verde, ha già iniziato ad acquistare autobus fuel cell della startup Hyzon.

E la scorsa primavera, un programma comune dei tre maggiori gruppi globali del settore estrattivo, BHP, Rio Tinto e Vale, ha lanciato un concorso per identificare soluzioni in grado di erogare circa 400 kWh di energia con cui alimentare veicoli da cava elettrici in servizio presso aree minerarie remote.

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In base ai prospetti ufficiali sui risultati aziendali, queste sono le quote di emissioni GHG suddivise per fattori concorrenti per il gruppo del settore estrattivo BHP. (credito immagine: Bloomberg; fonte dati: azienda)

Caricare e spingere camion da 220 tonnellate ciascuno richiede mezzi particolarmente affidabili, che oggi sono nella maggior parte dei casi diesel: l’agenzia Bloomberg, come si vede dal grafico riportato in questa pagina, ha ripreso dal resoconto annuale BHP i dati che indicano come l’uso di veicoli a gasolio corrisponda a circa il 40% delle emissioni del gruppo nel 2020.

Il camion canadese Relay inizialmente sostituirà veicoli per il trasporto dello staff finora spinti dal gasolio, e BMA prevede gradualmente di ritirare l’intera flotta diesel. BHP sotto il nuovo leader Mike Henry sta confermando un riassetto più sostenibile anche agli occhi sempre più attenti di quegli investitori che guardano ai parametri ESG, ed ha appena confermato che uscirà dai settori oil & gas.

Quest’ultimo un passo molto più consistente di quanto richieda un tiepido greenwashing di facciata, e anzi una svolta che gli investitori più tradizionalisti non apprezzano. Il gruppo BHP intende ridurre di un terzo le emissioni clima-alteranti entro il 2030 e arrivare ad essere carbon neutral entro il 2050.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Tritium via Businesswire