Il grande balzo in avanti sui liquidi ionici compiuto all’HIU
L’Helmholtz Institute di Ulm diretto dal Professor Stefano Passerini ha messo a punto un elettrolita di straordinario interesse: due diversi anioni, combinati nel giusto rapporto, assicurano ottime prestazioni e stabilità in celle nickel-rich e con anodi in litio metallico
Gli scienziati dell’Helmholtz Institute di Ulm figurano da tempo tra coloro che hanno prodotto il più vasto sforzo per far progredire la ricerca nel settore dei liquidi ionici; pochi giorni fa un articolo pubblicato su Joule ha confermato come l’istituto diretto dal Professor Stefano Passerini e colleghi del Karlsruhe Institute of Technology, siano riusciti a perfezionare una cella particolarmente promettente e della massima attualità dal punto di vista applicativo.
Come dimostra il paper intitolato “Dual-anion ionic liquid electrolyte enables stable Ni-rich cathodes in lithium-metal batteries” il risultato è una cella con catodo NCM88 (LiNi0.88Co0.09Mn0.03O2, ovvero appartenente alla classe nickel-rich, poiché il nichel costituisce l’88% della struttura dei suoi cristalli e nel quale è marginale il discusso cobalto), anodo in litio metallico ed elettrolita basato su un nuovo liquido bi-ionico.
La cella è in grado di raggiungere una densità gravimetrica di 560 Wh/kg (considerando il peso del materiale attivo nei due elettrodi), di conservare l’88% della capacità dopo 1.000 cicli di ricarica e con una efficienza coulombica (l’importante parametro calcolato in base al rapporto tra capacità di carico/scarico) del 99,4%.
I liquidi ionici sono composti chimici costituiti esclusivamente da ioni o loro combinazioni, con proprietà attraenti dal punto di vista applicativo che includono: non volatilità, scarsa infiammabilità, elevato potere solvente, ampia stabilità termica, chimica ed elettrochimica, elevata conducibilità elettrica e talora anche idrofobicità.
Per questo da alcuni anni sono candidati a soppiantare i comuni solventi organici in prodotti quali appunto le batterie: per evitare le criticità di questi ultimi, a cominciare da volatilità ed infiammabilità, ma anche per i loro vantaggi nell’intera catena produttiva, impedendo che residui finiscano nell’ambiente o creino esternalità per le basse opportunità di riciclo.
Con anni di precedenti ricerche su ILE (Ionic Liquid Electrolyte) alle spalle, il gruppo di scienziati dell’istituto del Baden-Württemberg è arrivato a mettere a punto un “dual-anionic ILE” (0.8Pyr14FSI-0.2LiTFSI): un materiale bi-anionico creato per ottenere dalla loro combinazione alta conduttività e stabilità elettrochimica, che presi singolarmente altri liquidi a base di pirrolidinio, FSI o TFSI non riuscirebbero ad assicurare.
La disponibilità di ILE bi-anionico messa alla prova ha dimostrato che il nuovo liquido è in grado di coesistere senza particolari criticità con anodi in litio metallico, al contrario di altri liquidi ionici noti (ad esempio quelli basati su cationi imidazolici, EMI) e quindi schiude il potenziale collegato alla elevata capacità del litio metallico, con una energia specifica in questa cella del valore di 564 Wh/kg-1 utilizzando una lamina da 50 μm.
Se in passato altri liquidi ionici erano stati utilizzati con anodi in litio metallico in celle dalla ridotta densità di energia come quelle litio-polimero, il lavoro dell’Helmholtz Institute di Ulm compie un vero balzo in avanti dimostrando l’eccellente coabitazione del suo “dual-anionic ILE” con un elettrodo positivo “nickel-rich”, ovvero una chimica per batterie non di retroguardia ma di avanguardia, su cui non solo la ricerca ma anche la manifattura punta già molto per applicazioni ad alta densità di energia ed alto voltaggio in un futuro poco distante.
Per rendersi conto della portata del risultato dell’istituto diretto dal Professor Passerini, conviene ricordare che le celle nickel-rich sottoposte a cicli di carica e scarica con elettroliti convenzionali (come ad esempio LP30) hanno in passato rivelato criticità che iniziano in prevalenza nelle fasi ad elevati stati di carica, quando l’alta reattività del nichel porta a reazioni instabili indesiderate che peggiorano con l’aumentare dei cicli.
È lo stesso Professor Passerini a chiarire cosa avvenga quindi: “con l’elettrolita convenzionale (LP30), nel catodo si verificano fessure nelle particelle. L’elettrolita reagisce all’interno di queste fessure e distrugge la struttura del materiale catodico. Inoltre sul catodo si forma uno spesso e spugnoso strato contenente litio”.
A queste fessure così deleterie per la “salute” della cella e che si estendono dall’esterno della superficie verso l’interno della struttura, in passato altri studi hanno cercato di ovviare soprattutto con soluzioni come il doping dei materiali, o mediante coating, con strati protettivi superficiali, o ancora puntando su strutture mono-cristalline.
Fare ricorso al nuovo ILE bi-anionico è una strada innovativa e alternativa intrapresa dalle ricerche in corso presso il Battery Electrochemistry Research Group dell’istituto di Ulm, come ha confermato il ricercatore Guk-Tae Kim che di quel gruppo fa parte: “con l’aiuto dell’ILE, i cambiamenti strutturali nel catodo nickel-rich possono essere significativamente ridotti”.
Questo risultato è stato in particolare confermato dall’analisi morfologica SEM al microscopio a scansione elettronica e dagli altri metodi di analisi microscopica: le immagini mostrano sul catodo (e parimenti sull’anodo) una rassicurante assenza di fessure superficiali che confermano come, al contrario di quello LP30, l’elettrolita bi-ionico perfezionato dagli scienziati non venga a contatto con l’altamente reattivo Ni4+.
In altri termini, lo strato di passivazione del catodo (CEI), così come quello dell’anodo in litio metallico, sono entrambi “sani” ed effettuano egregiamente un’opera protettiva che evita alla cella la perdita di prestazioni e l’aumentare dell’impedenza.