POLICY

Norme americane più rigide sono un assist all’auto elettrica

Dopo anni di frizioni, la Casa Bianca e Detroit ora sono dalla stessa parte su tagli alle emissioni delle auto convenzionali e quota di elettriche da raggiungere nel 2030

La mossa della Casa Bianca per contrastare la crisi climatica e che riguarda le emissioni dei veicoli, che in America sono la principale fonte di sostanze clima-alteranti (il 28% del totale), nella versione rivelata ieri appare anche un sostanziale strumento di politica industriale. Una politica sostenuta dai Big 3 di Detroit, apparsi sul prato accanto a Joe Biden durante l’annuncio, ma con l’assenza del quarto incomodo nell’industria dell’auto elettrica americana: Elon Musk non era infatti stato invitato.

L’obiettivo confermato ma non vincolante per il 2030 è che il 50% della gamma venduta negli Stati Uniti sia a zero emissioni locali. Inoltre il dipartimento dei Trasporti (attraverso l’agenzia NHTSA) e l’agenzia federale dell’Ambiente EPA hanno delineato nuovi standard per i model year 2023 che richiederanno un taglio del 10% alle emissioni rispetto ai parametri attuali, mentre i model year dal 2024 al 2026 dovranno prevedere una più elevata efficienza nelle emissioni che consenta di ridurre del 5% l’anno i valori.

In pratica le misure confermate a Washington hanno fugato parte dei timori delle maggiori associazioni ambientaliste che la Casa Bianca, per avere l’appoggio dell’industria dell’auto, sarebbe stata disposta ad annacquare le misure proposte sulle emissioni rimanendo al di sotto di quelle fissate durante il mandato di Barack Obama e che l’amministrazione in mano a Donald Trump aveva poi smantellato.

L’era Obama aveva fissato per il 2025 un traguardo medio di consumo di 51 miglia (82 chilometri) per gallone (3,78 litri), abbassato da Trump per il 2026 a 44 miglia e riportato per lo stesso anno da Biden a 52 miglia.

La differenza rispetto all’epoca Obama è che i provvedimenti sulle emissioni e i consumi che allora avevano scatenato l’opposizione delle Big 3 oggi sono appoggiati anche dagli amministratori delegati di Detroit, così come dal sindacato UAW, allora molto più scettico sulle opportunità del settore dell’auto a zero emissioni di quanto non sia ora.

Industria e politica sembrano oggi concordare in particolare sulla necessità di collocare la manifattura americana in una posizione competitiva rispetto all’Asia, e soprattutto la Cina, per non farle perdere di rilevanza nell’auto di questo secolo.

Nel caso dei gruppi auto non è un dettaglio che i business plan e i corposi investimenti ad essi correlati siano profondamente cambiati rispetto al recente passato. Se Biden infatti chiede metà della flotta a zero emissioni, questo non è un sacrificio straordinario per Ford che si aspetta per quella data un 40% di vendite già in linea con quell’obiettivo, lo stesso di Stellantis, mentre General Motors per il 2026 si prefigge un milione di auto elettrificate vendute l’anno e per il 2030 non sarebbe lontana dall’obiettivo.

Gli standard fissati per il 2026 saranno i più robusti parametri di salvaguardia del clima dal punto di vista delle emissioni dei veicoli mai entrati in vigore, ha dichiarato ieri una nota dell’EPA, echeggiando una dinamica che esiste anche in Europa riguardo a futuri standard sull’Euro 7 che tenderanno a rendere sempre meno conveniente produrre veicoli con propulsione convenzionale alimentati da carburanti fossili.

Gli impegni sulle percentuali delle flotte dei gruppi auto sono volontari e non vincolanti, un particolare che non è apprezzato da molte ONG ambientaliste che sottolineano come i grandi passi avanti nell’efficienza dei consumi o nelle quote di produzione di veicoli elettrici siano stati legati a misure vincolanti, come ad esempio i tetti di emissioni alla CO2 delle flotte introdotti in Europa.

Una obiezione che ha dalla sua molti precedenti episodi a sostegno, ma che dovrebbe anche considerare che se l’impegno delle case auto non è vincolante lo sono di fatto le cifre allocate per ricerca e sviluppo e capex dall’industria: $34 miliardi in cinque anni per Stellantis, $35 miliardi in sei anni per GM, $30 in cinque anni per Ford.

La velocità e affidabilità con cui gli obiettivi saranno raggiunti non dipende solo dalla volontà della Casa Bianca e dei gruppi auto: in corso al Campidoglio ci sono proposte di legge sull’infrastruttura da rinnovare e incentivi da realizzare che incideranno in modo profondo sul successo della mobilità sostenibile dall’altro lato dell’Atlantico.

Ad esempio sulla decisiva infrastruttura di ricarica la proposta puntava a spendere $174 miliardi per creare mezzo milione di colonnine, ma nella versione arrivata al Senato, dove la minoranza repubblicana è più forte, la proposta di legge contiene solo $7,5 miliardi per questa voce.

Una seconda proposta di legge oltre a quella sul capitolo infrastrutture contiene incentivi, sgravi, denaro per la ricerca sull’innovazione collegata a trasporti sostenibili. Biden ha sottolineato che se avrà successo nell’ottenere dal Congresso cifre adeguate al proprio programma, si aspetta che i Big 3 rispettino gli impegni.

Credito foto di apertura: Josh Robertson on Unsplash