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Tutto il verde della Way to Zero Convention Volkswagen

I vertici di Wolfsburg promettono taglio del 40% alle emissioni di CO2 entro il 2030, più investimenti nelle rinnovabili e lanciano un jab alle alternative idrogeno ed e-fuel

La marca che dà il suo nome al gruppo di Wolfsburg ha reso pubblici più dettagli sulla tabella di marcia che deve condurla ad essere carbon neutral entro il 2050, a cominciare da rilevanti investimenti nelle tecnologie rinnovabili e dalla promessa cogente di tagliare le emissioni di gas clima-alteranti in Europa del 40% entro il 2030.

Lo ha fatto durante l’odierna Way to Zero Convention, le cui presentazioni e slide di accompagnamento sono ancora disponibili per il pubblico. L’amministratore delegato Volkswagen Ralf Brandstätter ha sottolineato quanto la sua marca sia impegnata a ridurre le emissioni di carbonio nei processi della manifattura, a monte ed a valle: “la nostra grande offensiva elettrica è solo l’inizio. Assumiamo un approccio olistico alla decarbonizzazione: dalla produzione alla vita attiva del veicolo al suo riciclo”.

E Brandstätter non ha evitato paragoni scomodi che puntano alla responsabilità sociale che proviene dalle dimensioni che comporta essere il secondo gruppo globale per volumi di vendite: “nel 2020 l’impronta totale globale del gruppo Volkswagen quanto a impronta di emissioni di carbonio è stata di 369 milioni di tonnellate. Se Volkswagen fosse una nazione, sarebbe classificata al decimo posto accanto al Regno Unito nell’elenco di chi ha provocato più emissioni”.

Volkswagen si è prefissata il target di raggiungere il 40% di riduzione delle emissioni di CO2 per veicolo in Europa entro il 2040 rispetto ai livelli dell’anno 2018, che la società ritiene possa corrispondere a 17 tonnellate di CO2 in meno.

Al fine di raggiungere gli obiettivi sul clima introdotti dall’European Green Deal, secondo Brandstätter la sua casa dovrà aumentare la quota di vendite di modelli elettrici dal 35% al 55% nel 2030, il che comporta 300.000 unità in più ogni anno, quasi come aggiungere un impianto delle dimensioni di quello dedicato solo alle elettriche a Zwickau, che a regime dovrebbe arrivare a 330.000 l’anno.

Nel 2030 la marca si è posta un target del 70% delle vendite in Europa di modelli elettrificati, che sarà minore in America e Cina, essendo la quota da raggiungere fissata al 50%. La crescita delle vendite di elettriche sarà sostenuta da una campagna di elettrificazione della gamma, con almeno un modello ID nato sulla piattaforma MEB ogni anno, fino a quando ulteriori pianali come il futuro SSP previsto per la seconda metà della decade non sarà pronto (a cominciare dal progetto Trinity).

Entro il 2030 inoltre tutti gli impianti globali tranne quelli cinesi saranno decarbonizzati, in quanto alimentati da energie rinnovabili. Questo dovrà avvenire anche alla supply chain, sia inserendo nella produzione sempre più componenti sostenibili, sia facendo delle emissioni un fattore dirimente nei capitolati e nei rapporti che gli uffici acquisti mantengono coi fornitori.

L’attenzione per la sostenibilità avrà come punto centrale il fattore maggiore di emissioni nel ciclo di vita completo di un’auto elettrica, ovvero la produzione delle celle delle batterie. Queste, arrivate a fine vita saranno adeguatamente trattate, con programmi che puntano ad arrivare al riciclo di oltre il 90% dei materiali attivi e non utilizzati nelle celle attuali e future.

Inoltre per alleggerire l’impronta dei propri veicoli elettrici, Volkswagen sosterrà alcuni progetti di energie rinnovabili, tra cui impianti eolici e parchi fotovoltaici in numerose aree d’Europa: il primo progetto approvato sarà in Germania a Tramm-Göthen, dove è previsto un sito basato sull’energia solare con una capacità di 170 milioni di kilowatt ora l’anno.

Come riassume il quotidiano economico Handelsblatt, Volkswagen inizierà investendo €40 milioni in collaborazione con aziende specializzate nel settore, a cominciare dal gruppo tedesco RWE. Entro il 2025 i siti sostenuti da Volkswagen dovrebbero arrivare a una capacità complessiva di 7 TWh di energia verde (all’incirca 300 pale eoliche di nuova generazione); in futuro l’impegno in questo tipo di attività crescerà per tenere il ritmo della crescita della flotta di auto elettriche ID immesse sui mercati.

Il nocciolo della Way to Zero Convention sta nel sottolineare come Volkswagen da marca del dieselgate sia diventata battistrada nel trasformare in realtà la responsabilità di obiettivi ambiziosi ma indispensabili in un pianeta che non ha una alternativa di riserva.

E Brandstätter ha anche aggiunto: “Volkswagen non può sostenere la decarbonizzazione della mobilità tutta da sola. Questo è uno sforzo comune. Governi, industria e società devono unirsi per discutere idee innovative, trovare nuove soluzioni e fare investimenti coraggiosi”.

Ed è molto chiaro che con gli interlocutori Volkswagen spinge un approccio molto diretto nel puntare tutto sulle auto a batteria di trazione. Gli interventi di Way to Zero Convention sono serviti anche a ribadire questo aspetto, che specie nel confronto con altre case tedesche e governo di Berlino è stato in passato frutto di confronti anche accesi.

Nella discussione prevista dalla giornata di oggi, uno dei panelist intervenuti più interessanti per posizione e curriculum è stato il professor Maximilian Fichtner. La sua conferenza era intitolata: “Leading the Transformation: Electricity in competition with hydrogen and SynFuels“.

Lo scienziato dell’Helmholtz Institute di Ulm diretto da Stefano Passerini, ha ribadito nel suo intervento la propria posizione (nota anche per interventi sui social media, oltre che accademici) che sottolinea come le alternative all’auto elettrica più considerate, quella degli e-fuel e quella dell’idrogeno, seppure tecnicamente percorribili hanno di fronte nella pratica una montagna da scalare quanto ad efficienza.

I carburanti sintetici (che nel gruppo Volkswagen specie Porsche sta considerando per prolungare la vita a propri modelli iconici a cominciare dalla 911) indubbiamente sono realizzabili a partire da CO2, idrogeno ed energia elettrica.

Ma, ha sottolineato Fichtner nella sua presenza virtuale alla Way to Zero Convention, non va dimenticato che in questo modo 1 litro di diesel così ricavato richiede 27 kWh di elettricità. Una comune Golf Diesel con 6 litri può viaggiare 100 chilometri e le sono necessari 162 kWh per 100 chilometri di autonomia. Con quella capacità di energia, una vettura elettrica pura potrebbe percorrere 1.000 chilometri.

Secondo Fichtner, alcuni tentativi come appunto quelli nella direzione degli e-fuel che mirano a mantenere il motore a combustione, significherebbero conservare numerosi svantaggi solo per la comodità di non cambiare la tecnologia.

Fondamentale per decidere su quali carte puntare gli investimenti di questa fase di transizione, secondo Fichtner, è anche un esperimento concettuale che rileva le perdite di una filiera, appropriato per capire l’efficienza del settore dell’idrogeno, ambito nel quale in passato lo scienziato si è occupato di fuel cell.

Nel caso che porta dalle rinnovabili attraverso la rete elettrica alle celle dell’auto elettrica, si possono perdere circa il 5% nel trasporto, un 10 o 15% dalle colonnine, e tra il 5 e il 10% nell’efficienza del motore elettrico, fattori che si traducono in circa il 70% dell’energia di partenza ben conservata e spendibile fino in fondo nell’auto elettrica.

Anche senza entrare nei dettagli delle ulteriori problematiche dell’idrogeno collegate all’infrastruttura, logistica, sicurezza e costi, nel caso di questo settore sono numerose le tappe che portano via efficienza alla catena industriale che dovrebbe mettere la leggerissima molecola nei serbatoi ad alta pressione.

Il Professor Fichtner le ha così riassunte durante il suo intervento, che faceva eco a precedenti di tenore analogo nel dibattito scientifico: va considerata anzitutto una perdita del 40% nella fase di produzione; segue una ulteriore perdita compresa tra 12 e 40% nella lavorazione (in base al fatto che l’idrogeno sia poi liquefatto o meno); circa un 5% viene perso perso nella fase di trasporto; tra il 30 e il 40% viene perso dalle stazioni di rifornimento e dalla indispensabile pressurizzazione dei serbatoi; infine occorre considerare che l’efficienza di conversione della pila a combustibile è circa del 50% e la perdita dal motore elettrico tra il 5 e il 10%.

Alla fine l’efficienza risulta essere tra il 15 e il 18% per l’idrogeno rispetto come detto a circa il 70% di una catena che finisce con un BEV. Una logica, quella esposta stamattina dal Professor Fichtner durante la Way to Zero Convention, che porta argomenti alla marcia senza esitazioni verso l’auto elettrica pura che il numero uno del gruppo Volkswagen Herbert Diess da tempo ha imposto ai suoi manager e dipendenti e che tuttavia non ha ancora del tutto convinto né Berlino, né rivali come BMW e Mercedes per quanto riguarda l’idrogeno, né altre divisioni del suo stesso gruppo, come già anticipato per quanto riguarda gli e-fuel (Porsche).

Credito foto di apertura: ufficio stampa Volkswagen AG