OPINIONI

La “guerra di Corea” non entra in fabbrica

Il percorso di integrazione verticale delle batterie passa per Volkswagen da più controllo su costi e affidabilità: è il secondo fattore che rischia di costare caro ai fornitori coreani

Tra chi segue attivamente l’industria dell’auto non c’è nessuno che non si sia reso conto di quanto ambiziose siano le dimensioni dell’integrazione verticale avviata dal gruppo Volkswagen e svelata nel corso del Power Day. Proprio una settimana fa Herbert Diess ha collocato per fine decade un traguardo di 240 GWh di capacità nelle Gigafactory che forniranno le batterie per auto, SUV, veicoli commerciali elettrici e consumeranno ogni anno circa 200.000 tonnellate solo di litio.

Quello che a Wolfsburg stanno lanciando è un progetto sulle batterie con due obiettivi: tenere sotto controllo i costi e l’affidabilità del settore essenziale nei veicoli elettrici. Sull’affidabilità della filiera che porta le celle nei pianali delle auto torneremo tra poche righe.

I costi sono il fattore in cui la necessità del controllo emerge più evidente e non solo per Volkswagen. Che per mettere sotto controllo i costi si debbano spendere per 240 GWh di capacità circa $29 miliardi, come calcolato dall’analista di Benchmark Mineral Intelligence James Frith, può apparire un paradosso.

Lo scorso anno un report della società di consulenza McKinsey intitolato “Improving battery-electric-vehicle profitability through reduced structural costs” precisava che nell’industria delle celle “le dimensioni devono superare i 15 GWh o la produzione deve superare le 500.000 unità in una regione per raggiungere l’efficienza manifatturiera e assicurare la profittabilità. Altrimenti i costruttori potrebbero non recuperare mai il loro elevato investimento in ricerca e sviluppo”.

Lo scorso anno Volkswagen ha venduto complessivamente circa 220.000 veicoli con la presa, ma quest’anno e nei prossimi accelererà con le quote e dal prossimo mese, con l’avvio di un terzo turno nella fabbrica di Zwickau, produrrà 1.400 veicoli al 100% elettrici solo nell’impianto della Sassonia. In altri termini si avvicina sempre più quella soglia oltre la quale per un gruppo auto diventa redditizio farsi in casa le celle che occorrono alle proprie catene di montaggio.

Nel corso del suo Battery Day, Tesla aveva insistito molto sul nuovo grande formato di cella cilindrica 4680 come fattore decisivo nel puntare alla riduzione dei costi arrivando alla parità con le auto convenzionali, ipotizzando un taglio complessivo del 56%.

A Wolfsburg (e a Salzigitter) hanno fatto conti che ipotizzano una riduzione del 50%. Durante il Power Day l’attenzione è stata molto attirata, anche sulla scia del lancio delle celle tabless di Tesla, dall’annuncio dell’amministratore delegato Diess e del numero uno della divisione responsabile delle batterie Thomas Schmall che in futuro il gruppo punterà su una cella unificata per l’80% della gamma di prodotto.

Gli addetti ai lavori hanno identificato in un fattore-forma prismatico, oggi utilizzato soprattutto in ibride plug-in ma anche in qualche elettrica pura, ad esempio la BMW I3. L’argomento del fattore-forma nelle celle ha ricadute importanti nell’innovazione progettuale e nel contributo che questa può dare a limare i costi: nei pianali pacchi con schemi cell-to-pack e cell-to-car faranno a meno dei moduli intermedi. Tali soluzioni non sono possibili con qualsiasi tipo di cella, ma con quelle prismatiche appaiono tali.

Nelle 6 fabbriche previste l’amministratore delegato ha anche confermato che ci sarà posto per più partner: uno è stato già confermato nella svedese Northvolt, un altro in Spagna o sud della Francia sembra scontato possa essere l’utility Iberdrola.

Ma alla vigilia del Power Day due fornitori Volkswagen, LG Energy Solution e SK Innovation, hanno scoperto che non saranno tra i partner futuri, hanno ammesso fonti dei due produttori coreani all’agenzia Reuters.

E in questo caso dal mettere sotto controllo i costi Volkswagen pare essere passata all’azione dal punto di vista del controllo dell’affidabilità della fornitura. Finora i fornitori noti designati dal gruppo tedesco sono in Europa LG Energy Solution e CATL, in America SK Innovation, in Asia CATL, la società compartecipata Guoxuan e infine A123 Wanxiang.

Nella maggior parte dei casi il gruppo tedesco ha finora siglato contratti per acquistare celle formato pouch, mentre il futuro formato prismatico viene prodotto già da CATL e A123 Wanxiang. Tecnicamente per un grande gruppo produttore di celle proporre formati alternativi non è un problema: Panasonic, lo storico fornitore di celle cilindriche Tesla, con Toyota ha un accordo relativo a celle prismatiche.

Ma quella che è una problematica di tecnologia e di manifattura sembra essere per i tedeschi diventata una questione di affidabilità della fornitura, ammaestrati dai problemi di carenza di chip, probabilmente anche con un occhio al mega-richiamo Hyundai. E non va scordato che sono stati scottati da passati ritardi che hanno toccato le forniture iniziali di celle per il suo SUV elettrico Audi E-Tron, la cui linea in certi mesi è stata allora ritardata (come quella di Jaguar I-Pace e del Mercedes EQC) dall’arrivo regolare di celle di quella che allora si chiamava LG Chem.

Nell’elenco di attuali fornitori di celle figurano LG Energy Solution e SK Innovation, che sono da tempo avviluppati nell’aspro confronto legale sulle accuse di furto di proprietà intellettuale che ha portato a un sostanziale bando di SK Innovation per 10 anni dall’importazione di celle negli Stati Uniti, dopo che l’autorità americana del commercio internazionale ha dato ragione a LG Energy Solution.

Ancora oggi il tema di come Volkswagen e Ford potranno gestire la fornitura di celle per i loro prodotti americani è un punto interrogativo: la Gigafactory SK Innovation in Georgia è in forse, malgrado LG Energy Solution abbia perfino proposto di rilevare il sito produttivo per insediarne uno proprio. Ma anche dopo la visita del presidente Joe Biden questa settimana la questione non è arrivata a soluzione.

Tale incertezza non è stata apprezzata da Herbert Diess e dai suoi manager, che di fronte alla presenza costante nei titoli con cattive notizie recenti dei due gruppi coreani ha deciso che l’affidabilità futura di una filiera in cui così tanto denaro sarà investito avrà migliori prospettive stando alla larga da entrambi.

L’affidabilità della filiera delle celle suggerisce anche che un gruppo sbilanciatosi verso la produzione di veicoli elettrici come Volkswagen (o General Motors o gli altri che seguiranno lo stesso percorso) una volta fatta la scelta dell’integrazione verticale avrà nel prossimo futuro un’altra necessità: quella di intervenire direttamente nella fornitura delle materie prime che finiscono nelle celle.

Sulla sostenibilità dell’attività estrattiva di origine e sulla stabilità (anche dei costi) della fornitura di materie prime come litio, nichel, manganese si scriverà quasi certamente la prossima pagina dell’affidabilità nella filiera delle batterie.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Volkswagen AG