20 anni di esperienza nella guida autonoma concentrati in una “roadmap” di mezzora
La conferenza virtuale più interessante del CES 2021 si rivelerà quasi certamente quella del numero uno di Mobileye Amnon Shashua, che ha delineato i progetti futuri: dai robotaxi ai LiDAR-on-chip
Dopo circa un biennio di vacche magre, il settore della guida autonoma avanzata ritorna a far parlare di sé da protagonista in una delle sedi più appropriate, il CES di Las Vegas, sia pure in versione virtuale, e lo fa grazie alla leadership di una società che ha venti anni di esperienza in questo contesto, Mobileye, la divisione specializzata del colosso Intel.
Il professor Amnon Shashua in una intervista di una mezz’ora che vale ogni minuto di visione è riuscito a concentrare una roadmap particolarmente convincente per delineare come Mobileye affronterà questa decade combinando tecnologia, business e buon senso indispensabili per progredire in un settore che si inserisce e si inserirà in modo sempre più rilevante nella società.
Mobileye rilancia anzitutto sui progetti di realizzare servizi di robotaxi, che partiranno a Tel Aviv dal prossimo anno, con la convinzione che questo impiego limitato sia il modo giusto per integrare la guida autonoma avanzata (quella che si definisce di Livello 4 nella tassonomia SAE) nella vita reale ad un costo accettabile, un costo che oggi non sarebbe tale applicato a veicoli passeggeri privati.
La presenza e l’attività di flotte di robotaxi secondo il professore israeliano è anche una strada adeguata per relazionarsi con i regolatori delle varie aree del globo prima di integrare tecnologie di questo tipo nei veicoli privati, che l’industrializzazione su larga scala non consentirà prima del 2025.
Fa parte della strategia mettere in fila le tappe a medio e lungo termine. In quest’ottica la divisione Intel aprirà reparti che effettueranno test a Tokyo, Shanghai, Parigi e forse New York, oltre a quelli già esistenti attualmente a Tel Aviv, Monaco di Baviera e Detroit.
L’impegno globale di Mobileye intende sottolineare come il livello della propria tecnologia adatto a ogni area sia in grado di differenziarne lo spessore rispetto alla concorrenza, che in linea di massima ha mirato a concentrarsi su una o due aree metropolitane, nel migliore dei casi. A fare la differenza, secondo Shashua, sono i progressi sempre più brillanti della tecnologia di mappatura tridimensionale REM.
Non si tratta solo di mappe e navigazione, ha spiegato il CEO, ma di integrare a livelli multipli tutta la semantica del traffico e di farlo con una cassetta degli attrezzi concettuale valida in contesti reali tanto diversi quanto Detroit e Tel Aviv. In questo sono stati di grande aiuto i dati raccolti metodicamente (8 milioni di chilometri al giorno) dalle migliaia di telecamere dei sistemi di sicurezza ADAS già montate su milioni di veicoli e che inviano dal 2015 i dati raccolti dalle vetture di sei case auto globali.
Ma queste cifre che colpiscono non devono indurre a pensare che l’approccio di Mobileye sia solo incentrato sui dati: mentre una parte non trascurabile degli specialisti del settore si è convinto che moltiplicare i dati risolverà ogni problema quando la montagna di informazioni accumulate sarà alta al punto giusto, Shashua e i suoi scienziati hanno una convinzione diversa.
L’approccio probabilistico del machine learning e dell’intelligenza artificiale richiede un filtro matematico che traduca in una regola deterministica la massima che insegna ogni scuola guida: “be cautious”, fai attenzione. Il tenere conto sempre del caso peggiore possibile è stato da tempo formalizzato dagli scienziati della divisione Intel nell’RSS (Responsibility-Sensitive Safety), un protocollo “a sicurezza garantita”.
Per questa ancora di salvezza il manager e scienziato non si è risparmiato un paragone di facile presa: nella guida autonoma può essere l’analogo delle 3 leggi della robotica proposte dallo scrittore Isaac Asimov che le immaginava come difesa intrinseca per evitare che le macchine potessero fare danni all’uomo.
Nell’approccio di Mobileye questo strato fa da filtro al software basato sulla programmazione in cui prevale l’intelligenza artificiale, che nel frattempo ha progredito al punto da non richiedere più continui interventi umani, ad esempio quelli di annotazione e classificazione degli oggetti che si affollano in un complesso scenario stradale.
Questo software infatti è ormai arrivato al punto che per la mappatura di Monaco di Baviera sono state sufficienti due persone e poche settimane. Come dire che non ci sarà un problema di scala o di “regionalizzazione” nell’utilizzare le mappe 3D Mobileye per un futuro servizio di robotaxi che dopo Tel Aviv voglia aprire in contesto del tutto diverso: Oslo o Mosca ad esempio.
Per i robotaxi Mobileye dapprima e per i veicoli passeggeri in seguito, la società di Shashua si affiderà alla ridondanza, un concetto di sicurezza già prevalente nell’aerospaziale. Un primo sistema, come tradizione per l’esperienza dell’azienda, si baserà interamente sul lavoro di camere ad alta risoluzione e di system-on-chip in grado di gestire il flusso di immagini.
Ma insieme ai robotaxi sperimentali basati solo sulla percezione di immagini, nelle città scelte per i test girano veicoli basati dove i sensori sono esclusivamente LiDAR e radar. Mobileye al contrario della maggior parte della concorrenza non ha scelto di fondere e filtrare il flusso di dati percettivi.
I futuri veicoli autonomi dell’azienda avranno affiancati un sistema al 100% basato su camere e uno solo su LiDAR e radar; lavoreranno in parallelo sugli stessi scenari, supportati dagli stessi dati delle mappe tridimensionali della tecnologia REM.
Sarà come avere in tasca uno smartphone con sistema operativo Apple ed un altro Android: la probabilità che entrambi vadano in tilt sarà estremamente remota. Inoltre sui robotaxi il cedimento di entrambi i sistemi avrà come rete di sicurezza il protocollo RSS.
Questa ridondanza può apparire uno spreco (come è noto questo è il parere di Elon Musk sui concorrenti che intendono appoggiarsi a sensori laser). Ma non lo è se si considera che in futuro quando davvero i computer prenderanno il controllo dal cliente a bordo di un’auto dotata di sistemi di Livello SAE 4, i produttori dovranno pagare per gli errori, e come si è visto dopo l’incidente fatale del veicolo di Uber a Tempe, la tolleranza della società verso gli errori sarà molto bassa.
Questi ostacoli significano anche che per arrivare a veicoli ad elevata automazione diffusi in modo commercialmente interessante, anche altri progressi dovranno arrivare ai loro compimenti.
Mobileye ed Intel pensano in particolare ad uno che potrebbe favorire il contenimento dei costi nel settore dei LiDAR, nella seconda metà della decade, quando rispetto a prodotti destinati a piccoli numeri di robotaxi comincerà a porsi il problema di equipaggiare milioni di auto passeggeri.
Shashua da questo punto di vista ha fatto un sostanziale endorsement alla tecnologia FMCW, su cui già lavorano alcune startup, come Aeva e Blackmore. Non è solo la tecnologia ad essere promettente ma le sue specificità ad avere vantaggi per quando si tratterà di passare a produrre milioni di pezzi.
I LiDAR FMCW (Frequency Modulated Continuous Wave) non sono basati su impulsi laser convenzionali come quelli di Luminar Tech (che equipaggia invece gli attuali veicoli Mobileye e lo farà anche nel prossimo futuro) ma su una tecnologia che trasferisce in ambito ottico le caratteristiche del radar doppler e richiede massicce competenze di fotonica.
Si tratta di un genere di competenze che in Intel abbondano, e il fatto che i LiDAR-on-chip a cui puntano i player del settore FMCW possano essere realizzati nelle stesse fabbriche che producono chip per altri usi contribuendo a tenere sotto controllo i costi di produzione ed aumentando il volume è un aspetto che rende molto promettenti le prospettive di settore guardando oltre il 2025.