Luci ancora accese in Europa per progetti ad alta sostenibilità

Mentre il 2020 si chiude, si definisce la filiera che inserirà le batterie nell’economia circolare e il settore dell’idrogeno verde diventa un progetto IPCEI per facilitarne il decollo

Quello che nel recente passato era uno svantaggio competitivo si capovolge, nel terzo millennio. E in nessun caso questo si sta dimostrando vero come nei nuovi settori quali la filiera delle batterie e dell’idrogeno. E in questo la Vecchia Europa fa da battistrada: dalle norme sulle batterie per renderle il più sostenibili possibile al preparare un’impalcatura normativa e finanziaria adeguata per la tecnologia dell’idrogeno verde.

La Commissione Europea chiederà che tutte le batterie vendute nel vecchio continente a iniziare dal 2024 siano trasparenti nell’indicare il loro impatto sulle emissioni. Inoltre avranno un limite alle emissioni di CO2 connesse alla filiera produttiva a partire dal 2027. Da quella stessa data dovranno inoltre essere pubblici i contenuti di materie prime riciclate, mentre dal 2030 saranno imposte quote minime di materie prime riciclate per i metalli fondamentali quali cobalto, litio, nichel e piombo.

La quota minima che la Commissione vorrebbe inserire (la proposta della scorsa settimana dovrà essere approvata da stati membri e dal Parlamento Europeo) prevede il 12% di cobalto riciclato, il 4% di litio e di nichel a partire dal gennaio 2030, per salire rispettivamente al 20%, 10% e 12% entro cinque anni.

Le previsioni sono che la domanda di due materie prime come litio e cobalto per le batterie dei veicoli elettrici possa salire di 18 volte e cinque volte al 2030 e di 60 e 15 volte nel 2050. Valori che fanno pensare a un obiettivo di riciclo dei materiali contenuti nelle batterie a fine vita che salga dall’attuale 45% al 65% nel 2025 e al 70% nel 2030.

Con questa impostazione si azzererà l’effetto visto nei decenni passati della concorrenza di prodotti di paesi emergenti che rendevano competitive le produzioni occidentali dove le norme per il rispetto dell’ambiente ponevano più paletti. Ovvero per le future batterie non varrà quello che valeva per, ad esempio, le materie plastiche degli Anni ’90, una delle ragioni della corsa alla delocalizzazione.

Nel primo trimestre 2021 il Parlamento Europeo sulla scia del Green Deal metterà a punto anche il carbon border adjustment mechanism che potrà imporre un prezzo sulle emissioni di certi prodotti provenienti da fuori UE, per evitare che il trasferimento di una produzione sposti semplicemente le emissioni altrove vanificando gli sforzi verso il traguardo europeo climate-neutral per il 2050.

Questa spinta regolatoria sarà particolarmente evidente in prodotti dalla manifattura complessa ed energivora, come è il caso delle celle delle batterie. Ma il percorso verso batterie più sostenibili comporta la crescita del valore di un’industria che sia basata sulle rinnovabili e orientata alla neutralità sulle emissioni. Un’impostazione su cui appena quattro anni fa premeva la sola Northvolt nata con l’idea di impiegare l’energia rinnovabile della Scandinavia, ma che ormai è un obiettivo industriale in pratica per ogni gruppo impegnato nell’auto elettrica.

E un obiettivo primario si conferma quello di sviluppare il settore dell’idrogeno. Giovedì scorso il ministro dell’Economia tedesco Peter Altmaier ha fatto da padrone di casa, visto che la presidenza di turno tocca a Berlino, all’inserimento del settore negli IPCEI (Important Projects of Common European Interest), l’imprimatur necessario per fare un salto di qualità a sforzi emergenti a livello di ricerca ed industrializzazione.

Per il settore delle batterie era stato necessaria un certo periodo di anticamera prima del varo di progetti IPCEI che hanno riguardato consorzi, centri ricerche, industria, per creare le prime cosiddette Airbus delle batterie.

Molto più rapido, sebbene abbia parimenti richiesto mesi di preparazione, per 22 stati membri della UE e la Norvegia arrivare a concordare sulla volontà comune di sviluppare una catena del valore in particolare mirata a far crescere la produzione di idrogeno verde, ottenuto da elettrolisi alimentata da energia rinnovabile per rendere il continente la regione globale più avanzata e competitiva nel settore.

Altmaier e la vicepresidente della Commissione Margrethe Vestager hanno concordato sul ruolo che sviluppare questa tecnologia potrà avere nel portare l’Europa al traguardo della neutralità nelle emissioni entro il 2050, e anche che considerati gli investimenti pubblici e privati richiesti nessun paese membro sia in grado di fare per conto proprio, una realtà a cui il varo di un IPCEI sull’idrogeno verde si propone di offrire una soluzione.

Questo IPCEI potrebbe, come nel caso delle batterie, essere il primo di più progetti sull’idrogeno. Un recentissimo studio della società di consulenza Boston Consulting Group indica che la produzione della molecola usata nella produzione di fertilizzanti e nell’industria chimica per ottenere metanolo da sola richiede attualmente 230 TWh di energia elettrica, mentre la quota di energia tedesca da rinnovabili nel 2019 era di 224 TWh.

Passare a idrogeno verde anche per settori che in futuro potrebbero far volare la domanda come aviazione, marittimo, siderurgia, richiederà anche progressi giganteschi nella disponibilità di eolico, idroelettrico e altre rinnovabili. Per gli esperti di Boston Consulting Group perfino il potenziale smisurato del Mare del Nord per l’eolico offshore potrebbe essere insufficiente a coprire la domanda di metà secolo.

Costi di produzione contenuti per l’idrogeno verde da rinnovabili potrebbero secondo il report essere l’occasione del Nord Africa, con la molecola lavorata con elettrolizzatori alimentati da centrali solari e il trasporto attraverso il mediterraneo attraverso gasdotti adeguati ad assicurare prezzi competitivi per le future esigenze.

Credito foto di apertura: ufficio stampa BMW Group