Le startup anti-Tesla sono uscite dal buio
I conti delle startup cinesi delle auto elettriche hanno resistito alla pandemia e migliorano grazie a gradimento di vendite e investimenti: basterà agli short-seller?
Avere alle spalle oltre un paio di migliaia di articoli sul mondo delle auto elettriche ha qualche vantaggio. Come la possibilità di andare a confrontare quello che accade oggi con il passato recente o meno recente. E questo è quello che ci è venuto in mente durante questa settimana in cui si sono alternati i conti di startup dell’auto elettrica come NIO, Xpeng, Li Auto con la notizia che la capostipite del settore di questo millennio, Tesla, entrerà nell’indice S&P 500 a partire dal prossimo 21 dicembre.
Non perché ci si debba necessariamente aspettare che una delle case che sgomitano per seguire la scia della marca di Elon Musk debbano necessariamente percorrerne la stessa traiettoria: per cercare analogie e differenze. Con le case cinesi, che con gran faccia tosta si sono quotate a Wall Street nel mezzo della tempesta sui rapporti commerciali tra i due lati del Pacifico, questo ormai comincia a diventare più credibile.
Perché i conti che stanno presentando rispecchiano una produzione, più o meno corposa che sia. Un punto a cui non sono ancora arrivate startup americane quotatesi in borsa mediante fusione con SPAC ma che non hanno ancora venduto un veicolo: come Lordstown Motors, Fisker o Nikola.
Se si guarda dov’era Tesla nell’estate 2016, quando stava facendo il massimo sforzo di diventare una casa in grado di produrre in volumi significativi grazie all’allora nuovissima Gigafactory del Nevada e alla ristrutturazione di Fremont, nel secondo trimestre perdeva $1,06 ad azione escludendo le spese straordinarie: il doppio di quanto gli analisti si aspettavano. La perdita di $293 milioni subita nel secondo trimestre 2016 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente equivaleva ad un aumento di quasi il 59%, malgrado ricavi di $1,3 miliardi cresciuti del 33%.
In che situazione sono i conti delle case di auto elettriche cinesi, oggi? La meno conosciuta del gruppo in Occidente, e la più tradizionalista perché ha cercato di giocare sul sicuro puntando sul sostenuto mercato dei SUV di grandi dimensioni ma con una versione ibrida plug-in invece che una elettrica pura, è forse Li Auto.
Nel terzo trimestre ha dichiarato vendite in progresso per la sua Li One lanciata nel 2019: 8.660 immatricolazioni rispetto alle 6.604 unità del secondo trimestre e alle 2.896 del primo. La Li One da ormai sei mesi guida la nicchia delle vendite di ibride ricaricabili, davanti a concorrenti temibili come Volkswagen Passat e BMW Serie 3 e 5.
Le previsioni sono di miglioramento ulteriore per l’ultimo periodo dell’anno. Ma le perdite crescono man mano crescono le spese in conto capitale, in particolare quelle destinate a ricerca e sviluppo salite a 334,5 milioni di yuan con una crescita del 66% rispetto al trimestre che lo ha preceduto, per progetti che hanno a che fare con partner come Nvidia in grado di potenziare il livello di assistenza alla guida. Così le perdite nette sono state di 106,9 milioni di yuan ($15,7 milioni) rispetto ai 75,2 milioni di yuan persi nel secondo trimestre 2020.
I ricavi Li Auto nell’ultimo trimestre erano saliti a 2,51 miliardi di yuan, una variazione percentuale del 28,9% dal trimestre precedente. L’azienda conta di chiudere il 2020 tra 3,11 e 3,39 miliardi di yuan di ricavi grazie a consegne che potrebbero essere comprese tra 11.000 e 12.000 vetture. Dall’esordio di luglio a $16,46 alla chiusura di ieri a $35,07 la cavalcata in borsa equivale a una capitalizzazione di oltre $29 miliardi.
Perde soldi anche Xiapoeng Motors, per brevità Xpeng, che tuttavia proprio come Li Auto guadagna clienti. Nei conti dell’ultimo trimestre ha avuto una perdita netta di 1,1 miliardi di yuan ($169,2 milioni) rispetto ai 776,3 milioni di yuan persi nello stesso trimestre del 2019. Anche Xpeng ha aumentato la spesa in tecnologia: 635,4 milioni di yuan corrispondono a una crescita su base annua del 46,1%.
Le consegne di Xpeng sono state inferiori di poche unità a quelle di Li Auto: 8.578. Ma come la rivale aveva iniziato solo nel 2019 a consegnare i primi ordini, così il ritmo del terzo trimestre ha visto una crescita annuale del 265,8% in particolare grazie alla berlina elettrica a grande autonomia P7, costruita in un impianto con sede a Zhaoqing, nel sud della Cina.
I ricavi di Xpeng hanno così potuto raggiungere i 2 miliardi di yuan con un balzo del 342,5%. A New York le azioni che avevano esordito a $10 alla chiusura di ieri erano arrivate a $40,85, equivalenti a una capitalizzazione di $31,5 miliardi. Uno scherzo forse rispetto ai $63,4 miliardi di NIO, la prima e più conosciute in Occidente delle aspiranti anti-Tesla.
Anche quella da più tempo presente a Wall Street. Ma soprattutto quella che al 1 gennaio aveva le azioni a $3,83 e ieri alla chiusura a $46,59. E tuttavia ci sono similitudini con la parabola delle sorellastre cinesi.
E anche con Tesla: a cominciare dai conti dell’ultimo trimestre che hanno superato le previsioni degli analisti esperti di auto elettriche cinesi. La casa ha riferito che su ricavi di $667 milioni ha perso $0,12 contro gli $0,18 previsti dagli esperti, che scommettevano su ricavi di $664 milioni. Nel 2019 il terzo trimestre era stato chiuso con perdite di $0,35 ad azione su ricavi a quota $262,9 milioni.
Ovvero: nel giro di 12 mesi da una perdita di $485,6 milioni a quella appena comunicata di $196,7. A dimezzarla hanno contribuito le 12.206 immatricolazioni in gran parte di SUV elettrici ES6. Nel 2019 nello stesso trimestre le consegne erano state 4.799, quelle del secondo trimestre 2020 (il primo relativamente libero dagli effetti dalla crisi sanitaria) 10.331. Il co-fondatore William Bin Li si aspetta di portare le immatricolazioni in una forchetta compresa tra 16.500 e 17.000 unità.
Tra l’11 agosto, ovvero la data della pubblicazione dei conti precedenti, e ieri le azioni NIO sono salite del 250%. Prospettive di crescita inarrestabile quindi? Non proprio: NIO è nel mirino di una società nota come short-seller (Citron Research), attiva tra quelle che si sono date da fare con successo per obbligare un’altra startup come Nikola a liberarsi del fondatore. Mentre stavamo per pubblicare questo articolo, l’azienda non più diretta da Trevor Milton cresceva dell’15%; NIO stava calando di oltre il 4%…