Il nickel che diventa moneta di scambio
L’Indonesia punta a far fruttare le riserve del materiale che allunga l’autonomia delle auto elettriche, mentre la sua sostenibilità diviene fattore discriminante
Sotto terra in Indonesia c’è un quarto delle riserve globali di nickel, materia prima un tempo nota per l’impiego nella produzione di acciaio ma trasformatasi in una commodity sempre più ricercata dai produttori di batterie asiatici e non, che ne aumentano la percentuale nei catodi delle celle col duplice scopo di accrescere la densità di energia che fa andare più lontano i veicoli e insieme ridurre la quota del più costoso e controverso cobalto.
Secondo gli ultimi dati previsionali della società di consulenza specializzata Bloomberg NEF, la domanda di nickel si moltiplicherà di 14 volte nel 2030 rispetto alla richiesta del 2019, a fronte di un incremento di tre volte per altri materiali indispensabili alle batterie come cobalto e manganese.
Così corteggiare l’Indonesia è diventata una necessità per chi investe miliardi di dollari in catene della fornitura come i due gruppi che occupano primo e secondo posto quest’anno per le quote di vendite.
La numero uno, la coreana LG Chem, così come l’inseguitrice CATL hanno avviato joint venture col gruppo minerario statale Antam (in indonesiano per esteso Aneka Tambang) per l’estrazione e la raffinazione di nickel con la purezza adeguata all’uso nelle batterie.
Ma, come scriveva recentemente il quotidiano di Singapore The Straits Times, il governo indonesiano preme sui due colossi e sui gruppi auto che vogliono espandersi nel settore delle auto elettriche perché il paese asiatico non sia a medio termine un sito dedicato esclusivamente alle materie prime ma possa produrre anche batterie e veicoli a zero emissioni.
Finora tuttavia l’elenco di gruppi auto che hanno deciso di investire in auto elettriche in Indonesia è fermo a Hyundai Motor, che ha annunciato insieme ad LG Chem un progetto da $1,55 miliardi.
La manifattura automotive in Indonesia finora ha i propri siti insediati nella parte centrale ed occidentale dell’isola di Giava, distante dalle province interessate dal settore estrattivo: da varie località entro le coste di Sulawesi fino alla lontana West Papua.
Il sito più grande ed importante per l’estrazione del nickel destinato alle acciaierie è un’area di 2.000 ettari aperta nel 2015 nell’isola di Sulawesi. Ma dal gennaio 2019, l’azienda statale ha iniziato i lavori per produrre anche il nickel di alta qualità necessario a LG Chem, alla cinese CATL ed altri gruppi delle batterie. Gli esperti indicano come Classe 1 il nickel adatto a finire in un elettrodo e Classe 2 il restante.
CATL, che è stata il maggior produttore globale lo scorso anno con 40,7 GWh di capacità, partecipa ai progetti di Antam attraverso la società cinese del settore estrattivo Ningbo Lygend. Il livello degli investimenti non sarà marginale: $5 miliardi da spendere entro il 2023 e $15 entro il 2028.
Ningbo Lygend sarà però una presenza sia necessaria che ingombrante per CATL. La raffinazione del nickel per arrivare a materia prima di elevata qualità proviene da solfuri o da lateriti: buoni solfuri di nickel non sono geologicamente abbondanti, mentre il contenuto di nichel nelle riserve di laterite è relativamente basso.
Negli ultimi anni la tecnica di estrazione di nichel dalle riserve di lateriti da parte di molti protagonisti del settore tra cui appunto Ningbo Lygend ha puntato sulla lisciviazione del minerale mediante la tecnologia chiamata HPAL (High Pressure Acid Leaching) per trasformare minerale di nickel di bassa qualità in materia prima adatta alle batterie.
Sia CATL, sia LG Chem secondo quanto scrive The Straits Times sono interessati a lavorare con Antam impiegando la tecnologia HPAL. I processi HPAL inseriscono gli impasti da raffinare in autoclavi ad alta temperatura immersi in acido solforico. Sia la lavorazione sia i materiali residui non sono i più eco-friendly pensabili.
Il che visto dalla Vecchia Europa potrebbe diventare un fardello consistente, perché il vicepresidente della Commissione Europea Maros Sefcovic ha confermato anche recentemente l’intenzione di Bruxelles di chiedere batterie davvero sostenibili, penalizzando con dazi e barriere alle frontiere quelle che tali non fossero, anche e specialmente se meno costose di quelle che saranno prodotte da Northvolt o Freyr.
Questo spiega il grande fermento innovativo che c’è da parte dello stesso settore estrattivo. Il gruppo britannico Altilium da tempo pubblicizza un nuovo metodo di lisciviazione che ha il nome commerciale DNi Process e che Chris Gower, direttore generale dell’azienda, ha riassunto durante un recente webinar organizzato da Benchmark Minerals.
Il processo, ha sottolineato, può lavorare più tipi di lateriti invece della sola limonite come l’HPAL, funziona a 110° e 1 atmosfera invece che ad alta pressione e ad oltre 250° come l’HPAL. Inoltre invece che 250-500 chili di acido a tonnellata lavorata come il processo concorrente ne richiede 30-80 di acido nitrico, che a lavorazione terminata diventa fertilizzante invece che residuo tossico da trattare.
I nuovi progetti, sia in Indonesia, sia altrove, hanno in altri termini davanti la prospettiva di ridurre l’impronta di sostenibilità, se non intendono rischiare di diventare poco competitivi proprio nel mercato europeo, che ha superato quest’anno la Cina per consegne di auto elettriche.
Che la sostenibilità nel settore delle materie prime non sia una moda passeggera non è solo l’attività di Altilium a dirlo. Il progetto australiano Sunrise che si sta attrezzando per raffinare abbastanza nickel annualmente da fornire la domanda necessaria per produrre 38 GWh di batterie, punta a inserire nella catena della lavorazione energia rinnovabile per abbassare le emissioni da 45,4 chili di CO2 per ogni chilo di nickel prodotto a 28,4, valori che vanno a impattare in modo significativo il ciclo di vita completo del veicolo.
Un calo della consistente impronta di emissioni all’inizio della catena comporta miglioramenti sostanziali della sostenibilità a lungo termine di un veicolo che usa le batterie con una origine più verde.