POLICY

Le ambizioni von der Leyen e i timori “verdi”

Portare entro il 2030 la riduzione delle emissioni al 55% è un traguardo ambizioso bene accolto da chi ha a cuore la sostenibilità; ma se l’approdo piace, la rotta scelta è quella giusta?

Come anticipazioni di stampa suggerivano da tempo, l’ex-ministro tedesco della Difesa intende dare le ali alle ambizioni europee sulle emissioni per accelerare la corsa verso la neutralità sulla CO2 nel 2050. Ursula von der Leyen ha chiesto per il 2030 che rispetto al parametro 1990 la riduzione arrivi al 55%, rispetto al 40% iscritto nei trattati, con i paesi membri ed il Parlamento che nei prossimi mesi dovranno confermare o modificare il piano.

Il colpo di acceleratore sarebbe in linea con il più ampio programma noto come European Green Deal e per trasformarsi in realtà entro il giugno 2021 dovrà vagliare una mole di aspetti. Di uno, il Carbon Border Adjustment Mechanism. ci siamo occupati subito. Gli altri li ha dettagliati lo stesso presidente della Commissione.

“Rivedremo tutta la nostra legislazione su clima ed energia per renderla adatta al 55%”, ha spiegato von der Leyen. “Miglioreremo lo scambio di quote di emissioni, stimoleremo le energie rinnovabili, miglioreremo l’efficienza energetica, riformeremo la tassazione dell’energia”.

Il 37% di NextGenerationEU , che ingloberà il Recovery Fund, sarà speso direttamente per obiettivi del Green Deal europeo. Aumentare dal 40 al 55% il target di riduzione della CO2 da conseguire entro la fine del decennio “è troppo per alcuni e non abbastanza per altri”, ha ammesso la von der Leyen, “ma per noi l’obiettivo è ambizioso, realizzabile e vantaggioso per l’Europa”.

“La nostra valutazione d’impatto mostra chiaramente che la nostra economia e la nostra industria possono gestirlo”, ha spiegato citando l’appello per la sostenibilità arrivato a inizio settimana da alcune delle più grandi aziende del mondo.

Non sarà una passeggiata, perché il progetto è ambizioso. Lo ha ammesso ieri Frans Timmermans, che è alla vicepresidenza con le competenze sul clima: “cercheremo di ottenere le stesse riduzioni in questa decade per cui in passato sono stati impiegati oltre 25 anni. Abbiamo politiche, persone e i fondi per supportarla. Ma la chiave è l’equità. La transizione avrà successo solo se sarà giusta”.

Quello dell’equità è un tema su cui ha attirato l’attenzione una critica della ONG ambientalista T&E. Tra molti apprezzamenti sull’obiettivo del 55% gli esperti di Transport&Environment non nascondono timori per la ventilata inclusione dei trasporti stradali nel mercato ETS dei certificati verdi, accanto alle utility, compagnie aeree e gli altri settori che ora già popolano tale mercato.

Richiedere alle società petrolifere di comprare a loro volta certificati sulle emissioni porterebbe a immediati aumenti dei prezzi dei carburanti che si riverserebbero in modi sproporzionato sugli strati meno abbienti della popolazione europea. Willem Todts, direttore di T&E, ha sottolineato come il fattore scatenante del fenomeno dei “gilet gialli” in Francia sia stato proprio l’aumento delle accise sui carburanti.

A fronte di riduzione limitata delle emissioni mediante questa misura, ci potrebbe essere un aumento certo di 6-12 centesimi al litro, ha sottolineato la ONG. E cosa succederebbe sul mercato ETS dei certificati verdi?

La Commissione ha iniziato a tracciare scenari, considerando che potrebbero il prezzo dei certificati sulle emissioni di carbonio potrebbe essere compreso tra €32 e €44 a tonnellata di CO2 nel 2030, misurato a prezzi ancorati al 2015. Ma la società Refinitiv (ex-Thomson Reuters) prevede nel 2030 il bordo superiore a €59, che raddoppierebbe i prezzi attuali dei permessi.

Secondo il parere di più di una ONG verde, sarebbero più diretti i risultati ottenibili insistendo sui valori di emissioni delle flotte di veicoli europei, la cui riduzione ha contribuito in modo fondamentale a portare la quota continentale di vendite di auto elettrificate ad un decimo del mercato del nuovo nei mesi estivi.

Ed è interessante come i gruppi auto stiano reagendo alla offensiva della von der Leyen: cercando, più che lo scontro, di pungolare Bruxelles. Il direttore generale dell’ACEA, l’associazione continentale delle case auto, Eric-Mark Huitema ha commentato che “i policy maker dovrebbero mettere in campo non solo gli obiettivi ma anche le politiche a loro supporto per tutti i tipi di veicoli, senza le quali questi target semplicemente non saranno raggiungibili”.

Secondo ACEA queste politiche anzitutto dovrebbero promuovere una rete continentale di punti di ricarica e di stazioni di rifornimento (per l’idrogeno) con traguardi vincolanti per gli stati membri, associati a schemi di incentivi economicamente percorribili per trasformare la transizione alla mobilità sostenibile in una opzione alla portata di tutti gli europei.

In altri termini prima l’ACEA vorrebbe vedere funzionante una infrastruttura adeguata, incentivi all’altezza e un nuovo sistema ETS in grado di stabilire prezzi e scambio dei certificati verdi. E solo in seguito riequilibrare gli obiettivi futuri sulla CO2 nell’Unione.

Su un tema come quello delle postazioni pubbliche di ricarica probabilmente ACEA, case auto in genere e Bruxelles troveranno rapidamente composizione. Meno rapido l’accordo su altri punti caldi, come il fissare una data continentale per il bando ai motori termici o il segmentare le fasi tra veicoli passeggeri, commerciali o i trasporti non stradali.

Altre associazioni datoriali e industriali, come la tedesca BDI, hanno accolto i nuovi obiettivi con più scetticismo. Il presidente della confindustria federale Dieter Kempf ha sottolineato che elevare prevedere per il 2030 un ulteriore 15% comporterebbe quintuplicare gli sforzi dei 27 paesi membri. E secondo i calcoli del loro centro studi solo per la Germania arrivare ad essere climate neutral entro il 2050 costerà €2.300 miliardi di investimenti.

Ma la differenza tra gli obiettivi posti nel recente passato ed il 2020 è che oggi in Europa non c’è solo la tecnologia e il potenziale, ma anche la volontà politica che ha deciso di mettere da parte la religione del braccino corto per mobilitare le risorse necessarie per dare alla prossima generazione uno slancio verso il futuro e non una occasione di rimpianti.

Credito foto di apertura: ufficio stampa Commissione Europea