La ricerca di Kyoto University e Toyota su batterie agli ioni fluoruro scotta
È “duello” sull’elettrolita migliore per le FIB: il laboratorio di Yoshiharu Uchimoto inverte la rotta rispetto allo studio di JPL, Nasa ed Honda e rilancia sugli elettroliti allo stato solido
Lo scorso 10 agosto, come riferisce un articolo apparso sull’edizione inglese della Nikkei Asia Review, una squadra di ricercatori della Kyoto University ha pubblicato sul Nihon Keizai Shimbun gli ultimi progressi di una tecnologia delle batterie mirata a condensare più energia in celle più compatte ed agili.
Si tratta dei risultati di un progetto sostenuto dal programma JST Future Society Creation Project a cui hanno collaborato anche Tohoku University, NIMS, Shinshu University e soprattutto Toyota Motor Corp.
Il gruppo auto giapponese come noto partecipa già insieme a Panasonic ed altri partner al programma LIBTEC per sviluppare entro il 2023 una nuova tecnologia di batterie agli ioni di litio con elettroliti solidi.
Nel caso dello studio guidato dall’ateneo di Kyoto, si tratta invece di un lavoro di ricerca condotto su una batteria agli ioni di fluoruro in grado di stoccare fino a sette, otto volte la densità di energia gravimetrica raggiungibile da una convenzionale agli ioni di litio.
Il prototipo di questa batteria è stato realizzato da un team diretto da Yoshiharu Uchimoto, professore e leader di un laboratorio che porta il suo nome alla Kyoto University (dove si occupa anche di altre ricerche avanzate, ad esempio su celle agli ioni di magnesio). L’anodo di questa cella è composto di fluoruro, rame e cobalto, mentre il catodo è fatto di lantanio.
Già da alcuni anni tra le alternative da cui ci si aspettano prestazioni notevoli ci sono le batterie solid state con ioni di fluoruro, che usano le proprietà di trasporto di questi ioni per far lavorare coppie di elettrodi insoliti nel panorama attuale del settore.
Proposte per la prima volta quasi quaranta anni fa da Claude Lucat, non si sono finora imposte commercialmente, da un lato per la scarsa conduttività ionica dei materiali selezionati e dal punto di vista pratico per la corrosività del fluoruro.
Ma soprattutto perché i dispositivi realizzati generano elettricità per migrazione degli ioni fluoruro da un elettrodo all’altro attraverso un elettrolita solido la cui efficacia arriva all’apice solo a temperature superiori a 150°, limitandone molto i campi di applicazione.
E tuttavia nella scorsa decade alcuni risultati dovuti a fluoruri nanostrutturati hanno portato al riproporsi di nuovi progetti, come ad esempio quello quadriennale francese Fluobat, che oltre a centri di ricerca vedeva coinvolte anche le grandi aziende Saft e Solvay.
Maximilian Fichtner e Munnangi Anji Reddy al KIT di Karlsruhe nel frattempo presentavano al 220° congresso della Electrochemical Society un lavoro che avrebbe fatto da battistrada per il settore.
Malgrado le difficoltà, l’interesse per le batterie agli ioni fluoruro si spiega coi tetti teorici raggiungibili per quanto riguarda potenziali (3,0-5,0 V) e le densità di energia (tra 1.000-2.000 Wh/kg-1 e tra 2.000-5.400 Wh/l-1).
Il meccanismo abituale di questi dispositivi è un processo di conversione tra fluoruro metallo (MFx) al catodo e un metallo (M’) all’anodo separati da un elettrolita nel quale transitano nei due sensi ioni fluoruro. La scarica completa porta alla riduzione di MFx nel metallo M e all’ossidazione di M’ nel corrispondente fluoruro metallo M’Fy.
Nel dicembre del 2018 le batterie agli ioni fluoruro sono tornate di attualità quando un folto gruppo formato da ricercatori di Jet Propulsion Laboatory, NASA, Caltech, Honda e altri partecipanti aveva pubblicato un paper dal titolo “Room-temperature cycling of metal fluoride electrodes: Liquid electrolytes for high-energy fluoride ion cells”, che come è ovvio indicava i risultati ottenuti dal team coordinato da Simon C. Jones.
Il progetto ha previsto come catodo un nucleo di rame e un guscio di trifluoruro di lantanio, Cu@LaF3 che accoppiato ad un anodo metallico (cerio) elettropositivo si è rivelato adatto a creare un dispositivo ad alta energia a temperatura ambiente che lavora con un elettrolita liquido invece che solido come in altri prototipi sviluppati.
La chiave per riuscire a far funzionare, sia pure con una vita ancora troppo breve, una batteria agli ioni fluoruro con un elettrolita liquido invece che solido è stata il BTFE, fluoruro di neopentil alchilammonio e al bis(2,2,2-trifluoroetil)etere. Un solvente organico che contribuisce molto a mantenere lo ione fluoruro stabile durante il movimento (shuttle) tra gli elettrodi.
Il lavoro degli scienziati dell’università di Kyoto e colleghi ripropone adesso una batteria agli ioni fluoruro dove l’elettrolita sarà solid state piuttosto che liquido come quello che ha guadagnato a Honda, JPL e partner i primi brevetti.
Quello che non cambia in entrambe le ricerche è il modo di far lavorare nel modo più efficiente e sicuro possibile gli ioni fluoruro. Se nelle batterie convenzionali gli ioni di litio sono caricati positivamente, e chiamati cationi, in quelle alternative gli ioni fluoruro sono caricati negativamente e prendono il nome di anioni.
In una fluoride-ion battery, o FIB, come sviluppata da Kyoto University e Toyota i ricercatori ritengono che sia il caso di tornare all’elettrolita solido per la sua stabilità, anche se questo significa tenere sotto controllo le temperature dell’elettrolita quando viene portato al livello a cui meglio conduce, e la tendenza ad espandersi che si verifica negli elettrodi quando la batteria è a regime.
L’università giapponese e gli esperti Toyota ritengono di aver raggiunto un modo di evitare che gli elettrodi si espandano eccessivamente grazie alla loro lega di cobalto, nickel e rame.
Il team ora sta affinando le proprietà del metallo impiegato all’anodo per raggiungere le massime qualità di efficienza nelle fasi di carica e scarica senza che la batteria perda eccessivamente capacità.
Anche se la ricerca di Kyoto University e Toyota è interessante perché appare riaprire la strada all’impiego di elettroliti solidi nelle FIB, le opportunità di commercializzazione vanno considerate cum grano salis. O se preferite con l’ottica di lungo corso tipica proprio del gruppo Toyota nella tecnologia.
Quando vedremo sui veicoli dell’attuale decade batterie solid state saranno certamente provviste di celle agli ioni di litio, mentre le FIB secondo gli scienziati giapponesi potrebbero essere materiale pronto per la prossima.