Un “pacchetto di mischia” australiano sfiderà la Cina sulla grafite
Il materiale scelto di default per gli anodi di quasi tutti i veicoli elettrici non è il componente più pregiato di una cella, ma gli effetti delle guerre commerciali attirano nuovi pretendenti
Secondo una slide apparsa in un articolo molto consultato quest’anno su Nature Energy, la scomposizione dei costi di una cella comporta che il 74,9% afferisca ai materiali; di questo solo il 14,3% è ascrivibile all’anodo.
Ma se i catodi sono responsabili del 49,5% dei costi di una cella che oggi spinge un veicolo elettrico, questo non comporta che ci sia scarso interesse sulle opportunità che circondano proprio la produzione degli anodi.
Una interessante analisi della Nikkei Asian Review ha di recente sottolineato come quel monopolio cinese che si dava per scontato nell’ambito degli anodi venga attualmente messo in discussione da un concorrente australiano, intenzionato a farsi valere nell’estrazione e nella preparazione della grafite.
Proprio questo è il materiale d’elezione per questi elettrodi, malgrado startup e centri accademici siano da anni al lavoro per soppiantarla chi con silicone, chi tornando al litio metallico, magari i Siena ad elettroliti allo stato solido.
Di questi sviluppi futuri Syrah Resources non si cura ed anzi, malgrado le tante difficoltà collaterali alla crisi sanitaria, questo mese ha aperto un impianto di trattamento della grafite nel sud degli Stati Uniti. In Louisiana il minerale proveniente dal Mozambico viene trasformato nella materia prima necessaria agli anodi di quasi tutti i veicoli elettrici.
Sebbene la grafite possa essere sintetizzata artificialmente come sottoprodotto della raffinazione, quella naturale è di gran lunga preferita per ragioni di costi e di sostenibilità. Alla Cina oggi fa capo il 60% dell’attività estrattiva di grafite naturale, e le sue aziende hanno una sorta di monopolio nella produzione di materiali per anodi.
L’azienda australiana intende quindi diventare con il suo progetto ormai lanciatissimo il più competitivo gruppo integrato verticalmente a produrre questo materiale per gli anodi al di fuori della Cina.
Non guasta che con la crescente cautela occidentale a legarsi ai fornitori cinesi (come insegna il caso Huawei in un settore del tutto diverso) diventi molto più agevole creare un portafoglio clienti in Europa e Stati Uniti.
A inquadrare questa contingenza favorevole per soppiantare fornitori cinesi Syrah non è da sola. EcoGraf intende, dopo aver raccolto i supporti finanziari adeguati, aprire un impianto di trattamento della grafite in Western Australia, probabilmente nel 2022. Per quel sito c’è già un accordo di programma siglato per fornire materiale per gli anodi a Thyssenkrupp.
L’impianto in Western Australia come quello della Louisiana riceverà il minerale dall’Africa, ma quello di EcoGraf proverrà dalla Tanzania. I volumi di fornitura prevedono che a partire dal terzo anno al gruppo tedesco arrivino 10.020 tonnellate che, secondo la Nikkei Asian Review, equivalgono alle necessità delle batterie di 370.000 auto elettriche (la testata non dice considerando quale capacità di batteria).
EcoGraf è convinta di poter ottenere una posizione favorevole nel mercato della grafite anche perché non usa per il processo di purificazione acido idrofluoridrico, che è un materiale anche ambientalmente nocivo.
Questo genere di considerazioni diventano sempre più importanti man mano i gruppi auto aumentato la determinazione a lavorare per la sostenibilità: questa stessa settimana il numero uno del gruppo BMW Oliver Zipse ha sottolineato come la parte variabile dei compensi dei suoi dirigenti di vertice sarà anche legata al centrare gli obiettivi di sostenibilità.
Da parte sua EcoGraf all’aspetto ambientale aggiunge quello dei costi di produzione ridotti, facendo a meno di questa sostanza. Non BMW ma piuttosto gruppi giapponesi e coreani potrebbero essere i primi clienti di EcoGraf.
Un altro contendente, ancora con radici in Australia, è Black Rock Mining, che ha siglato un accordo di programma col gruppo coreano dell’acciaio Posco (che investirà anche nel capitale sociale del partner) per collaborare a un progetto che punta a valorizzare un sito in Tanzania.
Secondo la società di consulenza britannica Roskill la domanda per grafite in tutti i possibili usi attuali si attesterà quest’anno a 2,6 milioni di tonnellate. La crescita della domanda prevista in questa decade è del 6% l’anno.
Non tutto è rose e fiori nel futuro della grafite, tuttavia. Lo spettro che si agita nelle notti dei dirigenti di Syrah Resources, EcoGraf, Black Rock Mining è quello di una guerra dei prezzi. Sullo stile di quella scatenatasi tra Russia, Arabia Saudita e altri produttori di petrolio e dalla quale tutti stanno uscendo con le ossa rotte.
Vista la posizione dominante dei produttori cinesi, essi potrebbero essere tentati dall’accrescere l’offerta facendo calare i prezzi per mettere fuori i nuovi arrivati. Ma forse la crescita della domanda futura per auto elettriche, le loro batterie e i loro anodi (almeno fino a quando non vedremo un progetto sul litio metallico industrialmente praticabile) sarà tale che potrà esserci posto per tutti. A meno che, naturalmente, le tensioni commerciali internazionali non esautorino del tutto il buon senso per passare alla logica di guerra.