Trapela ottimismo dal Global EV Outlook 2020
Malgrado le incertezze legate alla crisi post-pandemia, la IEA ritiene che sulla spinta degli anni precedenti veicoli elettrici grandi e piccoli usciranno meglio da questo anno travagliato
In passato la pubblicazione dei report dell’agenzia internazionale dell’Energia era occasione abituale per toccare con mano lo scetticismo sulle opportunità offerte dalle energie alternative e dalla mobilità elettrica.
Da un paio di anni la prospettiva degli analisti della IEA è cambiata. Non solo l’approccio appare meno pessimista, ma nel Global EV Outlook 2020 appena pubblicato traspare anche perfino ottimismo. Specie considerato che gli effetti della pandemia non sono alle spalle.
Lavori di ricerca come quelli dell’agenzia parigina non sono ovviamente dettati dalle cronache (magari dall’apparire di seconde ondate di contagi) ma dai flussi a medio e lungo termine. E visto che lo spillover derivante dalla crisi sanitaria è considerato tutt’altro che trascurabile, può essere utile partire da questo aspetto.
“La pandemia Covid-19 influenzerà i mercati globali dei veicoli elettrici, sebbene in tono minore rispetto al mercato globale complessivo delle auto passeggeri”, scrivono gli analisti IEA, peraltro convinti che la contrazione rispetto al 2019 possa comportare una perdita percentuale del 15% delle vendite totali.
In questo quadro tutto considerato stimano che “le vendite di auto elettriche incideranno per circa il 3% delle vendite globali di auto nel 2020”. A sostenere questa prospettiva, i segnali che le contromisure prese a livello nazionale e sovranazionale per combattere la crisi post-pandemia non rinunceranno agli obiettivi di efficienza complessiva dei veicoli ed anzi spingeranno ancora sull’elettrificazione.
Occorrerà aspettare ancora sei mesi per accertare la consistenza di questa prospettiva, ma non va trascurato un aspetto importante: il quadro di un mercato globale in difficoltà e del settore elettrico in salute rappresenta un déjà vu, e per giunta molto recente.
Il Global EV Outlook 2020 non ha mancato di sottolineare come si tratti del copione visto nelle vendite di alcuni grandi mercati nel 2019. Cina (e India) non sono riusciti a superare l’anno scorso i livelli del 2018, ma in questo quadro la quota del 4,9% delle elettriche in Cina è stata un record.
Insieme alla quota del 3,5% in Europa, ha contribuito ad accompagnare quella globale al 2,6%, con ormai nove nazioni che hanno più di 100.000 elettriche sulle rispettive strade e la flotta complessiva cresciuta di altri 2,1 milioni di unità lo scorso anno.
Se il mercato dei veicoli passeggeri e quello degli autobus elettrici (il report ha dedicato sezioni specifiche agli ottimi risultati ottenuti dalla svolta verso bus a zero emissioni a Helsinki, Santiago e Shenzhen) beneficiano di venti favorevoli, si sta creando uno sforzo collettivo per alleviare una criticità: quella delle possibilità di appoggiarsi a punti di ricarica pubblica.
Il numero delle colonnine ad accesso pubblico nel 2019 è aumentato del 60%: l’incremento più consistente visto negli ultimi tre anni e soprattutto una accelerazione dell’infrastruttura rispetto ai ritmi di vendita dei veicoli elettrici utilizzati da privati, i più probabili destinatari dell’esigenza di ricaricare lontano da colonnine o wallbox di proprietà.
Certo una quota della crescita va ascritta alla solita Cina, ma emerge un crescente impegno generale a mitigare questo problema, che non si rivela solo a livello quantitativo (la lista include 862.118 postazioni globali) ma anche qualitativo.
Le postazioni fast sono in crescita e interventi dei regolatori non se ne dimenticano: nelle misure varate dalla Germania per sostenere la mobilità elettrica ad esempio ci saranno colonnine obbligatorie in futuro in tutte le stazioni di servizio.
Il favore di governi e regolatori per le soluzioni a zero emissioni locali hanno fatto alzare le previsioni rispetto alle edizioni precedenti nel Global EV Outlook 2020: lo stock di auto elettriche pure previsto per il 2030 è compreso adesso in una forchetta tra circa 75 milioni e 139 milioni di unità.
Secondo il più conservativo degli scenari tracciati dagli analisti IEA, nel 2030 la richiesta di elettricità dovuta a veicoli elettrici salirebbe di sei volte rispetto al 2019, fino a 550 TWh, che nel caso del panorama europeo rappresenterebbe un 4% dei consumi elettrici totali dell’area.
Qualora invece prevalesse il secondo e più ottimistico scenario di diffusione dei veicoli elettrici, l’aumento di domanda di energia rispetto al 2019 crescerebbe di 11 volte fino a quasi 1.000 TWh, equivalenti al 6% della domanda europea.
Per capire cosa la nuova domanda possa cambiare dal punto di vista del carico e della potenza di picco, forse può dare un’idea più concreta la stima dell’evoluzione della domanda nell’area di Milano fatta dall’ingegner Claudio Carlini di RSE sul piano di elettrificazione della flotta ATM.
Con circa 1.200 bus elettrici su strada nel 2030, saranno di attualità 600 MW di carico alla punta e 1.000 GWh l’anno, il che richiederebbe anche a Unareti di aggiungere nel corso del tempo nove nuove cabine nell’area metropolitana, per la prima volta dagli Anni ’70.
Poiché la IEA è una struttura nata nell’era degli idrocarburi, l’agenzia non manca nel suo Global EV Outlook 2020 come in altri studi precedenti di aggiornare le stime dell’impatto della mobilità elettrica rispetto ai consumi di combustibili fossili.
Nel 2019 secondo la stima i veicoli elettrici hanno evitato di bruciare 0,6 milioni di barili di petrolio al giorno (per inciso molte ONG ambientaliste considerano le valutazioni di questo aspetto troppo sparagnine). Con lo scenario base nel 2030 la cifra salirebbe a 2,5 milioni e a 4,2 milioni nel caso di una attuazione dello scenario più ottimistico.
Dove probabilmente la IEA susciterà discussioni è nella sezione dedicata al ruolo del ciclo di vita completo dei veicoli, o LCA (Life Cycle Assessment). Se il Global EV Outlook 2020 aggiorna i parametri di valutazione e conferma che in ogni caso sulla durata di vita le elettriche pure hanno un’impronta sul clima inferiore a quella dei veicoli termici, anche quando non sono alimentate da energie rinnovabili, l’attualità mantiene vivo il confronto tra soluzioni alternative come fuel cell e ibride ricaricabili.
“Con l’intensità dei gas serra da generazione elettrica uguali alla media globale attuale”, si legge nello studio, “i veicoli elettrici puri, i veicoli ibridi elettrici e quelli fuel cell hanno livelli di emissioni simili sull’intero ciclo di vita, e più bassi di quelli di un veicolo medio a combustione interna”.
Come anche intuitivamente suggerisce la tabella della IEA (ci sono 4 tonnellate di CO2 di differenza tra le due versioni di capacità di auto elettriche pure), entrano in gioco nell’equilibrio tra i vari veicoli fattori come la dimensione della batteria, il peso, l’autonomia: “aumentare il range di un veicolo elettrico puro riduce i suoi benefici relativi in confronto a veicoli termici o fuel cell“.
La prospettiva affrontata dagli analisti IEA è qualcosa che resterà di attualità anche in futuro e anzi crescerà probabilmente come argomento scottante, in Europa ed in America in particolare.
Sia per il successo dei veicoli ibridi plug-in dei maggior gruppi tradizionali su alcuni mercati europei, sia per la marea di nuovi SUV e pickup, da Rivian a Tesla, che affolleranno la futura offerta americana accompagnati da pacchi batterie grandi o addirittura esagerati per far contenta anche una clientela non necessariamente green.
Credito immagine di apertura: IEA