Le coreane con la presa sono refrattarie al Covid-19
Secondo il N.1 Kia in Europa Emilio Herrera la casa prevedeva di raggiungere a novembre i severi obiettivi 2020 sulle emissioni di CO2, la pandemia li anticiperà ad agosto
Oggi mancheranno esattamente quindici giorni al giro di boa di questo 2020 che finora si è rivelato anno bisestile tanto quanto nessuna persona superstiziosa fino al midollo avrebbe potuto immaginare. Un campo nel quale la superstizione non c’entra affatto mentre la pandemia 2020 invece sì, è quello delle emissioni clima-alteranti.
Dal 1 gennaio come noto sono entrati in vigore i nuovi limiti voluti dall’Unione Europea che richiedono ai gruppi auto di limitare i valori di emissioni delle rispettive flotte a 95 grammi di CO2 a chilometro, una media come è risaputo relativamente elastica perché parametrata alla produzione dei costruttori interessati.
Da tempo sui risultati del primo anno di applicazione della norma più restrittiva attuale esistono scuole di pensiero che spaziano dal cataclisma imminente al business as usual. Cosa c’entra la pandemia?
Se la prima reazione, quasi pavloviana, della lobby delle case ACEA è stata di chiedere un periodo di franchigia che smorzasse gli effetti negativi della crisi sanitaria, col passare delle settimane si accumulano segnali che, limitatamente al tema delle emissioni, quei timori siano meno fondati del previsto.
Non solo: se gruppi come PSA e BMW ancora da prima della pandemia sostenevano che sarebbero riusciti a raggiungere gli obiettivi prefissati per il 2020, ora man mano altre case auto aggiungono note di ottimismo.
Sebbene non sia certo un periodo che qualcuno si auguri di rivivere, il CEO europeo della marca Kia Emilio Herrera ha anzi sostenuto di recente con la testata britannica Autocar che il lockdown ha avuto l’effetto opposto.
Di solito, ha sottolineato Herrera, la casa coreana reagisce meglio alle crisi rispetto alla concorrenza. Nel primo trimestre se il mercato europeo ha perso il 26%, Kia ha contenuto i danni a circa il 14,5%. Non è tutto.
Ha spiegato Emilio Herrera: “Nel piano iniziale, supponevamo di raggiungere l’obiettivo sulla CO2 alla fine di novembre. Il nostro piano aggiornato include meno unità per le perdite di marzo ed aprile. Con la revisione delle vendite raggiungeremo la quota di CO2 alla fine di agosto, perché il numero di veicoli termici venduti si è ridotto pesantemente ma quello dei veicoli elettrici e delle ibride plug-in no”.
Per chi ha affrontato il 2020 con piani di consistenti consolidamenti dell’offerta elettrificata, in questo ambito ristretto e delimitato che riguarda le emissioni la vita sembra più facile dopo la crisi sanitaria di quanto non fosse prima.
Un caso che è quasi un rovesciamento della situazione per PSA, col gruppo diretto da Carlos Tavares che, dopo aver puntato i piedi a lungo sugli obiettivi voluti da Bruxelles, ora vede negli spreadsheet delle vendite numeri lusinghieri proprio grazie alle auto con batteria di trazione.
Come riferiva pochi giorni fa Challenges, da sola Peugeot avrebbe venduto in Francia il 24% delle nuove 208 in versione elettrica pura tra gennaio e maggio, un esemplare su quattro; ben al di là dell’obiettivo del 15% sul mercato dell’Esagono. I numeri di giugno, coi nuovi bonus e premi alla rottamazione in Francia ed in Germania, diranno quale sarà l’esito.
PSA appare peraltro relativamente tranquilla visto che analogamente a gruppi premium quali Daimler e BMW sta sfornando anche una offerta invidiabile di ibride con la presa. Il 30% delle vendite dell’ammiraglia del leone 508 ha avuto queste caratteristiche.
Un ulteriore contributo all’obiettivo fissato a livello di gruppo PSA per il 2020 di 93 grammi di CO2 a chilometro, con ciascun marchio che è tenuto a non superare i 95 grammi di CO2 sull’insieme di veicoli nuovi immatricolati in Europa, a fronte di una media PSA che per il 2019 era attestata a 114,4 grammi.
Non tutti sono convinti che questo effetto positivo a sorpresa del Covid-19 sia destinato a confermarsi a gioco lungo. La società di consulenza AlixPartners oltre ad esprimere la previsione di un crollo di 36 milioni di unità per il mercato globale dei prossimi tre anni, non prevede effetti positivi per l’imminente momento della verità del confronto tra gruppi auto e regolatori europei.
Nel più recente dei propri periodici report AlixPartners indica un gap del 21% tra gli attuali obiettivi sulle emissioni fissati dalla manifattura auto nel corso di questo travagliatissimo 2020. Le multe conseguenti resterebbero quindi di attualità, con un’entità che nel 2021 potrebbe tradursi in una cifra totale compresa tra i 10 ed 14 miliardi di euro.
Peraltro quella visione preoccupata non si può dire attualmente sia “contagiosa”. Perché malgrado la quarantena e gli spropositati danni collaterali i volumi delle auto elettriche continuano a muoversi verso una quota del 5% entro fine anno.
E se ci sono voluti 8 anni per arrivare in Europa Occidentale a un milione di BEV (ovvero modelli elettrici al 100%) immatricolati, ne basteranno probabilmente due per arrivare al prossimo milione.
A questo si aggiunga per le auto elettriche pure una fine anno in cui si riverseranno sui mercati modelli attesi in grandi numeri ma a scoppio ritardato, come Volkswagen ID.3 e Fiat 500.
E il tutto senza contare 100 nuovi modelli PHEV omologati nei primi cinque mesi del 2020, un settore che abbiamo visto diventare con rapidità sorprendente una leva determinante per abbassare i livelli medi delle flotte. E non solo, come si è visto, di quelle di auto coreane.