Semaforo verde dal Decreto Rilancio a bici e micromobilità
Nella manovra da €55 miliardi ci sono €120 milioni per il rinnovato buono mobilità valido nel 2020, modificato il Codice della Strada per ricavare più spazi destinati alle due ruote
La lunga, lunghissima attesa del Decreto Rilancio si è esaurita ieri a fine pomeriggio al termine di un Consiglio dei Ministri che ha confermato, nel pacchetto complessivo di misure di una manovra da €55 miliardi, anche quelle per la mobilità sostenibile.
Come nelle aspettative le misure riguardano il settore delle due ruote: bici e micromobilità scelte come leva efficace e rapida per dare sollievo ai problemi degli spostamenti urbani, resi più complicati dagli effetti della pandemia.
L’articolo 205 (sul quale a qualche ora dal traguardo si erano diffusi timori di una clamorosa cancellazione) è quello che riguarderà le due ruote e le soluzioni per renderle più popolari e pratiche. Il buono mobilità per l’acquisto di biciclette, bici a pedalata assistita, monopattini elettrici, è infine stato confermato.
La quota da sborsare per entrare in possesso di un nuovo mezzo a due ruote sarà del 40%. In passato si sperava in un ancora più generoso 30%, mentre il 40% di spesa a carico dei consumatori significa che occorrerà un acquisto da €833 per potersi valere dell’importo massimo rimborsabile di €500.
La validità della misura varrà fino al 31 dicembre 2020 e sarà retroattiva. Ovvero, se un cliente ha acquistato una bici a partire dal 4 maggio 2020, avrà comunque diritto ad attingere ad una quota dei €120 milioni che il ministero dell’Ambiente erogherà, con modalità che saranno definite con circolari successive al Decreto Rilancio, e speriamo di non altrettanto difficile gestazione.
Destinataria dell’incentivo all’acquisto del 60% è il pubblico residente nei maggiori e minori centri urbani italiani, con popolazione superiore a 50 mila abitanti. Oltre al nuovo incentivo, di cui si potrà usufruire per un solo acquisto, resta confermato il bonus mobilità per tutto il 2021 già previsto da DL 111/2019.
Una misura che, finora con poca fortuna, ha cercato di attirare i residenti delle aree più inquinate, tra cui quasi tutto il Nord Italia e le aree metropolitane del Centro e Sud, a rottamare auto di classe Euro 3 o le moto più inquinanti da scambiare con un voucher da €1.500 (o da €500 rottamando le due ruote) da impiegare con abbonamenti del trasporto pubblico locale e regionale o con servizi di mobilità condivisa, car sharing, bike sharing o altro.
Questa offerta il provvedimento del governo Conte la rinnova anche col Decreto Rilancio, visto che il nuovo bonus mobilità potrà essere erogato per usufruire di servizi di mobilità condivisa. Ma non di servizi a quattro ruote: lo sharing di bici e moto elettriche quindi ha luce verde, mentre per il car sharing c’è semaforo rosso.
L’avvio del “bonus mobilità” si spera possa contribuire al rilancio del settore delle biciclette in un periodo cruciale in cui la filiera era ferma. Aiutando così anche una manifattura nazionale che, come ricordava il ministro dell’Ambiente Sergio Costa è leader globale.
L’articolo 205 (Misure per incentivare la mobilità sostenibile) mette mano anche al DL 111/2019 introducendo le corsie ciclabili e soprattutto al Codice della Strada per aggiornarlo con la “casa avanzata”.
Si tratta di uno spazio di arresto di almeno 3 metri previsto sulle strade con limite di velocità non superiore a 50 km/h, che sarà riservato alle due ruote e delimitato da una linea avanzata rispetto a dove si fermeranno ai semafori gli altri veicoli.
Il nuovo Decreto definisce anche la “corsia ciclabile”: la parte longitudinale della carreggiata posta a destra e delimitata da una striscia bianca discontinua, valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli.
Come spesso avviene nelle norme, anche l’articolo 205, che pure mette le basi per creare miglioramenti alla congestione del traffico, contiene una quota di ambiguità. Lo ha fatto notare subito su Il Sole 24 Ore Maurizio Caprino, che si occupa con regolarità di temi del traffico e della sicurezza.
Così come viene indicata dalla norma, la bike lane non sarà sempre una vera e propria corsia riservata, ma solo «destinata» a bici, e-bike e monopattini elettrici.
Ovvero vedremo, comune per comune, interpretazioni che non sempre potranno fare a meno di dimostrare che sia stata ricavata una pista ciclabile anche dove l’insufficienza dello spazio a disposizione non lo avrebbe consentito.
In altri termini alcuni cittadini continueranno a dover pedalare come prima, più vicino agli altri veicoli di quanto sarebbe auspicabile. Peraltro va considerato che non è saggio aspettare la perfezione quando c’è l’occasione di agire con miglioramenti parziali.
C’è inoltre da sottolineare come manchino ancora le indicazioni sui soldi coi quali i Comuni dovranno mettersi al lavoro per realizzare le ciclabili di emergenza nella Fase 2. In molti casi i comuni sono già partiti, seguendo una positiva ondata di emulazione globale che riguarda metropoli come Parigi e Budapest.
Ma riguarda anche aree turistiche: l’ultima di cui abbiamo appreso, in Costa Azzurra tra Antibes e Villeneuve Loubet, quasi a sottolineare che sarà bene cominciare a lavorare anche per accogliere con nuovi criteri un turismo che non starà lontano per sempre e in futuro potrebbe pretenderne di più di sostenibilità. In Italia progetti del genere esistono da tempo, anche ambiziosi (come quello della ciclovia tirrenica nato nel 2016). Sarebbe un peccato sacrificarli.