La Cina estende la durata degli incentivi, ma saranno meno generosi
I clienti delle auto elettriche li avranno fino al 2022, ma parametri sempre più complicati seminano il dubbio che il regolatore voglia stabilire in anticipo quali case ne trarranno più benefici
Questa settimana si sono affacciate notizie che alcuni hanno interpretato come una retromarcia del primo mercato per le auto a zero o basse emissioni: la Cina. In particolare ipotizzando un rilancio della motorizzazione convenzionale, a danno dei progressi sulle emissioni.
Ma non è affatto quello che è emerso dalle decisioni del MIIT, il ministero dell’Industria cinese. Salvo pensiate che sia una marcia indietro approntare un piano quadriennale per aggiungere al settore dell’auto elettrica propriamente detto uno stimolo al settore dell’idrogeno, per l’auto privata e soprattutto per i mezzi commerciali e il trasporto pubblico.
Ma anche l’auto elettrica non è stata abbandonata: i sussidi che sono stati introdotti dal 2009 ma avevano subito un drastico ridimensionamento a partire dall’estate 2019 (portando le immatricolazioni dello scorso anno il 4% al di sotto di quelle 2018) avrebbero dovuto finire in archivio a fine 2020. Invece resteranno in vigore per altri due anni fino al 2022.
Nel frattempo il MIIT preparerà nuove linee guida per rimodellare tutto il settore, che varranno dal 2021 al 2035. Ma gli incentivi che dovranno supportare un mercato dei NEV (New Energy Vehicles) che a marzo è sceso del 53% e a febbraio del 75% in base ai dati della China Passenger Car Association non saranno gli stessi cui clienti e concessionarie cinesi erano abituati finora.
Sussidi per più tempo non significherà però che i sussidi tornino alla generosità di tempi passati. Il regolatore cinese ha infatti deciso di tagliarli del 10% quest’anno, del 20% nel 2021 e del 30% nel 2022.
I nuovi sussidi sono basati su complicati coefficienti, con i modelli a breve autonomia ancora esclusi e quelli ad ampia autonomia ( >400 chilometri con il vecchio standard NEDC) più premiati di quelli con autonomia media (tra 300 e 400 chilometri). Altri coefficienti discrimineranno in base a tre classi di peso minimo, con requisiti di efficienza nel consumo energetico ogni 100 chilometri.
Le linee guida entrate in vigore il 23 aprile avranno una fase di transizione fino al prossimo 22 luglio. Un aspetto interessante della nuova gestione degli incentivi è che entrerà in vigore una soglia massima oltre la quale non si avrà diritto a sussidi, fissata a 300.000 yuan, poco più di $42.000, il giorno in cui le norme sono state annunciate.
Esperti della CPCA, l’associazione delle case, hanno razionalizzato così la scelta della soglia: 1 kWh di capacità della batteria costa alla manifattura circa 1.000 yuan. In Cina non ci sono auto in commercio con pacchi di capacità superiore ai 100 kWh, quindi valutando a 30, 40% la quota del costo della batteria sul prezzo totale di un’auto, quella soglia di 300.000 yuan sembra adeguata a compensare i costruttori.
Secondo numerosi costruttori cinesi, nel differenziale di prezzo tra modelli convenzionali e modelli elettrici dovuto ai costi delle batterie ancora elevati, da quando gli incentivi sono stati drasticamente ridotti su una vendita di un’auto di fascia media il produttore perde tra i 20.000 ed i 40.000 yuan. Una cifra che può diventare più grande per modelli con batterie più grandi.
Ma ai calcoli si affianca anche un dubbio, trattandosi di norme modellate in Cina: il regolatore estende sì gli incentivi, ma piantando i paletti in modo da sapere in anticipo a chi vadano i maggior beneficiari.
E la maggior parte degli occhi si sono rivolti a Tesla, come noto la casa che più ha goduto di appoggi pubblici per superare in bellezza la fase acuta della crisi sanitaria.
La prima reazione della casa californiana è stata di alzare i prezzi: la Model 3 SR+ e la Long Range costruite a Shanghai da questa settimana costano rispettivamente 303.550 e 344.050 yuan, quasi che i manager di Elon Musk avessero voluto fugare i dubbi di provvedimenti su misura.
Ma i concorrenti, specie quelli delle startup cinesi hanno il dubbio che in estate i prezzi delle Model 3 prodotte a Lingang possano scendere di nuovo, scendendo sotto i 300.000 yuan e giustificando circa 30.000 yuan di sussidio per la clientela. Per una vettura elettrica media con poco più di 300 chilometri di autonomia NEDC, il sussidio ammonterebbe a circa 16.200 yuan.
Che i concorrenti ai vertici delle startup cinesi siano preoccupati di un ulteriore slancio favorevole a Tesla è comprensibile. A marzo le vendite delle Model 3 Made in China hanno superato per la prima volta le 10.000 unità, circa dieci volte quanto sono state in grado di immatricolare alcune aspiranti rivali come NIO ES6, Lixiang One o Xpeng G3.
Il timore non riguarda solo possibili predilezioni per la casa americana insediatasi a Shanghai. Il regolatore cinese sembra gradire che in futuro oltre alla tecnologia dell idrogeno e all’offerta Tesla trovi spazio anche la soluzione delle batterie sostituibili rapidamente.
Un settore nel quale si sono già affacciate NIO e BAIC/BJEV, con quest’ultima che sta ampliando a ritmo accelerato l’infrastruttura di sostituzione di batterie per i taxi, settore nel quale ha un mercato importante e sta avviando un progetto-pilota anche in Germania. Intanto i modelli elettrici di costo superiore a 300.000 yuan non perderanno il diritto ai sussidi se disporranno di batterie a sostituzione rapida.