Non servono pillole per curare la “range anxiety”
Un post appena pubblicato attira l’attenzione sulla docilità con cui l’auto elettrica si è adeguata a una narrativa dell’auto convenzionale. Ma iPhone ed e-bike ci aiuteranno a cambiare
Nate Brinkerhoff, che ha da poco terminato il dottorato alla Stanford University con Mark Z. Jacobson, professore di Ingegneria Civile e Ambientale dell’ateneo californiano molto noto nel campo ambientalista, ha pubblicato un post sul portale medium.com esprimendo la sua convinzione che “c’è un futuro in cui il mondo non paragona i veicoli elettrici a quelli a benzina”.
L’articolo, il cui titolo originale completo è “Low range electric vehicles: a vehicle in line with consumer habits”, espone alcuni motivi che hanno finora ostacolato il diffondersi di veicoli elettrici convenienti e a bassa autonomia.
L’articolo insiste su autonomia e range anxiety come fattori dirimenti, spiega il ricercatore: “nella decade precedente questo paragone ha sfidato i costruttori a progettare la batteria con la chimica perfetta ed efficienza della gestione interna per competere con le possibilità di autonomia di guida delle auto a benzina”.
Un approccio che si vede ancora particolarmente bene nella logica delle startup nordamericane: sulla scia di chi ha fatto da battistrada (Tesla)
tutti, da Rivian a Lucid, inseguono grandi autonomie per anticipare le obiezioni che si aspettano dalla clientela di riferimento, quella nazionale anzitutto.
Ma, osserva Binkerhoff, mettere sotto controllo le emissioni nei trasporti richiederebbe piuttosto un’ondata di auto elettriche low range e accessibili. Potremmo tradurlo con una frase che farebbe invidia al comico Catalano: al futuro bilancio complessivo delle emissioni, migliaia di Dacia Spring farebbero meglio di poche centinaia di Rivian R1T.
Ma finora la narrativa è stata dominata dalla prospettiva dell’auto convenzionale. A tutto svantaggio delle citycar elettriche. Il metro di giudizio sui modelli elettrici si è conformato a quella logica, senza cercare alternative.
Come se, parlando di scarpe, il metro con cui valutare qualità e difetti di sneaker e scarpe da sera con tacco 12 fosse solo quello di giornalisti sportivi. O, viceversa, solo quello di giornaliste e influencer abituate a seguire le sfilate di Armani e Valentino. Il genere di scarpa poco familiare agli uni e alle altre non ne uscirebbe bene.
Se il rovesciamento di questa metrica è iniziato, lo si deve soprattutto a chi le auto elettriche le usa. Nel mondo così come in Italia, chi le guida di solito le ricarica di sera, quando è più comodo e conveniente.
Come si fa con iPhone o iPad. Per questo pubblico il confronto non è più tra ricarica e pompa di benzina. Ma tra l’esperienza di ricarica dell’auto e quella dell’elettronica di consumo. E l’esperienza smonta la narrativa a senso unico favorevole alla pompa di carburante.
Quello che il ricercatore di Stanford non arriva a dire, ma aggiungiamo di nostra iniziativa, è che per rendere meno guardingo il pubblico sulla praticità della ricarica serale l’esperienza con l’iPhone non è più unica.
In Europa e in particolare in Italia, cresce ogni anno la quota di chi si decide a montare su bici a pedalata assistita. E questo, crediamo, sarà un seme gettato per far crescere il frutto della normalità di un concetto di trasporto sostenibile e comodo basato sulla ricarica (e non sul rifornimento alla pompa).
Nel 2019 hanno sfiorato il totale di 200.000 le consegne di e-bike in Italia, con una crescita del 13% che è stata la più ampia nelle due ruote. Dalle 56.000 del 2015 si è passati alle 195.000 dello scorso anno (e con un incremento record della produzione nazionale: +209%).
I clienti delle e-bike che ancora non usano auto elettriche sono dei potenziali ambasciatori della normalità nella ricarica di quei veicoli, perché stanno già facendo quell’esperienza con le due ruote. Inoltre sono tra i primi ad aprirsi, quarantena permettendo, a una consapevolezza alternativa sulle distanze da percorrere con mezzi diversi.
Secondo i dati che Brinkerhoff compulsa nel suo post, negli Stati Uniti è di 120 miglia (poco meno di 200 chilometri) la distanza di guida giornaliera abituale che non richiede al pubblico la necessità di ricarica nel tragitto.
Ma da questo lato dell’Atlantico viviamo su distanze ben più ridotte di quelle nordamericane. A questo genere di autonomia arrivano anche le auto elettriche della vecchia generazione: le Volkswagen e-Golf, le BMW i3.
E a maggior ragione moltissime delle nuove compatte che i gruppi auto hanno previsto di far uscire in questo travagliato 2020. Così c’è da riflettere su quello che scrive l’autore americano: “la range anxiety è soprattutto una paura intensificata da quelli che hanno interesse a garantirsi che l’adozione di veicoli elettrici non avvenga mai”.
Brinkerhoff ha anche un ulteriore argomento per chi si focalizza sull’autonomia. Il confronto tra Tesla Model 3 e altri modelli in vendita negli U.S.A. gli suggerisce che più che al solo range la clientela sia attenta oggi al rapporto prezzo/autonomia.
E qui usa un argomento che sembra andare contro a ciò che intende dimostrare. Il miglior rapporto prezzo/autonomia (secondo una tabella presa a prestito dall’agenzia Bloomberg) in America appartiene a modelli che sono best seller nelle vendite e che hanno inoltre autonomie elevate.
Ovvero Tesla Model 3 Long Range (con rapporto prezzo/autonomia di $141 per miglio percorso), Chevy Bolt ($157) e Tesla Model 3 Standard Range ($160). Così nel lungo post del ricercatore di Stanford questo argomento sembra portare dalla parte opposta, senza convincerci che modelli con batterie di autonomia non iperbolica e smarcarsi dalla range anxiety vadano a braccetto.
Ma il ragionamento di Brinkerhoff vale più dell’esempio che porta a suo sostegno. Perché se si sceglie di valutare il rapporto prezzo/autonomia anche per modelli europei e si compila una tabella della gamma elettrica disponibile da questo lato dell’Atlantico si nota che fornisce risultati molto diversi da quelli americani.
Un po’ per la gamma diversa disponibile, un po’ perché autonomia WLTP e EPA non sono identiche, la metrica esportata in Europa come si vede è guidata da citycar elettriche: Renault Zoe, Peugeot e-208, Opel Corsa-e. Anche se i nuovi modelli PSA hanno appena iniziato a farsi notare dal pubblico e non hanno ancora avuto i successi di vendita di Zoe.
Ma la logica crediamo sia chiara. Anche nell’auto elettrica può esistere un’area dove non domina il carisma di marca o la camicia di forza della range anxiety: batterie dal costo ragionevole grazie alla rinuncia all’inseguire lunghe autonomie e quindi prezzi accessibili sono la cifra di questo spazio, che varrà la pena seguire.