BATTERIE

La ricerca sulle batterie si spinge oltre gli ioni di litio: 1 – il calcio (e lo zolfo)

QUESTO È IL PRIMO DI UNA SERIE DI 3 ARTICOLI: QUI IL SECONDO

Tra Trieste, Montpellier e Lubiana sta crescendo sotto traccia la ricerca di base su batterie con anodi di calcio ed elettroliti allo zolfo: il team ha recentemente visitato il sincrotrone del CERIC nel capoluogo giuliano

L’ampio spettro di motivi che spingono da tempo accademia ed industria a cercare alternative alla tecnologia agli ioni di litio, da quelli relativi alla sicurezza a quelli relativi all’etica, hanno già cominciato a produrre interessanti alternative quali batterie basate sugli ioni di sodio, di cui ci siamo occupati anche recentemente per dare conto degli ultimi sviluppi.

Se il sodio è una alternativa promettente, procedono però in parallelo anche ricerche sulle batterie multivalenti. Celle che, al contrario degli ioni monovalenti del litio, siano basate sul flusso di ioni multivalenti come quelli del calcio o del potassio, potrebbero offrire una capacità due, tre volte superiore a quella delle celle oggi più diffuse, anche sulle auto elettriche.

Alla ricerca su batterie che permettano di scavalcare gli ioni di litio sta contribuendo Lorenzo Stievano, professore di Chimica dei materiali all’ICGM di Montpellier, insieme ad un team che, supportato da fondi provenienti dal network europeo di ricerca Alistore, punta a identificare le opportunità future di utilizzo di un materiale quale il calcio che ha anche la dote di essere molto più comune del litio che oggi la fa da protagonista.

Inoltre Stievano & C. lavorano per sostituire il cobalto, frequentemente usato oggi nei catodi delle celle, con sistemi chimici più semplici e facilmente disponibili come lo zolfo, che rivaleggia col calcio come accessibilità e convenienza.

Le ricerche sono mirate a settori di applicazione nei quali non ci siano costrizioni tecniche relative allo spazio, e quindi siano richieste molte batterie come nei sistemi di accumulo, oppure dove non ci siano necessità particolari di leggerezza, come al contrario avviene per le celle destinate ad alimentare veicoli da trasporto.

La ricerca, condotta in collaborazione con il professor Robert Dominko dell’Istituto di Chimica dell’Università di Lubiana, ha condotto Stievano e il collega Itzok Arcon a fare le loro misure servendosi dell’Elettra, il sincrotrone del CERIC di Trieste, dove è stata scattata la foto d’apertura.

“Per scoprire qual è il meccanismo di funzionamento di questa batteria”, ci ha spiegato Stievano, “abbiamo creato un involucro con una “finestra” (di berillio in questo caso) per guardare all’interno quello che succede. Questo attraverso una tecnica, la spettroscopia di assorbimento dei Raggi X a bassa energia, che consente di studiare questa cella proprio durante il suo funzionamento, per capire cosa succeda al calcio ed allo zolfo”.

Al di là della complessità di padroneggiare la tecnica della luce di sincrotrone, che come noto è ed è stata utilizzata in modo generoso anche per studiare batterie ben più convenzionali, mettersi al lavoro su una cella che abbia come fulcro il calcio vuol dire aggiungere complicazione a complicazione.

“Far funzionare una batteria al calcio è complicatissimo”, conferma il docente trevigiano. “Si fa fatica perché è molto difficile ri-depositare il calcio sul calcio metallico dell’anodo (N.d.A. elettrodo che nelle batterie agli ioni di litio è formato da grafite, in qualche caso con aggiunta di silicio). Diciamo che sulla superficie del calcio metallico si forma una sorta di strato passivante che impedisce la ri-deposizione del calcio metallico”.

Finora quasi bastavano le dita delle mani per contare i team di ricerca dedicatisi a sviluppare una batteria a base di calcio, conferma Stievano: “ci sono pochissimi elettroliti che la fanno funzionare ed al momento a temperatura ambiente c’è n’è soltanto uno. Invece quello con cui stiamo lavorando al momento pare funzionare”.

L’elettrolita a base di borato, il calcio tetrakis (hexafluoroisopropyloxy) borato, o Ca[B(hfip)4]2 è di fatto il “motore” della batteria, quella parte che consente all’elettrodo positivo di comunicare con l’elettrodo negativo. E la cosa interessante scoperta da Stievano e colleghi è che che in questo caso funziona anche adottando catodi che contengano zolfo.

Gli elettroliti basati su sali di calcio Ca[B(hfip)4]2 finora hanno mostrato proprietà elettrochimiche molto promettenti, confermando le speranze di chi per primo ha aperto questa rotta: elevata stabilità ossidativa, elevata conducibilità ionica nonché buona capacità di cicli di calcio reversibili a lungo termine.

“Per il momento è una ricerca molto di base”, dice il professore dell’Istituto Charles Gerhardt, “questo tipo di elettrolita non è ancora perfetto. L’esperimento condotto al CERIC di Trieste, sulla base di quello che non ha funzionato ci permetterà di modificare la composizione di questo elettrolita. Fino ad arrivare un giorno forse a poter commercializzare questa batteria, che avrebbe prezzi molto contenuti e sarebbe nella pratica quello che potremmo definire una batteria rinnovabile“.

Credito foto di apertura: per gentile concessione di CERIC-ERIC