OPINIONI

1 gennaio 2020: sulle emissioni una barriera tra passato e presente

I dati 2019 sulle emissioni di CO2 in Europa peggiorati per il terzo anno consecutivo contrastavano coi primi due mesi di un 2020 che stava tracciando un quadro positivo. Finché…

Scrivere in questi giorni che in un breve spazio tra 2019 e 2020 tutto è cambiato, sembra una frase in cui traspare una tetra malinconia. Chiariamo subito che non ci saranno pretese psicologiche o filosofiche in queste righe.

Ci limiteremo a raccogliere elementi concreti che hanno a che fare con la sostenibilità del mercato auto e iniziamo convinti che, arrivati alla fine, concorderete che quando si tratta di emissioni davvero tutto è cambiato.

Facciamo subito un passo indietro al passato recente: al 2019. I numeri indicano che in Europa le emissioni di C02 hanno continuato a crescere. Secondo i dati raccolti e pubblicati dalla società di consulenza automotive Jato Dynamics, nei 23 mercati monitorati la media è stata di 121,8 grammi al chilometro, valori misurati con lo standard NEDC.

Si è trattato del terzo anno consecutivo di peggioramento: la differenza 2018/2019 è stata di 1,3 grammi a chilometro in più, rispetto ai 2,4 grammi nel biennio 2017/2018. La dinamica recente Felipe Munoz, analista di settore, l’ha così riassunta: “come ci si attendeva, la combinazione di meno immatricolazioni diesel e più SUV ha continuato ad avere un impatto sulle emissioni”.

Nel 2019 è cresciuto il contributo dei veicoli elettrificati al contenimento delle emissioni, ma non abbastanza. La media dei mezzi a zero o basse emissioni locali è stata di 63,2 g/km. “Il problema”, precisa Munoz, “sorge perché i mezzi elettrificati hanno contato solo per il 6% delle immatricolazioni totali, che non è ancora una quota abbastanza grande da creare un cambiamento positivo”.

I primi 20 brand dell’automobile, classificati secondo i dati medi di emissioni di CO2 delle rispettive flotte europee rilevati nel corso del 2019 (fonte dati: Jato Dynamics)

Nei cinque mercati principali in Europa solo la Francia ha lievemente migliorato (-0,9 g/km) nel 2019, mentre l’Italia è stata quella che ha fatto peggio (+3,0 g/km).

Da notare che alle spalle di Toyota, che guida la classifica dei gruppi auto con le minori emissioni grazie allo storico contributo della tecnologia ibrida (60% del volume dello scorso anno), seconda, terza e quarta per contenimento di emissioni sono state Citroën, Peugeot e Renault.

In questo caso i trend dei principali mercati appaiono una spia di quanto possa ancora essere un fattore la presenza di un costruttore nazionale: in Francia grazie alla presenza di lungo corso di Zoe c’era la quota maggiore di modelli con la presa nel mercato del nuovo: il 2%.

L’attivismo del gruppo PSA, che ormai ha aperto le porte a nuovi modelli elettrificati, sembrava migliorare ulteriormente il quadro, ma questo precedeva fattori esogeni come l’emergenza sanitaria e i suoi effetti.

I gruppi tedeschi e quello italo-americano stanno solo ora introducendo modelli da grandi volumi, e gli effetti di questi arrivi si vedranno solo parzialmente nel corso del 2020.

Peraltro leggere ora il bilancio delle emissioni 2019, certo influenzate dal crescente gradimento di SUV di ogni taglia, che hanno avuto una media di emissioni di 131,5 g/km contro i 107,7 delle citycar immatricolate, appare anche leggere un resoconto importante ma che delinea una fase passata.

Non perché si voglia a tutti i costi vedere il mercato auto con gli occhiali rosa. Ma precedentemente l’introduzione di incentivi o sanzioni in ogni settore economico ha creato di fatto date-spartiacque.

E le norme europee che limitano a 95 g/km dal 1 gennaio 2020 la media di emissioni delle flotte sono state uno di quegli spartiacque.

Quello visto finora è stato un “gioco” che non si giocava con le stesse regole attuali. Come i più attenti e scafati addetti ai lavori ripetono da almeno due anni, era prevedibile che solo dal 2020 i gruppi auto globali, Tesla esclusa, avrebbero aperto il rubinetto dell’offerta di modelli a zero emissioni. Oppure moltiplicato a dismisura quella di modelli a basse emissioni, ibride e ibride plug-in.

Prima del precipitare dell’allarme sanitario globale, in appena due mesi di nuove norme europee in vigore c’è stato chi ha fatto in tempo a prendere il polso della situazione e a verificare in che posizione era il suo gruppo auto per evitare le sanzioni che toccheranno a chi esagererà nell’immettere nell’atmosfera sostanze clima-alteranti.

E la risposta è che i gruppi francesi, e in particolare PSA, e il gruppo BMW appaiono aver iniziato con le migliori premesse questo 2020, rivelatosi bisestile oltre le più fosche previsioni, in questi giorni.

Gli obiettivi medi europei di 95 grammi di CO2 prodotta al chilometro, sono infatti parametrati alla stazza media delle flotte di ogni gruppo. Ovvero, Renault e PSA hanno iniziato il 2020 sapendo di dover raggiungere traguardi più restrittivi di quelli dei gruppi premium o di Volkswagen.

Nella conferenza stampa a distanza che ha sostituito quella prevista all’annullato Salone Auto di Ginevra l’amministratore delegato del gruppo di Rueil-Malmaison Carlos Tavares non ha fatto mistero di essere al passo fin dal primo gennaio. Fin da settembre 2018 PSA aveva deciso che a partire dal 2019 sarebbero state disponibili versioni elettriche o ibride su tutti i nuovi modelli.

Il traguardo rispettato è dovuto da un lato all’efficienza dei motori PSA convenzionali (una buona notizia anche per Renault perché il padre di quei prodotti Gilles Le Borgne è ormai passato a Boulogne-Billancourt) e dall’altro al gradimento immediato della nuova gamma elettrificata. La somma dei due fattori ha portato la flotta sotto la quota 2020 di 93 g/km. E le auto PSA con la presa hanno contribuito a due mesi record, a cominciare dal mercato di casa.

BMW dal canto suo festeggia che la propria flotta, certo non minimalista per modelli e taglia, sia al di sotto dei 104 g/km. La casa di Monaco di Baviera, che ha appena presentato i4, il modello che mancava al trio di elettriche pure in arrivo, può esibire finora la solita i3 e la cittadina Mini.

Ma il segreto nascosto in bella vista è che deve questi numeri a una pattuglia di ibride ricaricabili che sostengono la sostenibilità dell’intera flotta. A ogni infornata di nuove versioni plug-in si accompagnano valori di 43, 47, 48 grammi di CO2 a chilometro che, disseminati in quote crescenti nella flotta portano un contributo essenziale.

Se alcuni gruppi facendo i conti hanno tirato un sospiro di sollievo constatando che a partire dal 1 gennaio 2020 il panorama è sì cambiato ma che non è un panorama desolato, restano ancora in sospeso le valutazioni sugli effetti del nuovo scenario sugli altri.

Molti gruppi infatti, a cominciare da Volkswagen e da FCA, hanno impostato il loro 2020 scommettendo le loro carte sulla seconda parte, a iniziare dall’estate. FCA come noto avrà una data decisiva per la 500 Elettrica appena presentata nel 4 luglio, quando a Mirafiori sarà varata la linea.

Volkswagen ha preparato l’impianto di Zwickau ed è intenta a risolvere problemi di gioventù della ID.3 per una sorta di valanga estiva. Fino ad allora il gruppo di Wolfsburg si difenderà contando sul crescente contributo del trio di citycar elettriche, dell’ultima generazione di e-Golf e di un crescente numero di ibride.

In FCA sapendo che a far quadrare i conti del 2020 non sarebbe bastata la prima ondata di 500 Elettriche, da tempo si erano preparati accordandosi con Tesla per mettere in pool i valori di emissioni delle rispettive flotte 2020. Un’operazione come noto onerosa, ma che non si rivelerà indispensabile a gioco lungo, visto che in futuro la fusione con PSA inizierà a dispiegare i suoi effetti anche sulle linee di prodotto più sostenibile.

Il quadro precedente all’emergenza sanitaria non era completamente sereno, per quanto riguarda la svolta verso l’elettrico. Secondo un recente studio realizzato nella sede bavarese della società di consulenza Deloitte, le multe per i gruppi auto che seguiranno al conteggio dei valori di emissioni 2020 in Europa avrebbero potuto ammontare a €3,3 miliardi.

Secondo l’esperto Deloitte Thomas Schiller per diverso tempo ancora i costruttori faticheranno a far quadrare i conti con la transizione all’elettrico. Ma la stessa Deloitte prevede che la crescita maggiore di versioni elettriche pure ed ibride plug-in si verificherà nel segmento dei SUV: il 40% del totale, contro il 32% delle altre tipologie di veicoli passeggeri.

Dato che i margini sono notoriamente più favorevoli ai costruttori per i SUV venduti rispetto ad esempio alle compatte o alle citycar, con una fetta consistente di SUV elettrificati le case auto potrebbero prendere i tipici due piccioni con una fava.

In conclusione: malgrado i risultati poco incoraggianti dei dati 2019, e la presenza di criticità, in molti casi gli approcci alternativi scelti dai gruppi auto per affrontare la nuova era delle emissioni apparivano impostati in modo ragionevole per produrre risultati nel medio periodo. Le attuali incertezze sull’attuazione dei piani, non sono purtroppo sotto il controllo né degli amministratori delegati né delle loro aziende.

Credito immagine di apertura: JATO Dynamics