Pubblicato il report DMV sulla guida autonoma, sempre meno persuasivo
Solo la California fornisce dati sui progressi dei test sulla guida autonoma, ma tutta la Silicon Valley concorda su una cosa: i dati attuali non sono di aiuto alla trasparenza
In California ci sono attualmente 66 società (case auto o imprese della tecnologia) che hanno dal Department of Motor Vehicles, corrispondente alla nostra motorizzazione, i permessi per eseguire test con 769 veicoli dotati di sensori e computer per la guida autonoma avanzata su strade ed autostrade aperte al pubblico.
Ogni anno in questo periodo l’agenzia statale pubblica il sommario dell’attività dei vari iscritti nell’apposito elenco il numero di miglia percorse e la frequenza con la quale i supervisori che sono obbligatoriamente a bordo intervengono per prendere il controllo dai computer, indicati nel linguaggio tecnico della DMV disengagement.
Più passa il tempo e più questo appuntamento inizialmente atteso con grande curiosità appare un esercizio platonico. Anche se il risultato sembra coincidere con le opinioni degli addetti ai lavori su quali società abbiano accumulato più esperienza e know-how nel settore.
A cominciare da Waymo, che ha accumulato nel 1,45 milioni di miglia nello stato del Pacifico e registrato una quota di disengagement di 0,076 ogni 1.000 miglia percorse ha fatto sapere che considera il significato del report sterile.
La startup che sviluppa i progetti di guida autonoma per General Motors Cruise (che ha percorso 831.040 miglia con una quota di 0,082) ha definito un mito l’idea che da una bassa quota di interruzioni del controllo da parte dei computer sottoposti a collaudo si possa trarre una indicazione attendibile della possibilità di commercializzare presto un sistema.
Aurora, la startup fondata dall’ex-stella del progetto della Google-car Chris Urmson, dall’ex-Tesla Sterling Anderson e da Drew Bagnell che ha avviato un progetto di sviluppo di sistemi di guida autonoma con FCA centrato su veicoli commerciali e pickup ha percorso 13.429 con una quota di disengagement di 10,6 ogni 1.000 miglia, e a sua volta commenta indica che il criterio col quale è realizzato non è correttamente impostato.
Parte dell’attesa per il report realizzato dal regolatore californiano si spiega come reazione alla abituale tendenza di case auto e startup a mantenere il più possibile al buio media e pubblico su quelli che sono i loro progressi, salvo sporadiche pubblicazioni su blog aziendali o note stampa emesse dai reparti marketing.
In assenza di trasparenza qualsiasi informazione sembra diventare utile. Ma non è sbagliato ricordare anche il vecchio proverbio che suggerisce che è meglio non essere informati che essere male informati. Il punto è quanto sia significativa la metrica contenuta nei report DMV sulla guida autonoma.
Come sottolineano molti esperti del settore, una startup potrebbe, magari incentivata da un imminente IPO in borsa, decidere di registrarsi alla motorizzazione californiana per avere un permesso di test su strade pubbliche e poi realizzare più che un test sulla tecnologia, una campagna di marketing.
Come sanno tutti gli automobilisti che hanno la fortuna di guidare auto molto accessoriate, i sistemi ADAS come cruise control adattivo e sistema di mantenimento della corsia sono spesso in grado di fare un ottimo lavoro, anche senza essere sistemi a guida autonoma avanzata.
Poiché non viene richiesta uniformità nei programmi di test, una società potrebbe quindi percorrere migliaia e migliaia di miglia solo sulle autostrade, magari quelle più scorrevoli e lontane dagli ingorghi di Los Angeles, e otterrebbe di conseguenza una bassa quota di disengagement anche se i suoi sensori e il suo software non fossero all’altezza di quelli di Waymo, Cruise o Aurora.
Report dei test con un contesto e dettagli sarebbero certo molto più interessanti, ma anche se alcune società hanno sottoposto volontariamente memorie sulla sicurezza dei propri progetti di ricerca e sviluppo i ricercatori e scienziati del settore non hanno trovato in quei documenti grande aiuto per capire a fondo il livello di ogni sistema.
La difficoltà di capire il livello di avanzamento dei singoli progetti sulla guida autonoma avanzata non si limita alla difficoltà di “paragonare pere con mele” come oggi di fatto potrebbe avvenire.
Se si ricorda che la maggior parte dei progetti sono orientati a sviluppare robotaxi da impiegare nei servizi di trasporto passeggeri (altri progetti come quelli di Nuro ed Argo AI guardano con particolare interesse anche al trasporto merci), questo settore non riguarda più la DMV Californiana.
Se si guarda al trasporto di passeggeri con un concetto di servizio di ride hailing le richieste di permessi non vanno sottoposte alla DMV ma a un’altra authority di Sacramento: la CPCU. Questa agenzia finora ha rilasciato permessi soltanto a cinque società: Waymo, Cruise, Pony.ai, AutoX e Zoox. Non risulta che la CPCU informi il pubblico sui risultati della sperimentazione effettuata dalle aziende che ha autorizzato.
E tuttavia avere una metrica valida e trasparente sarebbe doppiamente interessante. Per il pubblico in generale, visto che i taxi di Cruise a San Francisco o di Pony.ai ad Irvine interagiscono col resto del traffico e dei pedoni.
Ma anche per gli investitori di queste aziende, per misurarne l’efficacia dei progressi. Non va scordato che la maggior parte di questi veicoli trasportano o dipendenti delle società o persone che utilizzano il servizio impegnandosi a sottoscrivere una clausola di riservatezza.
Sapere che una corsa per il passeggero è un’esperienza che può venire interrotta da brusche frenate o da improvvisi blocchi, che potrebbero verificarsi anche in assenza di interventi del supervisore di bordo (equivalenti ad un disengagement) è una cosa che certo interesserebbe chi ha investito denaro nel potenziale di un software.
Secondo una ricostruzione pubblicata in un articolo di The Information, fino a dicembre 2019 ammontavano a $16 miliardi le spese delle 30 principali aziende impegnate in progetti di guida autonoma avanzata. Gli investitori e gli analisti di settore oggi quel genere di feedback da chi ha viaggiato da passeggero sui veicoli dei progetti-pilota non possono averlo, al contrario dello staff impegnato sul campo.
Dei limiti e delle carenze attuali sulle metriche per valutare i programmi è consapevole la stessa motorizzazione. Il portavoce Martin Greenstein in occasione della pubblicazione del report DMV 2020 sulla guida autonoma ha precisato che questo non dovrebbe essere utilizzato per paragonare le varie aziende e trarre conclusioni sulle rispettive capacità tecnologiche. Nell’assenza di mappe ad alta definizione o di GPS per orientarsi, ai dati californiani è opportuno guardare con cautela come all’unica carta stradale disponibile.