BATTERIE

Dalla ricarica al gelo alla ricarica rapida: i progressi della Penn State University

Il gruppo di ricerca guidato da Chao-Yang Wang va controcorrente sulla ricarica ultra-rapida: per evitare problemi di placche di litio nelle celle meglio brevi picchi di dieci minuti a 60°

Padroneggiare le temperature che più favoriscono od ostacolano la ricarica delle celle agli ioni di litio sta portando un gruppo di ricercatori della Penn State University a fare scoperte con implicazioni potenzialmente molto interessanti per gli usi quotidiani dei veicoli elettrici.

Nel corso del 2016 Chao-Yang Wang (che occupa la cattedra William E Diefenderfer di ingegneria chimica presso l’ateneo della Pennsylvania) ed il suo gruppo avevano pubblicato i primi risultati di ricerche sul miglioramento delle prestazioni della ricarica in condizioni di bassa temperatura.

Questo è tradizionalmente un contesto non ideale per ottenere le migliori prestazioni nelle operazioni di immissione di energia nelle celle. Ma grazie a una modifica alla costruzione della cella che prevede l’inserimento di una sottile lamina metallica di nickel la cella si auto-riscalda.

Una estremità della lamina di nichel è collegata al polo negativo mentre l’altra si estende all’esterno della cella per creare un terzo terminale. Un sensore di temperatura collegato a un interruttore fa fluire gli elettroni attraverso la lamina per chiudere il circuito quando la temperatura della cella scende al di sotto di quella ambientale.

Questo consente di riscaldare rapidamente il foglio di nichel. Quando il riscaldamento della lamina porta la temperatura interna della cella al di sopra della temperatura ambiente, l’interruttore si apre e la corrente elettrica fluisce nella batteria per caricarla rapidamente.

Lo scorso anno hanno pubblicato un articolo sui Proceedings of the National Academy of Sciences nel quale esponevano gli effetti di resilienza della loro cella, che è stata in grado di sopportare 4.500 cicli di carica da 15 minuti a 0° con solo il 20% di perdita di capacità. Una perdita che in una cella convenzionale si riscontrava, nel test del laboratorio a Penn State, dopo soltanto 50 cicli di ricarica rapida.

Chao-Yang Wang basandosi su questa scoperta ha fondato una startup, EC Power, che sviluppa una batteria chiamata non a caso ACB (All-Climate-Battery), che ha già suscitato molto interesse ed ha concluso un accordo per la cessione dell’uso della tecnologia al gruppo BMW.

Le possibilità di migliorare le prestazioni delle ricariche in condizioni tipicamente invernali hanno anche indotto l’industria cinese CiticGuoan MGL Power Science and Technology Co. Ltd. a stringere un accordo di licenza con EC Power per creare batterie in grado di lavorare anche a -30°: le temperature a cui si troveranno alcuni veicoli elettrici in azione ai Giochi Olimpici invernali che la Cina ospiterà nel 2022 e che saranno dotati di batterie con la tecnologia ACB.

Ma nel frattempo Wang e i ricercatori della Penn State University sono andati avanti sulle loro ricerche e dal miglioramento delle ricariche in condizioni invernali sono passati al tema della rapidità di ricarica in ogni situazione climatica, fredda o meno che sia.

Ma in questo caso l’ostacolo è sempre stata la generazione di SEI (Solid Electrolyte Interphase),  la placca di dendriti che si formano limitando capacità e vita della cella, quando si procede a ricariche con potenze elevate ad esempio 350, 400 kW e con alte temperature che appaiono stressare la struttura stessa delle celle.

Wang e colleghi si sono messi al lavoro sull’ipotesi contro-intuitiva che il problema per ricaricare velocemente non siano le alte temperature: l’idea era di minimizzare il problema andando nella direzione opposta, riscaldando rapidamente la batteria ad una temperatura tale da impedire la formazione di SEI.

Il gruppo ha messo alla prova celle commerciali pouch impiegate da auto ibride, modificandole con l’inserimento di lamine di nickel per consentire il pre-riscaldamento in meno di mezzo minuto. La rapidità di riscaldamento dell’elettrodo consente secondo i ricercatori un flusso di ioni verso l’elettrodo negativo senza dare tempo al processo di formazione di dendriti di iniziare.

Le celle sono state quindi ricaricate a 40°, 49° e 60°C e raffreddate con varie opzioni di tempi, mentre una batteria veniva usata come parametro con ricarica a 20°. In quest’ultimo caso queste celle potevano mantenere una ricarica rapida solo per 60 cicli prima che iniziassero a crearsi le prime formazione di dendriti.

Invece riscaldare l’elettrodo alla temperatura più alta, ovvero 60°, ha consentito alla batteria di affrontare fino a 2.500 cicli senza il verificarsi di processi di rivestimento di litio sugli elettrodi, un risultato che corrisponde a 14 anni di vita di una batteria (la maggior parte delle case auto oggi offre garanzia per 8 anni) o ad una percorrenza di 750.000 chilometri.

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La modulazione asimmetrica della temperatura sviluppata con test su celle commerciali pouch prevedeva ricariche di soli 10 minuti ad alta temperatura, 60°, seguite da rapido raffreddamento (credito grafico: Chao-Yang Wang Group, Penn State University)

Questi risultati, pubblicati sulla rivista Joule, appaiono rovesciare la convinzione consolidata che le batterie non debbano essere caricate ad alte temperature per evitare il loro degradarsi. Invece suggeriscono che per la ricarica rapida sia favorevole un breve picco: secondo questo studio una decina di minuti ai quali far seguire un rapido raffreddamento che, sostengono i ricercatori, non richiederebbe particolari dispositivi aggiuntivi rispetto alle celle standard.

Wang ha anche sottolineato che ora il gruppo si dedicherà alla ricerca su una batteria in grado di ricaricarsi in cinque minuti. Per quel traguardo la struttura di auto-riscaldamento basata sulla lamina di nickel non sarà sufficiente, ma dovranno essere trovati elettroliti molto stabili e nuovi materiali attivi.

Se con la ricerca appena pubblicata Chao-Yang Wang e collaboratori hanno puntato su 200 miglia (320 chilometri) di autonomia erogate in 10 minuti, dimezzare il tempo sembra voler dire in effetti lavorare soprattutto sulla cella. Perché visti dal lato della colonnina 200 miglia in 10 minuti sono 1.200 miglia l’ora e (divise per 3 miglia/kW) corrispondono a 400 kW di potenza.

I caricatori ad alta potenza Ionity e Porsche arrivano a 350 kW ma sono ancora oggi una rarità e anche se entro quattro, cinque anni lo saranno meno le loro potenze massime non sembrano destinate a impennarsi tanto presto. Pertanto celle di nuova concezione, in grado di influire sui tempi di ricarica avvicinandoli a quelli abituali per i rifornimenti di serbatoi convenzionali, potrebbero rivelarsi davvero un contributo importante alla popolarità dei veicoli elettrici.


credito immagine di apertura: sito web Penn State University