L’app di Lyft è cambiata e dentro ora ci sono autobus, tram, metro e treni
Se il modello di business del ride hailing delude, le aziende americane resistono e trasformano le loro app per proporsi come piattaforma multi-modale per la vasta clientela urbana
Quanto è curiosa la parabola delle compagnie del ride hailing, un tempo ritenute la nemesi dello stesso concetto di trasporto pubblico e ormai sempre più interessate ad aggrapparsi proprio alle reti di trasporto pubblico perché vogliono o devono cambiare pelle, spinte dall’insuccesso di un modello di business che delude anche chi ha investito in borsa nei loro titoli.
Stavate probabilmente pensando ad Uber, ma è della sua rivale americana Lyft, nata nel 2012, che invece vogliamo scrivere. Dopo aver cercato capillarmente di portar via ad autobus, tram e metro i clienti, l’ex-società dei taxi privati, nonostante in corse abbia messo insieme nel 2018 €8 miliardi, cambia registro.
E il suo co-fondatore John Zimmer, che continua a sostenere di avere un autentico reale bersaglio da sconfiggere e che si tratti dell’auto privata e non del trasporto pubblico, può da questa settimana mostrare con orgoglio la rinnovata app aziendale.
La nuova versione renderà più facile per i pendolari prigionieri del traffico delle metropoli americane lasciare a casa l’auto, o almeno quello sarà l’obiettivo. In un numero di città nordamericane l’app di Lyft mostrerà ai clienti oltre ai taxi privati disponibili e monopattini e le bici in sharing, anche le auto a noleggio ed i servizi di trasporto pubblico locale, costi e tempi di percorrenze inclusi.
In altri termini l’app di Lyft assomiglierà sempre di più ad app già diffuse come Moovit, che da tempo hanno messo in connessione cittadini e reti di trasporto di decine di città del mondo, incluse le principali in Italia. L’apertura inaspettata solo qualche mese fa servirà a rafforzare però il ruolo di Lyft di presenza importante nel settore del trasporto come servizio e favorire il declino dell’auto di proprietà.
E Zimmer, interpellato dalla testata CityLab, dopo il lancio della nuova app di Lyft, non ha mancato di sottolineare il concetto di “mobility as a service” che di tutti i posti possibili è nato in Finlandia. Dove Helsinki lavora da tempo al futuro con l’obiettivo di dare ai cittadini proprio la libertà della mobilità, ma non con costi insostenibili in termini di emissioni.
Le app sono il punto di incrocio tra domanda del cittadino ed offerta della rete per dare la risorsa della mobilità puntando sulla multi-modalità. Società come Lyft e Uber (che a sua volta ha iniziato in via sperimentale a Denver città a dare indicazioni non solo su alternative basate su bike sharing collegati alla casa madre ma anche basate sul trasporto pubblico) non usano più le app esclusivamente come uno “scivolo” obbligato verso corse proprie, ma come hub di soluzioni.
Dalle formule di trasporto alternative potranno forse un giorno sperare in microscopiche fee, peraltro moltiplicabili in quantità importanti e rilevanti. Il che ci porta ad un altro aspetto: con questa soluzione Lyft (o Uber) potranno allargare il loro principale asset, ovvero la loro enorme user base.
Per ora le app di Lyft e Uber cominciano a competere per dare al cliente le soluzioni più comode e veloci per muoversi, e dove sono o saranno disponibili in questa fase è il cittadino che potrà beneficiare della corsa alla praticità. Questo è un bene anche per le città ed era forse inevitabile vista l’evoluzione del mercato della mobilità.
Che l’app di Lyft offra molte alternative ai clienti è una conseguenza delle scelte sempre più variegate che stava offrendo: oltre alle corse originarie anche con lo sharing di bici e scooter e, per ora solo in California, il noleggio auto a breve termine.
Secondo l’amministratore delegato di Lyft una corsa su otto la scorsa estate era già basata sui mezzi elettrici a due ruote o sulle bici nelle città servite. A New York la controllata di Lyft CitiBike che ha il parco veicoli più grande d’America nel suo settore ha stabilito il record assoluto di corse il mese scorso.
E, secondo Zimmer, ora nelle città dove l’app di Lyft funziona l’80% degli itinerari di trasporto pubblico sono visibili e proposti in alternativa alla clientela. Una combinazione di dati che renderà più facile fare a meno dell’auto come il manager americano sostiene almeno dal 2016 in avanti.
In questo modo le società come Lyft e Uber potrebbero “rimborsare” alle società del trasporto pubblico un po’ dei ricavi che gli hanno sottratto. Secondo uno studio dell’università del Kentucky uscito a inizio 2019, nelle città dove operano i servizi di taxi privati ogni anno di attività del ride hailing ha provocato in media un calo dell’1,7% dei passeggeri degli autobus.
Senza contare che la quantità di tempo necessaria per andare a destinazione nella congestione determinata dalle nuove flotte di taxi privati è cresciuta di circa il 60% tra 2010 e 2016.