AUTOMAZIONE

Cambiano casacca gli esperti di robotaxi di Drive.ai passati ad Apple in massa

Drive.ai, startup un tempo valutata $200 milioni, acquisita dalla “casa della mela”, che sotto la guida di Doug Field sembra rilanciare una nuova versione del Project Titan sulla guida autonoma

La startup della guida autonoma Drive.ai ha confermato alle istituzioni californiane la chiusura delle proprie attività, ma questo non significa che nella Silicon Valley improvvisamente sia calato l’interesse per il settore. Al contrario, nelle ultime ore hanno trovato conferma le voci che volevano Apple interessata all’acquisizione dell’azienda, o forse dovremmo sottolineare: a una parte consistente dello staff (90 persone) e al loro know-how.

Dapprima Amir Efrati sul sito the Information, e poi il sito Axios avevano anticipato le intenzioni della casa di Cupertino di rilanciare quello che una volta era definito (ma mai confermato ufficialmente) il Project Titan per realizzare una Apple car in grado di guidarsi da sola.

La stampa della Silicon Valley come ama fare in questi casi, ha tenuto costantemente d’occhio i profili dei tecnici Drive.ai presenti sulla piattaforma LinkedIn e ha già notato che sono saliti a cinque gli ex-dipendenti della startup che hanno spostato l’affiliazione professionale con l’azienda della mela: tra le specializzazioni figurano ingegneri di sistemi, programmatori, esperti di gestione dati.

La startup californiana a luglio dell’anno scorso aveva iniziato un progetto-pilota a Frisco, nella periferia di Dallas, che prevedeva fino al marzo di quest’anno un servizio di shuttle a guida automatica offerto a circa diecimila residenti, su percorsi geofenced, pertanto limitati a determinate aree: quartieri di uffici e zone di shopping. Un altro simile è stato testato sempre in Texas, ad Arlington, nell’area di stadio e palazzetto dello sport.

In pratica, sulle strade in cui i veicoli di Drive.ai circolavano, pur aperte al pubblico, gli shuttle effettuavano un servizio più simile alle navette autonome che anche in Europa stanno effettuando test analoghi che ai taxi di Waymo in Arizona: ovvero con punti fissi prestabiliti di salita e discesa, anche se il servizio veniva pubblicizzato come on demand.

I co-fondatori, tra cui Sameep Tandon, Tao Wang ed altri hanno lasciato l’azienda tra l’inverno e questo mese, in un evidente segnale che lo sviluppo delle opportunità di un’azienda che due anni fa era valutata $200 milioni erano arrivate ad una situazione di impasse, specie dopo che le trattative tra la startup e l’azienda dei taxi privati Lyft (la principale concorrente americana di Uber) non erano sbocciate in un accordo.

La parabola discendente di Drive.ai è solo uno dei molti esempi di percorsi difficili ed accidentati che sono la norma nella Silicon Valley. Quasi certamente per chi ci aveva investito, tra cui sono noti i fondi GGV Capital, New Enterprise Associates, e quello collegato al produttore di GPU Nvidia, quello nell’azienda che aveva sede a Mountain View era solo una scommessa di piccole dimensioni tra decine di altri milioni dollari di fondi disseminati.

Molto più interessante invece è l’aspetto che conferma l’effetto-distretto moltiplicato al cubo che è tipico della Silicon Valley: come nei tempi migliori accadeva anche nei distretti italiani, dalla piastrella alla pelletteria, le difficoltà di un singolo sono una opportunità per i vicini per rafforzarsi e rafforzare gli organici.

Ed è quello che pare stia avvenendo in questo caso. Apple sul progetto di sviluppo dei sistemi di guida autonoma, aveva conservato a disposizione uno staff di circa 5.000 specialisti. Ora la conferma dei robotaxi di Drive.ai passati ad Apple non suscita interesse tanto per i pochi veicoli arancioni sviluppati per i percorsi texani, quanto per i progetti che la casa diretta da Tim Cook potrebbe avere non solo per sistemi e software ma anche per l’implementazione su ipotetici servizi di mobilità.

In effetti nel 2018 a Cupertino è tornato un manager come Doug Field esperto di hardware, ma che nel periodo di lontananza da Apple di tutti i possibili datori di lavoro aveva scelto Tesla. Il che ha fatto ragionare molti addetti ai lavori sul fatto che un tecnico come Field sia la figura utile a sviluppare un veicolo, e non solo qualcuno dei sistemi di bordo.

Un genere di scelte controcorrente, apparentemente, ma non irragionevole. Solo tre anni fa a leggere titoli e dichiarazioni il 2020 sembrava l’anno di ingresso delle auto a piena autonomia nelle concessionarie. Oggi con l’eccezione di Tesla quasi tutti i protagonisti sono estremamente prudenti quanto a indicazione di date di arrivo dei robotaxi.

Il che implica che un’azienda con i mezzi e le risorse di Apple non è più battuta in partenza su un  traguardo ormai alle porte ma che ha invece ancora a disposizione tempo per sviluppare i suoi sistemi e (forse) arrivare all’obiettivo nel gruppo di testa.


Credito foto di apertura: ufficio stampa Drive.ai